All’inizio degli anni ’90 il mondo dei videogiochi era di fronte a quella che potremmo definire come “Prima Rivoluzione Industriale”. Erano state gettate le basi dei principali generi, il giro d’affari cresceva, il pubblico aumentava, i ragazzi sognavano di creare i propri videogiochi, la grafica stava migliorando, la tecnologia stava crescendo e con essa il linguaggio. Arrivarono Doom, Street Fighter II, Mortal Kombat, Sonic, si concretizzò la sfida tra Sega e Nintendo e a breve sarebbe spuntata fuori PlayStation a scombinare le carte.
Proprio in quegli anni si concretizzo l’uso del CD come supporto fisico per i videogiochi del futuro. Il supporto è decisamente importante quando si parla di videogiochi: più è capiente maggiore è la libertà data agli sviluppatori per riempirlo di codice. Sotto questo punto di vista il CD si rivelo un vero e proprio salto quantico rispetto ai dischetti, decisamente poco capienti e alle cartucce Nintendo, molto più costose.
Il nuovo supporto e l’idea che i videogiochi dovessero in qualche modo avvicinarsi al cinema (concetto che ancora oggi infesta il settore) portò nelle case un genere che prima potevi provare soltanto in sala giochi e oggi quasi del tutto scomparso o sublimato nei titoli di David Cage o i walking simulator: quello dei “film interattivi”, di cui Dragon’s Lair è forse uno degli esponenti più famosi. Tendenzialmente erano sequenze filmate in cui il giocatore doveva premere un tasto o una direzione col giusto tempismo per far partire il video, successivo, altrimenti Game Over.
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In generale, fu un periodo in cui tutti gli sviluppatori facevano a gara a infilare quanti più filmati possibile all’interno dei loro titoli, come accade in Wing Commander, anche perché la grafica non permetteva ancora scene d’intermezzo che potessero rivaleggiare con un filmato e il 3D era agli albori. Il video era la soluzione più rapida e indolore per rendere i videogiochi più belli.
All’epoca i film interattivi profumavano di futuro perché “Oh mio dio che grafica incredibile! Posso controllare un film !” ma col tempo si rivelarono prodotti abbastanza bruttini, legnosi, scarsamente interessanti e raramente rigiocabili. Tuttavia fu proprio uno di questi giochi, forse uno dei più brutti, a generare uno scandalo tale da rischiare la messa al bando dei videogiochi e a favorire la successiva presa di coscienza che forse non erano prodotti pensati solo per i bambini.
Quel videogioco si chiamava Night Trap e tornerà presto su PlayStation 4, nonostante la sua visione sia ancora profondamente imbarazzante.
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Night Trap era una sorta di omaggio volutamente trash al genere degli slasher e a tutti quei film horror che mescolavano liceali, case e serial killer. Era recitato in maniera volutamente (almeno spero) caricaturale da un gruppo di illustri sconosciuti, ma poteva vantare nel cast persino Dana Plato , ex attrice di successo grazie alla partecipazione ne Il mio amico Arnold , che in quegli anni se la passava malissimo come tutti quelli che non riescono più a fare niente dopo un ruolo di successo in una serie TV.
Morirà infatti nel 1999 dopo aver contratto quella che per le meteore di Hollywood è una sorta di malattia professionale: cocktail di farmaci, alcol e droga.
Night Trap doveva originariamente uscire per NEMO una console finanziata da Hasbro che doveva usare le videocassette al posto delle cartucce. Un’idea vincente come usare la combustione a vapore dopo la scoperta del Diesel. Qualcuno se ne rese conto e NEMO non vide mai la luce ma visto che lo sviluppo del gioco era costato ben 1,5 milioni di dollari, necessari per girare gli oltre 90 minuti di spezzoni video, Night Trap fu velocemente convertito per un’altra console che non ebbe un futuro particolarmente roseo: il Sega CD.
L’obiettivo del gioco è proteggere dei ragazzi (anzi, soprattutto ragazze) impegnati in un pigiama party da un gruppo di assurdi vampiri vestiti come degli amanti del sadomaso, chiamati Auger . Tanto per capire il livello intellettuale medio, la task force di cui faremo parte si chiama Sega Control Attack Team ovvero SCAT .
Per farlo dobbiamo sorvegliare la casa attraverso alcune telecamere nascoste e azionare delle trappole al momento giusto. In caso di fallimento dobbiamo assistere alla scena in cui il malcapitato o la poveretta di turno vengono catturati dagli Auger. Il concetto di fondo non è male perché prevede anche alcuni bivi nella trama e finali multipli in base a quante ragazze salviamo.
https://www.youtube.com/watch?v=QvmeserrzwU
Se l’idea di fondo di Night Trap vi sembra vagamente voyeuristica non vi sbagliate. L’atmosfera è tutto tranne che eccessivamente violenta o palesemente erotica, le scene di “morte” mostrano qualche strattonamento e uno strano arnese da accalappiacani usato per aggredire le vittime, ma non si vedono gocce di sangue o centimetri di pelle in eccesso. Senza dubbio c’è un sessismo che si taglia col coltello.
