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Breve storia del Multiverso

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Gli universi parallelli sono un grande classico nel mondo dei fumetti e stanno iniziando a diventare importanti anche nel cinema, ecco una breve storia degli infiniti mondi dei supereroi

Il concetto di ‘multiverso’ ha una data di nascita ufficiale: l’ipotesi che postula  l'esistenza di universi coesistenti fuori del nostro spaziotempo, spesso denominati dimensioni parallele, viene proposta in modo rigoroso per la prima volta da Hugh Everett III nel 1957 con l'interpretazione a molti mondi della meccanica quantistica. Naturalmente la teoria ha avuto i suoi sviluppi e non ha mancato di affascinare il mondo della letteratura, del cinema e del fumetto: spiegata in maniera semplice, implica che ci possono essere molti mondi simili al nostro che divergono magari per un dettaglio (un mondo dove la stessa persona invece di cenare con una bistecca ha deciso di cenare con due uova) o per completi stravolgimenti (ad esempio mondi dove i nazisti hanno vinto la guerra). Nei fumetti di super-eroi, poi, gli utilizzi sono stati spessi ‘utilitaristici’ oltre che prettamente narrativi.

Tutto inizia con un Flash

Ad esempio la DC Comics utilizzò il concetto per ‘reboottare’ – anche se il termine allora ancora non esisteva – alcuni sui personaggi della Golden Age e assegnare loro nuove identità modernizzandoli, ma mantenendo più o meno gli stessi poteri dei loro predecessori. Il primo di questi fu Flash: fra il 1940 e il 1947 il noto eroe velocista rispondeva all’identità di Jay Garrick, studente dei college che respira per sbaglio i gas sprigionati da un’ampolla diventando super-veloce. La crisi del fumetto porta a chiudere la serie, che viene riesumata nel 1956 in chiave del tutto rinnovata. Per Barry Allen, il ragazzo destinato a diventare la nuova incarnazione dell’eroe, Flash è solo un personaggio dei fumetti.

Questo rende chiaro che le sue storie si svolgono in un universo diverso da quello del predecessore. Caso vuole che anche lui acquisisca poteri analoghi e si costruisca un costume e una carriera ispirate proprio al suo idolo. E fin qui la cosa è semplice. Si poteva semplicemente pensare a una simpatica citazione, e che le vicende dei due ‘colleghi’ sarebbero rimaste su piani separati, ciascuno nella sua epoca e nella sua dimensione spazio-temporale. La storia che rivoluziona radicalmente il concetto di ‘multiverso’ in narrativa fumettistica risale invece  al 1961. In Flash dei due mondi, le dimensioni diventano infatti comunicanti.

Con suo enorme stupore un giorno Barry scopre che il suo eroe d'infanzia, Jay Garrick, esiste veramente in un universo parallelo alla nostra, la cosiddetta ‘Terra 2’ dove vivono tutti i super-eroi della Golden Age. Lo stesso Barry Allen scopre, durante il suo incontro con Garrick, che lo scrittore delle storie del primo Flash nel sonno si connetteva telepaticamente a Terra 2. Di qui in poi è tutto un fluire di versioni alternative dello stesso personaggio che si incontrano: il vecchio Superman della Golden Age e quello nuovo della Silver Age, i vari Batman, eccetera… e allo stesso modo si moltiplicano le Terre alternative (in una per esempio i supercriminali sono i buoni e i super-eroi sono i cattivi, con nomi leggermente diversi come Ultraman e Owl Man), fino a creare una grandissima confusione nei lettori nuovi, tanto da rendersi necessario un ripulisti generale con l’epocale serie crossover ‘Crisi sulle Terre Infinite’, che spazza via – almeno apparentemente – la complessità del multiverso lasciando in eredità ai lettori un’unica realtà con un solo Superman, un solo Batman, una sola versione per ciascuno.

