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Best of Nerdcore 2021

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Una selezione di quanto di meglio ci ha offerto il 2021 secondo la redazione: film, serie tv, fumetti, libri, videogiochi e giochi da tavolo.

L'ultimo giorno dell'anno è, come sempre, l'occasione per tirare le somme di quanto è successo nei 365 giorni precedenti.

C'è chi fa un bilancio della propria vita, chi scrive buoni propositi e chi - come noi della redazione di Nerdcore - tira fuori quanto di meglio ha visto/letto/sentito/giocato per condividerlo col mondo.

Di seguito troverete, quindi, la selezione delle cose che più ci sono piaciute di questo 2021.

FRANCESCO TANZILLO

NO TIME TO DIE - quella volta che le emozioni prevalsero

Mi sono già dilungato tantissimo su quanto, come e perché questo film per me sia, nel suo modo sghembo e imperfetto, una delle esperienze cinematografiche dell’anno, ma dovendo tirare le somme, dovendo spegnere per una volta il cervello, No Time to Die si arrampica sulla classifica dei migliori film del 2021 battendo in velocità un sacco di opere molto più formalmente riuscite. Proprio in virtù del fatto che non è un prodotto perfetto, proprio perchè arriva a smuovermi corde profonde e anestetizzate nel mio animo, lo preferisco banalmente perché sì, e tanti saluti ai prodotti solidi.

CONTROL (PS5) - sono qui per la next gen

 

Sono un privilegiato. Lo sono sempre stato, per quanto questa cosa mi metta a disagio. Quest’anno, essendo tra i felici possessori di una PS5, privilegiato lo sono un briciolo di più. Nonostante all’atto pratico gran parte del tempo sulla console lo spenda giocando a cose che erano disponibili sulle vecchie console, andando a scavare nella miniera che è diventata il mio backlog, alimentata a sconti del PSN e dall’urlo “con meno di 20€ non ci esco nemmeno il sabato sera”. Fatto sta che, tra la roba che ho giocato col solito immenso ritardo c’è stato Control, il titolo Remedy tutto New Weird Burocratico, un po’ fringe, un po’ twin peaks, un po’ vai a sapere. Che qualcuno possa farmi le pulci e dire “EH MA NON È USCITO NEL 2021” posso solo rispondere con un’alzata di spalle, la versione PS5 è ufficialmente stata diffusa nel 2021, quindi entra a pieno titolo nelle cose migliori di quest’anno, a ragion veduta. Il fatto che tra le tante cose giocate abbia apprezzato un titolo Remedy, col senno di poi, è estremamente coerente, come mi piacque da impazzire Alan Wake quando lo giocai per 360.

DAVIDE COSTA

IL SEGRETO DEL VENTRILOQUIO - Ombre e oscurità mentre prendo il sole.

 

C’è chi crea un universo narrativo in una decina di romanzi o ventina di film, chi ci riesce in una manciata di racconti. Per mia fortuna, John Padgett fa parte dell’ultima categoria e con la raccolta Il segreto del ventriloquio vi butta dentro una cittadina in cui captano un sacco di cose strane, dove le persone si anneriscono dentro e fuori, dove una cartiera nasconde molto più di quello che brucia, in cui sogni, realtà e allucinazioni si mischiano, fondono e scambiano. Il tutto mettendo chi legge in tensione dall’inizio alla fine di ogni racconto, racconti che sono perfettamente autonomi se letti da soli, ma raccontato una storia più grande, stratificata e complessa se letti insieme. Io mi sono fatto incupire parecchio mentre prendevo il sole in spiaggia questa estate, voi potete farlo quando preferite comprando la raccolta per i tipi di Edizioni Hypnos.

 

ESCAPE ROOM: TOURNAMENT OF CHAMPIONS- Due film al prezzo di uno.

 

Un sequel tutt’altro che perfetto di un film divertente, Escape Room, che ha una premessa intuibile dal titolo: i partecipanti di un escape room si trovano a risolvere indovinelli e trabocchetti per salvarsi la vita. Un po’ Cube, un po’ Saw, meno violento e cattivo di entrambi, ma teso e divertente il giusto. Ma parliamo del sequel: ne esistono due versioni e sono così diverse tra loro da essere due film diversi. Parliamo non solo di una diversa durata, non solo di scene aggiunge o allungate, ma di una sottotrama presente in una versione che svela un cattivo del tutto assente nell’altra Quindi, tecnicamente, i sequel sono due e ognuno apre sue storyline diverse. Per questo vi consiglio di guardarli entrambi, come esercizio per ragionare sul raccontare storie ma, anche, perché uno dei due non è affatto male. Decidete voi quale.