Chi lo ha pensato ha senza dubbio tenuto conto del fatto che stava dando ai giocatori (all’epoca in gran parte maschi e minorenni) la possibilità di spiare e salvare ragazze scarsamente vestite che ridono, si divertono e che, ovviamente, fanno la doccia.
Diciamo che in una scala che va da un opuscolo dei testimoni di Geova a un film porno si colloca più o meno alla stessa altezza di Non è la Rai , poco sotto il catalogo del Postal Market e poco sopra Miss Dronio che perde regolarmente i vestiti in Yattaman . Per gli standard moderni è acqua fresca, all’epoca fu percepito come un banchetto informativo dei Figli di Satana collocato direttamente nelle scuole.
Oggi (nel 2017 per quelli che leggeranno questo articolo come documento di una civiltà ormai scomparsa), i videogiochi stanno lentamente emergendo dalle nebbie del pregiudizio, ma fanno ancora notizia soprattutto quando uno psicologico in cerca di fama o un giornalista che non ci ha mai giocato tentano di metterli in relazione con qualche caso di cronaca, figuratevi il clima che poteva accogliere Night Trap all’inizio dei ’90.
A far saltare il tappo dei benpensanti americani furono due eventi fondamentali: Sub Zero che strappa una spina dorsale e la scena della doccia di Night Trap.
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Dopo una serie di comizi, lamenti di genitori preoccupati e richieste di censura, nel 1993 una commissione del senato per gli affari governativi e giudiziari curata dai democratici Joe Lieberman e Herb Kohl rese la questione “giochi violenti” un problema nazionale a cui bisognava porre rimedio.
Da una parte la violenza di Mortal Kombat era palese, caricaturale, sul fronte di Night Trap non ce n’era praticamente traccia, ma il gioco fu visto come una sorta di incitazione al voyerismo e alla violenza di genere, ignorando il fatto che ci chiedeva di protegge giovani e ingenue fanciulle, non ucciderle. Dopo le polemiche fu ritirato dal commercio nel 1994, anche se poi ricomparì su Sega CD 32X, 3DO, PC e Mac. Anni dopo uno degli sviluppatori di Night Trap ha ammesso che l’ondata di sdegno ricevuta lo scioccò così tanto che da spingerlo a creare un gioco carino e coccoloso su cui nessuno avrebbe avuto niente da ridere: Petz .
Già dall’uscita Night Trap non godeva di una buonissima fama perché la formula ragazze+violenza+bambini, anche se totalmente campata in aria, era un boccone troppo goloso per non darlo in pasto alle casalinghe americane, ma fu trascinato nel fango su tutte le TV e i quotidiani dell’epoca soprattutto a causa della console war fra Nintendo e Sega, che in quegli anni aveva alzato il livello dello scontro ai limiti della violenza fisica.
Sega aveva un sistema di rating interno che presentava Mortal Kombat come un titolo pensato per gli over 13 anni e spiegava il gioco ai genitori sul retro di copertina. Nintendo invece chiese ad Acclaim di colorare il sangue di grigio.
Ovviamente tutti i ragazzini comprarono la versione Sega, perché non c’è alcun divertimento in una Fatality col sangue grigio.
Una volta di fronte alla commissione la risposta di Nintendo fu brutale: il vero responsabile della corruzione giovanile era Night Trap, un gioco disponibile solo sulla console rivale, il Sega-CD. Howard Lincoln , che all’epoca era a capo di Nintendo of America , arrivò a dire che il gioco era disgustoso e incitava allo stupro, che aveva visto un sacco di ragazzini comprarlo, che la scena della ragazza che veniva uccisa nella doccia era addirittura un premio per le azioni dei giocatori, quando invece rappresentava il Game Over.
Il vice presidente di SEGA, Bill White rispose con estrema eleganza, portando di fronte al comitato il Nintendo Super Scope , tanto per rafforzare l’idea che i videogiochi della Grande N trasformavano i ragazzi in assassini.
Questo scambio di cortesie schifò lo stesso Liebermann che alla fine obbligo i duellanti a trovare un accordo che col tempo portò all’attuale classificazione ESRB, la cui importanza non fu tanto quella di calmare le coscienze dei “Qualcuno pensi ai bambini”, le quali, come abbiamo visto, non si calmano mai, ma il fatto che per la prima volta i videogiochi erano riconosciuti non solo come un prodotto per bambini, ma anche per adulti. Se non per il linguaggio, che rimaneva ai limiti dell’adolescenziale, almeno per il contenuto.
Insomma, grazie a un picchiaduro pieno di sangue e un titolo per maniaci recitato male i videogiochi erano diventati grandi.