Tuttavia, il concetto di multiverso è duro a morire, e si ripresenta più volte nei fumetti DC negli anni successivi, con vesti leggermente diverse, ad esempio il concetto di ‘Ipertempo’ – legato però alla teoria delle linee temporali alternative più che delle dimensioni parallele -  o la consapevolezza che le terre siano comunque molte anche se non infinite (nello specifico limitate al numero di 52).

I multiversi Marvel

In casa Marvel, il multiverso arriva un po’ più tardi. Naturalmente, anche qui viene usato come espediente che permette agli scrittori di non sovrapporsi tra loro, anche se in alcune storie dei personaggi appartenenti a una dimensione fanno visita a quelli di un'altra e vice versa. Ad ogni modo, fino ai tardi anni ’90 la Casa delle Idee si limita a dare per scontato che l’universo dove si ambientano le storie dei supereroi sia diverso dal nostro e applicare le cosidette ‘silent crisis’, ovvero aggiustare quello che non va o non è più al passo coi tempi semplicemente confidando nella sospensione dell’incredulità dei lettori.

Esempio: se i personaggi invecchiassero naturalmente, Spider-Man oggi nella serie regolare avrebbe più di sessant’anni, avendone grossomodo quattordici quando esordì nel 1962. Tuttavia, nel corso degli anni, dato che il numero di titoli pubblicati aumentava e la quantità delle storie vecchie si accumulavano, è diventato sempre più difficile mantenere la continuità e la coerenza interna. Fino ad allora la continuity degli eventi non era mai stata "resettata". Ma durante la miniserie ‘Onslaught’  si decise di far morire alcuni eroi importanti, come Hulk, Capitan America e i Fantastici Quattro – analogamente a quanto accaduto recentemente al cinema in Avengers: Infinity War), salvo rivelare successivamente, nel  crossover ‘La Rinascita degli Eroi’, che i personaggi in realtà ancora vivi, esiliati in un universo "tascabile" dove per un anno, editorialmente parlando, rivissero le loro origini e le loro prime avventure in maniera leggermente diversa e più moderna di come le ricordavamo.

Analogamente la serie "Ultimate"- avviata nei primi anni Duemila - proponeva versioni diverse degli eroi più amati, da Spider-Man agli X-Men, differenziandone anche radicalmente il destino. Ad esempio, nell’universo ‘Ultimate’ Peter Parker muore eroicamente combattendo contro Goblin e viene sostituito, nel ruolo di Spider-Man, dall’afro-americano Miles Morales. Un modo come un altro per rifondare e rendere i miti più attuali.

Insomma, il pubblico dei lettori fumetti conosce il concetto molto bene, e lo colloca solitamente come ‘step’ successivo a quello di crossover ‘liscio’, in cui si incontrano personaggi notoriamente appartenenti allo stesso universo narrativo (facciamo conto, un semplice Batman e un semplice Superman). La questione si fa più frastagliata se pensiamo che spesso il concetto di ‘multiverso’ è usato per permettere l’incontro di personaggi appartenenti a diverse case editrici (per esempio Superman e L’uomo ragno, come avvenne in un albo storico del 1976, che diede il via a tutta una serie di colossali ‘battaglie del secolo’ tra personaggi DC e personaggi Marvel).

Il che può essere giustificato da qualche elemento nella narrazione (ad esempio: un portale dimensionale che mette in connessione i due universi) o, ancora una volta, facendo leva semplicemente sulla sospensione dell’incredulità del lettore che, specificamente per quella storia, deve dare per scontato che i personaggi in questione abbiano sempre vissuto nello stesso mondo, anche se prima non si sono mai incontrati e nessuno ha mai sentito parlare dell’altro, o addirittura lo ha citato più volte come personaggio ‘di finzione’ (ed è il caso proprio dell’one-shot Superman/L’uomo ragno di cui parlavamo prima). Quindi, al caso del crossover multidimensionale inter-editoriale (ovvero: due versioni diverse dello stesso personaggio. P. es: Superman della Golden Age e Superman della Silver Age) si aggiunge questa nuova casistica.