CAPITANTROLL

 


EVANGELION 3.0 + 1.0 - Siamo tutti servi dell’Eva e abbiamo dentro al cuore una canzone triste: quella canzone è One Last Kiss. 

 

Quest'estate siamo tutti stati trascinati nella fine di Evangelion (la terza) che è stata la più completa risposta di Hideaki Anno alla domanda "Come stai?"

  

Arrivati alla conclusione di questo ennesimo ciclo che racconta di Shinji, Gendo, Rei, Asuka, Robot longilinei, angeli, mari rossi e metatesti, si rimane straordinariamente in pace a fissare lo schermo con le lacrime che rigano le guance mentre scorrono i nomi di tutti coloro che hanno reso possibile Evangelion 3.0 + 1.0 Thrice Upon a Time, proprio con One Last Kiss in sottofondo. 

 

Credo che quel momento, condiviso da tant* di noi, sia uno dei più preziosi di questo 2021 (che poi è solo un loop del 2020, esattamente come i Rebuild di Evangelion). 

 

I MITCHELL CONTRO LE MACCHINE 

 

Conflitti con i genitori, una spinta creativa che ci è stato detto che potevamo avere, l'avvento dei social, carismatiche figure capitalistiche, i meme, i Furby, l'incapacità di fare dei lavori manuali, la passione per i film animati e la necessità di sentirsi accettat*, sono una piccola parte degli elementi in comune della mia generazione... Oh se solo esistesse un'opera ricca di umorismo, sentimenti, azione e magari con una guest star d'eccezione come Doug the Pug, il noto carlino dei social in grado di racchiudere tutto questo! Oh ma esiste!  

 

I Mitchell contro le Macchine è un film d'animazione inaspettato, che dietro la facciata di una commedia familiare a sfondo SciFi, nasconde le parole e le sensazioni con cui subito si è in grado di relazionarsi.  

 

Giusto per convincervi: prodotto da quelli di Spiderman into the Spiderverse e diretto da una delle menti creative dietro Gravity Falls... Se non vi basta questo, non avete trent'anni!

LORIS LO MASTO

DONDA

 

Il disco di Kanye West, uscito, dopo mesi di rimandi, all’insaputa di tutti, persino di Kanye stesso. Per quanto l’hype intorno fosse pazzesco, non nutrivo timore, Yeezy non delude, mai. L’album risulta un prodotto eterogeneo, che mescola diversi generi grazie a dei campioni eccellenti e degli ospiti azzeccati.

 

Ma non è per questo che Donda è qui. Ascoltando il progetto, si attraversa un tunnel di emozioni e cariche diverse, che partono in pompa magna con Jail. Ma la freccia mi ha colpito quando è cominciata Off The Grid, una traccia di una potenza inarrivabile su cui ritorno quotidianamente. Il mio preferito del 2021. Ma mentre ascoltavo il disco, ero in auto, e più andavo avanti nell’ascolto, e più venivo pervaso da una sensazione particolare. Erano gli ultimi giorni di agosto, e a fine estate, c’è sempre un po’ di malinconia per il rientro, e per ciò che ne verrà. Tuttavia, le note delle produzioni di Kanye sembrava mi stessero rassicurando, e quando è partita Come To Life le mie paure erano sbiadite. 

 

Sembrava quasi che Kanye mi stesse dicendo ‘’tranquillo, andrà tutto bene’’. Donda è un disco dedicato a sua madre, e non c’è modo migliore di fare un omaggio, di uno che inneggia alla gioia, alla felicità. E nello stesso modo in cui l’artista ricorda allegramente la sua genitrice, vuole che noi ricordiamo il suo disco.

IT TAKES TWO

 

Nel pieno della lunghissima zona rossa campana, io e Federica (la mia fidanzata) avevamo il bisogno di sentirci vicini anche se separati dalla legge. Talché mi viene la grande idea di ricominciare, ma insieme a lei, A Way Out. 

