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Batman, il lutto e la figura dell’eroe

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C’è un uomo in Canada che non si veste come Batman, è Batman. I supereroi sono quanto più vicino ci sia rimasto nella cultura moderna delle divinità greche e delle religioni politeiste. Un tempo avevamo un dio per il fulmine, uno per la morte, uno per la primavera e uno per il raccolto. Oggi il nostro ... Batman, il lutto e la figura dell’eroe

C’è un uomo in Canada che non si veste come Batman, è Batman.

I supereroi sono quanto più vicino ci sia rimasto nella cultura moderna delle divinità greche e delle religioni politeiste. Un tempo avevamo un dio per il fulmine, uno per la morte, uno per la primavera e uno per il raccolto. Oggi il nostro rapporto è più sfumato, gli eroi non ci spiegano il mondo, ci dicono chi siamo, reinterpretano il mito. Tra una battaglia per il destino della Terra e l’altra ci fanno sentire meno soli.

Capitan America rappresentava lo spirito di una nazione, Spiderman le difficoltà della crescita e delle responsabilità, Khamala Khan è la voce di una minoranza, Moon Knight ci parla di pazzia, Hulk riprende il mito di Dr. Jekyll e Mr Hyde. Abbiamo eroi che non sanno come fare coming out, alcolisti, playboy, anti-eroi, buffoni e nerd.

Ma i supereroi non esistono e, dal vivo, con quelle tutine, sarebbero più buffi che epici. C’è poi il grande problema dei poteri, per adesso superforza, telecinesi e velocità fulminea sono molto lontane.

Ma questo non vale per Batman.

In questo variegato pantheon, Batman incarna i valori di giustizia, di un codice d’onore, ma è anche un simulacro del lutto e di dove può portarti se sei ben indirizzato (e sei un miliardario pieno di tempo e giocattoli fighi). Batman è solo un uomo, ben allenato e ben equipaggiato, ma sempre uomo rimane. Forse anche questo è parte del suo fascino.

Potrà sembrare un concetto banale ma, per Brampton, Batman è qualcosa di molto molto serio.

Being Batman è un piccolo documentario che racconta la vita di un canadese che ha portato la sua passione per l’Uomo Pipistrello oltre quell’ultimo miglio che separa il grandissimo fan dall’ossessionato. Nel filmato possiamo vederlo indossare il cappuccio con le punte, l’armatura, addestrarsi al ninjutsu e pattugliare le strade sostenendo orgoglioso di aver anche acciuffato qualche criminale.

Il motivo? Vestirsi da Batman, essere Batman per lui è un modo per gestire un grave lutto personale.

Là dove la morte dei genitori aveva condotto Bruce Wayne a fissarsi in maniera ossessiva con la figura minacciosa del pipistrello, qui uno bizzarro incrocio metafumettistico ha portato un uomo qualunque a fissarsi su Bruce Wayne.

Sarebbe molto facile liquidarlo come individuo strano, come cosplayer, per la sua casa piena di cimeli e la riproduzione fedele della Batmobile di Tim Burton. Ma c’è di più.

Batman non è stata una scelta per me, c’è grande somiglianza tra la vita di Bruce Wayne e la mia. Non è stata una decisione cosciente quella di essere Batman. È il miglior modo di gestire il dolore, di esprimere il mistero che sento.

Non c’è recitazione, ma voglia di liberarsi di una costrizione sociale, di una protezione. C’è un uomo che mettendosi la maschera si rivela. I cimeli, le spade, sono la sua anima sui muri.

Certo che capisco la differenza tra realtà e finzione, ma quando c’è di mezzo la finzione possiamo scrivere la storia che vogliamo”. La realtà è la perdita di una famiglia, la finzione è dove tutto questo ha senso. Ecco perché i supereroi ci piacciono così tanto.

In fondo la domanda su cui fantastichiamo è semplice: se hai le capacità, il potere e la motivazione, qual è la differenza tra te e un supereroe?

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