Universi cinematografici

Il pubblico del cinema, invece, in materia di universi condivisi è ancora relativamente giovane. Figuriamoci per quelli ‘paralleli’. Se il concetto di ‘crossover’ è elemento noto sin dai tempi dei seminali horror della Universal (Frankenstein contro l’Uomo Lupo e affini) ben diversa è l’impostazione di una serie di film strettamente legati l’uno all’altro da un filo narrativo coerente. Tralasciando gli ibridi come Alien VS. Predator (ibridi perché, ad esempio, non vengono riconosciuti come canone dal creatore di Alien Ridley Scott) e calandoci in ambito prettamente super-eroistico, le prime avvisaglie di una possibilità in questo senso si sono avute in un film sottovalutato e insospettabilmente avanti coi tempi: il super-camp Batman & Robin di Joel Schumacher, che oltre a introdurre nell’epica dei personaggi in costume massicce dosi di umorismo – come poi avrebbe rifatto Disney/Marvel anni dopo, con maggior successo -  proprio con un’azzeccata battuta dell’Uomo Pipistrello introduceva la possibilità che in quello stesso universo potesse coesistere anche Superman. Era solo una semplice boutade, eppure segnò un passo.

Poi arrivarono i Marvel Studios, inizialmente con timidi accenni (il cameo di Robert Downey Junior/Iron Man ne L’Incredibile Hulk di Louis Leterrier) poi con progressivi incrementi, inizialmente limitati a piccole citazioni, destinate a diventare presenze sempre più consistenti, di uno o più personaggi protagonisti di un film in quelli dei colleghi, fino ad arrivare alla consacrazione del crossover come genere a sé stante nella serie Avengers e in particolare nell’ultimo atto, iniziato lo scorso anno con Infinity War. Che il crossover faccia ormai categoria a sé lo abbiamo detto più volte, e se ne è accorto anche Night M. Shyamalan che nella sua opera di revisione dei maggiori generi al cinema – l’horror con Il sesto senso, il cinecomic con Unbreakable e Split, il catastrofico con E venne il giorno, eccetera… - ha aggiunto Glass, dove si incontrano in sostanza i personaggi principali dei suoi film di maggiore successo.

Ma ora stiamo già passando alla fase successiva. Quella del crossover ‘dimensionale’. Ora che il pubblico ha chiaro che diversi personaggi possono incontrarsi nello stesso universo, si prova a fargli digerire l’idea della coesistenza di più universi. E dato il successo di critica – a cui probabilmente si può già preventivamente associare un corrispettivo da parte del pubblico – dell’imminente Spider-Man: un nuovo universo, si può dire che l’operazione è riuscita. Come del resto riesce in tv con le serie CW ispirate ai personaggi della DC Comics (Arrow, Supergirl, Flash) che inizialmente si ambientavano in universi paralleli ma ultimamente incrociano le strade sempre più spesso, ad esempio nel maxi-evento crossover Crisis on Earth X (che già dal titolo riecheggia la fumettistica ‘Crisi sulle Terre Infinite’).

Per evitare di complicarci ancora di più la vita, eviteremo di sottolineare quanto i poteri da velocista di Flash contribuiscano all’inclusione nel corpus narrativo di realtà e linee temporali parallele, ci limitiamo solo a sottolineare che in una di queste viva proprio Jay Garrick, interpretato da John Wesley Shipp, che era invece Barry Allen nella storica serie degli anni ’90. Osiamo? Sì, osiamo. Nella serie odierna Wesley Shipp è anche il padre del nuovo Barry Allen (l’attore Grant Gustin) e prossimamente ricomparirà anche nei panni del Flash anni ’90, con la caratteristica tuta gommosa. Com’è possibile?

Multiverso, ça va sans dire.