 

La sua esperienza in ambito videoludico è poca, limitandosi a qualche Crash provato da piccola, e di conseguenza i problemi inerenti alla gestione della telecamera (per dirne una) erano molti, ma grazie all’incredibile accessibilità che il gioco permette, completiamo l’avventura in poco tempo. Fortuna volle che un paio di giorni dopo uscì il GOTY 2021, It Takes Two. Rispetto ad A Way Out, It Takes Two è molto più ‘’gioco’’, si salta molto e ci si diverte tanto, anzi tantissimo. 

 

Ovviamente i problemi da novizi non sono mancati, come quella semplicissima sezione di salti sui trampolini, che io ho completato in qualche secondo mentre per la mia cara compagna ci sono voluti ben 25 minuti. O l’ansia continua nel dover sparare a un coleottero, che ha portato il minutaggio di una boss fight a più di un’ora.

 

Nel complesso è un gioco che porterò nel cuore, non per ragioni di storia, perchè quando io e Federica ci mettevamo d’impegno per sconfiggere l’aspirapolvere o la talpa di turno, non pensavamo al fatto che non ci vedevamo da 6 settimane, ma la nostra mente era concentrata sul divertirci, insieme. Del resto è anche questo che fanno i videogiochi come mezzo di comunicazione, uniscono le persone, e noi due, grazie It Takes Two eravamo più uniti che mai.

LORENZO BARBERIS


RITORNO ALL’EDEN

 

Paco Roca è probabilmente il massimo fumettista spagnolo, e uno dei massimi a livello europeo. Questa sua nuova opera, in particolare, è molto interessante per come riesce a riprendere molti temi presenti nella sua produzione precedente aggiungendo riflessioni nuove e interessanti sul linguaggio fumettistico. Al centro vi è sempre la sofferente rielaborazione del vissuto personale, il rapporto genitori-figli, la legacy famigliare fatta di momenti poetici e di dolorosi non detti. Se ne “La casa” si affrontava il rapporto col padre, qui vi è quello con la madre (comune infatti l’insolito formato orizzontale).  Il tema si interseca, in Spagna, col rapporto col franchismo, che Roca analizza in modo ancor più pregnante quando resta sullo sfondo (e che da un lato ha specificità nazionali, dall’altro è il rapporto della coscienza europea col fascismo). A questo si aggiunge, qui più che altrove, una riflessione estremamente matura sul senso del fumetto, sul rapporto tra iconismo e immagine fotografica, sulla rappresentazione del tempo: quasi una perfetta applicazione, a livello d’arte, delle teorie di McCloud che hanno rivoluzionato la percezione del medium. Il tutto in una narrazione di grande pregnanza e poeticità dal sapore felliniano.

STRAPPARE LUNGO I BORDI

 

La serie di Zerocalcare, a lungo attesa, è forse una scelta ovvia per un “best of” del 2021 sotto il profilo delle serie televisive a livello italiano. Zerocalcare ha, oggettivamente, cambiato il fumetto italiano degli ultimi dieci anni, e la serie animata su Netflix era quindi attesa con grande interesse. Non era infatti affatto scontata una buona riuscita nella trasposizione del medium, dopo i limiti evidenziati dal film: e nonostante le buone prove di Zerocalcare durante la pandemia con i suoi brevi autoprodotti sulla “Rebibbia Quarantine”, il passaggio a un progetto molto più vasto poteva suscitare dubbi sul mantenimento dello spirito originario. Invece, non solo si mantiene inalterato lo spirito de “La profezia dell’Armadillo”, ma si vede anche la crescita fumettistica di Michele Rech in questi anni in una narrazione fluida, sapientemente citazionista, col suo classico umorismo agrodolce che si adatta bene al nuovo contesto, e fa sperare in promettenti sviluppi futuri.

 

ALESSANDRO PALLADINO

ENCANTO

 

Non ha un cattivo, non presenta un viaggio nel fantastico ed è una semplice storia lineare di una famiglia, ma è diventato subito un film che mi è entrato nel cuore più di tantissimi altri, nonché sorpresa dell’anno. Encanto è esattamente quello che serviva alla Disney per riuscire a connettersi con i problemi di noi comuni mortali e non di principesse in regni di ghiaccio. Le avventure della non-speciale Mirabel in uno stuolo di super individui tra sorelle e cugini è in grado di arrivare all’inadeguatezza che molti ragazzi sentono di avere nei confronti dei propri genitori, della pressione del mondo esterno e delle responsabilità. Cosa ci definisce? Cosa sono i nostri sogni nei confronti dei doveri imposti? Dare risposta a questi interrogativi con un film eccellente, canzoni ben scritte e coordinate e un cast dalla buona caratterizzazione è un’impresa non da poco. A Encanto va la mia lode, perfino più dell’amatissimo Spider-Man. 

ALCHEMY STARS

 

Non sarei io se non vi parlassi di Gacha e devo dire che quest’anno è stato un periodo fiorente per i progetti correlati, con un sacco di nuove uscite. Ammetto che è stato difficile trovare il mio Gacha per il 2021: escludendo Genshin Impact che è chiaramente il miglior titolo sulla piazza per tutta una lunga serie di ragioni, sul telefono ho balzato da un gioco all’altro in cerca della mia comfort zone da impiegato che ha giusto il tempo morto tra un compito e l’altro per controllare lo schermo. Ho provato Isekai Memories uscendone scottato per via della monotonia e dei banner poco studiati, Blue Archive mi ha convinto per l’estetica ma poco nella caratterizzazione del suo universo (ma lo consiglio comunque) e infine ho dato una seconda occasione ad Alchemy Stars. Alla prima uscita, 6 mesi fa, avevo provato il titolo di Tourdog e Yostar perché ho amato Arknights e in salsa fantasy mi avrebbe garbato di più, però il gameplay da “allineamento di caselle” non mi aveva convinto. Mosso dal mezzo-anniversario e dai bonus, l’ho reinstallato e ho scoperto un amore a pari passo con la cura del gioco, definito generoso e con collaborazioni importanti a livello artistico e di licenze (come Dragon Maid). Per tipo di currency, rate dei drop e sistemi implementati, è senza dubbio il Gacha game dell’anno sotto molti aspetti. 

LUCA ANNUNZIATA

DUNE (Warner Bros, 2021)

di Denis Villeneuve

 

Più che il meglio del 2021 è una promessa: una promessa di quanto si può fare con uno dei franchise più importanti della storia della fantascienza, quando dietro la macchina da presa c’è un regista capace e la sceneggiatura è scritta da qualcuno che ha letto e ha compreso il libro. Dune è anche una promessa di un ciclo che dovrebbe riuscire a rendere giustizia sul grande schermo a questo libro, vittima di un lungometraggio balordo a inizio anni ‘80 e di una paio di adattamenti per la TV che sono piuttosto letterari ma a tratti anche piuttosto cringe. Se, come promesso da Denis Villenuve, l’arco narrativo proseguirà con la stessa cifra stilistica e magari anche mettendo al centro Chani, avremo tra le mani una pietra miliare per la fantascienza paragonabile a ciò che è stato per il fantasy Il Signore degli Anelli. Per il resto, se non l’avete ancora visto allora è ora di recuperarlo: la vera forza di questo film non sta tanto nelle scenografie, nei costumi o negli effetti speciali, quanto in un cast di attori coinvolti appieno nel progetto e diretti in modo consapevole e professionale per costruire un’opera di un’intensità rara.

QUALCUNO CHE TI AMI IN TUTTA LA TUA GLORIA DEVASTATA (Einaudi, 2021)

di Raphael Bob-Waksberg (Traduzione: Marco Rossari)

 