Gli spettatori televisivi e cinematografici ci stanno insomma facendo l’abitudine, cosa impensabile fino almeno a una quindicina d’anni fa, quando progetti di livello come la riduzione cinematografica del Dark Knight di Miller con Clint Eastwood nei panni di Batman veniva rifiutata dagli Studios perché temevano che, essendo già in corso la saga di Nolan, gli spettatori si sarebbero confusi. Se consideriamo che il crossover multidimensionale sta vivendo nuova gloria anche in campo fumettistico – basti pensare proprio a Spider-Man e alla saga di Ragnoverso, ma anche ad esempio ai fumetti dei Ghostbusters della IDW e all’epopea di Crossing Over, dove gli acchiappafantasmi fumettistici incontrano le loro controparti cartoon (vale a dire i Real Ghostbusters degli anni ’80) e quelle cinematografiche, compresa la recente vituperata versione femminile – ecco che immaginare questa svolta come nuovo trend pop globale è un attimo.

Il futuro

Qualche scenario già ci viene in mente: Disney ha recentemente acquisito Fox e dunque gli universi narrativi degli X-Men e dei Fantastici 4 sono in procinto di tornare in casa Marvel. Siamo ragionevolmente sicuri che si vorrà farli incontrare con gli Avengers e gli eroi già noti dell’MCU cinematografico, ma come giustificare il fatto che in quel contesto di questi grandi eroi nessuno ha mai sentito parlare prima? Semplice: vengono da un’altra dimensione. Il che potrebbe anche tornare comodo se si volesse mantenere in piedi i contratti con gli attori che interpretano gli uomini X attualmente e, diciamocelo, la questione riguarda soprattutto Hugh Jackman, che ha un potere di mercato eccezionale e una grossa parte nel calcolo di probabilità di successo per gli step futuri del franchise.

Al contempo, prima o poi certi volti, per quanto popolari, bisognerà sostituirli. Immaginiamo che più prima che poi anche Robert Downey Jr. e Chris Evans dovranno lasciare i ruoli di Iron Man e Capitan America a controparti più giovani (abbiamo già parlato del volto degli eroi), ma per la Marvel dover reboottare l’intero franchise potrebbe risultare controproducente. E allora, perché non immaginare che le versioni ‘young’ degli eroi ormai diventati classici possano venire da un universo alternativo, affiancandosi magari alle più giovani acquisizioni sotto contratto come il Black Panther di Chadwick Boseman o lo Spider-Man di Tom Holland?

Insomma, oltre che intrigante – per quanto complicato – il concetto di multiverso al cinema potrebbe tornare utile. Sony ne sta già godendo i vantaggi. Se infatti ha raggiunto l’accordo con Marvel dandogli ‘in prestito’ il personaggio di Spider-Man per lo sfruttamento nell’MCU, non ha certo rinunciato a proporre le sue versioni del ragnoverso, da un lato con il già citato film animato – in effetti Sony può ancora usare il personaggio per i film d’animazione, e niente gli vieta di distribuirli in sala – e dall’altro con Venom, supervillain ragnesco che nasce proprio dalle pagine delle storie del tessiragnatele. Ciascuno in un universo diverso. Ottenendo il triplo del successo, con tanto di stoccatina allo strapotere Marvel-Disney, che gli ha rifiutato proprio la presenza di Tom Holland in Venom.

Insomma, le multiverse c’est chic e offre, per definizione, mille possibilità. Proprio in Infinity War una battuta diventata già di culto fa riferimento alle tante realtà generate dagli esiti dello scontro dell’eroe con Thanos. Il Dottor Strange ha il potere di vederle tutte, ma alla domanda ‘in quante abbiamo vinto’ risponde ‘una’. E scatta il meme: se non altro, il Doc non ha spoilerato. Ma pensiamo anche a quanto rende sul piano delle action-figures, poter vendere ai collezionisti mille versioni diverse dello stesso personaggio (pratica, in realtà, già in uso da parecchi anni prima ancora che a giustificarla arrivassero i film o i fumetti). Se come recitava una pubblicità di un noto gelato ‘Du’ gust is megli’ che uan’, figuriamoci quant’è ‘megl’ che uan’ un’infinita rosa di mondi e dimensioni dove moltiplicare la propria immaginazione e la propria fantasia.

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