La verità è che qua ci avrei voluto mettere Crossroads di Franzen: ma tra una roba e l’altra non l’ho ancora finito, e non mi va di buttare nella mischia un commento sulla prima metà di un libro che sarà a sua volta la prima parte di una saga. Quindi opto per un libercolo leggero, gradevole, che mi ha tenuto compagnia per un paio di giorni di lettura disimpegnata e che è in tutto e per tutto la cosa più post-moderna che ho letto quest’anno. Per chi non lo sapesse, Raphael Bob-Waksberg è stato l’ideatore, sceneggiatore, showrunner e pure attore che ha dato vita a BoJack Horseman, altro pezzo di post-moderno assurto al rango di cult in alcuni circoli (a me non fa impazzire), ma questo libro non ha niente a che fare con la serie che trovate su Netflix: è più una raccolta di quelli che potrebbero funzionare benissimo come monologhi per uno stand-up comedian (l’autore è anche quello nella sua vita professionale), unito a qualche racconto breve (qualcuno è più riuscito di altri) e un po’ di capitoli che tentano la strada della lista per far risuonare nella vostra anima qualche nota di quelle pagine-capolavoro che David Foster Wallace inseriva ogni tanto nelle sue opere. Vi farete quattro risate leggendo questo libro: e quest’anno mi pare qualcosa da non sottovalutare.

CRISTIANO SACCOCCIA

ANNIHILATOR - GRANT MORRISON & FRAZER IRVING - SALDAPRESS

 

Un viaggio cosmico, gotico e allucinato in una teogonia fantascientifica marcescente e delirante. Annihilator di Grant Morrison fonde alla perfezione il Faust di Goethe alla fantascienza dando vita a un fumetto magistrale reso epico e cangiante dalle tavole perfette di Irving. Un tripudio cromatico che farebbe piangere un Antico Creatore dell’Universo incapace di dipingere oltre la perfezione stessa. In Annihilator troverete citazioni cinematografiche, omaggi al pulp e al satanismo, un erotismo contaminato dal voyeurismo e una missione per salvare l’amore di tutta una vita attraverso il dolore, la memoria e la morte.

Saldapress ha assemblato un volume da collezione che rende più che giustizia alle stupefacenti illustrazioni di Irving. Infine la genialità di Morrison traspare da ogni dialogo, sfumatura e dal “non detto” dei personaggi. Questa fiaba oscura ha distrutto il mio cervello e il mio cuore.


ARCANE - RIOT GAMES/LEAGUE OF LEGENDS - NETFLIX

 

Per ogni videogiocatore del dannatissimo MOBA di Riot Games è un sogno che si avvera l’avvento di Arcane. Abbiamo sognato per anni un film capace di riempire le sale dei cinema, un progetto in grado di emozionarci quanto i trailer dei campioni che popolano la landa di League of Legends, ma  Arcane è andata oltre tutto questo. Probabilmente è il primo media seriale tratto da un videogioco ad avere così tanto successo e a dare il via a un circolo virtuoso crossmediale tra Netflix, franchising, community e videogames. Un’animazione che dal puro comparto tecnico è innovativa ma non distante dall’estetica del gioco Riot Games, uno storytelling capace di incollare allo schermo i fan del gioco e tutti gli spettatori ignari, un grado di maturità narrativa che fa innamorare i giovanissimi ma anche gli adulti, personaggi memorabili, worldbuilding epico e stratificato; questi sono solo alcuni tratti salienti di Arcane, la splendida serie che narra la guerra tra la florida e progressista Piltover e la corrotta e povera Zaun, con i loro personaggi spezzati ma pronti a combattere.

LORENZO FANTONI

HALO INFINITE

 

Qualcuno lo ha definito un FPS da boomer e il fatto che mi senta di rivendicare questa definizione con orgoglio secondo me è un brutto segno sull’età che avanza, anche perché sì, in un’era di Fortnite, battle royale e FPS molto veloci Halo sembra un po’ come l’ennesimo ritorno di Undertaker che si alza all’improvviso con gli occhi bianchi per insegnare ai ragazzini il rispetto per le istituzioni Però anche gli squali o i coccodrilli hanno un design datato eppure funzionano (sì, lo so, uso spesso questa metafora), così come funziona il feeling delle armi di Halo, l’adrenalina delle schermaglie con un avversario a base di colpi in testa e gomitate, le mappe, i mezzi, e funziona persino la campagna, pur con qualche inciampo, che prende l’architettura open world e ci mette una IA che da sempre è la medaglia al valore della serie e un po’ di epica, che non guasta mai. Vogliamo parlare del fatto che tutto il comparto multiplayer è gratuito? O di quanto è divertente andare in giro col rampino? Facciamolo, ma sarebbe tutto tempo tolto al gioco e mi pare francamente un errore.

 

INSIDE - BO BURNHAM

 

Prendi un comico depresso con una spiccata vena introspettiva e una forte sindrome dell’impostore, mettilo in una stanza (ok era solo una dependance di casa sua, ma crediamo alla finzione letteraria) e lascialo libero di sperimentare a caso durante uno degli eventi più assurdi e inquietanti degli ultimi 50 anni. Il risultato è un musical che si fa trattato dell’epoca contemporanea, che prende per il culo tutti, da Bezos alle donne bianche su Instagram, passando per la nostra smania di contenuto, il sexting e internet stessa. Ma ciò che distingue Bo Burnham rispetto al classico sguardo cinico è la leggerezza, il sottile perdono verso i nostri vizi, di cui alla fine abbiamo bisogno per tirare avanti nei nostri first world problems. Ah si poi c’è anche un incredibile talento musicale, autoriale e di fai da te, che non guasta mai.

SALVATORE PILÒ

LOOP HERO

Il genere roguelike è, oramai, estremamente inflazionato viste le innumerevoli declinazioni ricevute nel corso del tempo fra incredibili successi e non.
Loop Hero si inserisce in questo marasma di produzioni come uno fra i titoli più interessanti di sempre: una formula particolarmente semplice (e semplicistica), quella di un autorun in cui il gioco va avanti ad oltranza, il loop appunto.

 

L’unica azione richiesta è quella di costruire la mappa di gioco, generando difficoltà e terreni per l’impavido errore che ha necessità di diventare sempre più forte per riuscire a sconfiggere mostri sempre più forti.

 

La formula utilizzata è quella del gioco di carte: ogni elemento sulla mappa è una carta che viene pescata da un mazzo che viene costruito dal giocatore stesso per far fronte al tipo di “build” che vuole creare.

 

Perché funziona? Perché è “facile”, veloce, lo si gioca tranquillamente in background ad altre attività ed è dannatamente divertente. L’unico difetto? Non esiste su mobile… per ora.

 

FOOD CHAIN MAGNATE

 

Il mondo dei giochi da tavolo gestionali è vastissimo: esistono vari generi e sottogeneri, ognuno dei quali richiede al giocatore di pensare in modo molto particolare e fuori dagli schemi.

 

Food Chain Magnate, come il titolo può suggerire, ci mette nei panni di un impresario che deve far funzionare la sua catena di Fast Food e per farlo deve costruire la sua azienda a partire dalle fondamenta.

 

Grazie ad una fra le più particolari meccaniche di “card-engine”, il titolo spinge il giocatore ad assumere personale da inserire nella propria gerarchia ed eseguire un’azione per ogni membro dell’organigramma che ha così creato.

 

Le azioni vanno dalla preparazione del cibo alla creazione di vere e proprie campagne pubblicitarie per invogliare i cittadini a servirsi della nostra catena per le proprie cene in famiglia.

 

La particolarità vera del titolo? È estremamente punitivo. Un errore, uno solo, compromette in modo irrimediabile la propria partita. Come dice il manuale stesso, un comeback è quasi del tutto impossibile.

 

Quindi sì, fra i migliori esponenti del suo genere.

FELICE GAROFALO

LA DIVINA COMMEDIA - Commento di Franco Nembrini, illustrazioni di Gabriele Dell'Otto

 

Quale miglior modo di celebrare i 700 anni dalla morte di Dante Alighieri che regalandosi (o facendosi regalare, come nel mio caso) una meravigliosa copia de La Divina Commedia?

 

La più grande opera delle letteratura italiana è stata pubblicata da Mondadori nel 2021 in una meravigliosa edizione di pregio: ognuno dei canti dei tre volumi è aperto da un'illustrazione di Gabriele Dell'Otto - fumettista e illustratore italiano attualmente in forza alla Marvel - e dal commento di Franco Nembrini - saggista ed esperto di Dante -, che illustra quanto accadrà nelle pagine seguenti. Come se non bastasse, il canto ha la trasposizione in prosa accanto al testo del Sommo poeta, rendendo La Divina Commedia accessibile davvero a chiunque.

 

In poche parole, se non avete aperto Dante dai tempi del liceo e avete sempre detto di volerlo leggere da soli, questo è l'oggetto che fa per voi.

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