Vivere Mille Vite - la prefazione di Marina Pierri
Visto che Marina ha scritto una bellissima prefazione a Vivere Mille Vite perché non farla leggere a chi ancora non ha il libro?
Forse vi ricorderete di Vivere Mille Vite, libro uscito nel 2020 e recentemente rivisto e aggiornato su cui rompo le scatole da tempo. Chiacchierando con l'editore ci pareva bello farvi leggere la prefazione di Marina Pierri, perché ci piace e perché cattura lo spirito di tutto il progetto.
Insomma, eccola qua.
Il ricordo del primo videogioco a cui abbia davvero voluto bene – sebbene non il primo a cui abbia giocato – è legato al ricordo del mio primo migliore amico. Avevo tredici anni, e il nome del ragazzo in questione
non conta che per me; mentre il nome del videogioco, nel frattempo, ha assunto un valore gigantesco per tantissime persone.
Ci accompagna a oggi nei discorsi, nelle letture, nel permanere di un certo immaginario, e non sorprenderà sapere che si tratta di Monkey Island. Potrà sembrare buffo, o curioso, ma credo che Guybrush Threepwood e il giovanotto di cui sopra avessero persino delle caratteristiche fisiche in comune (no, non l’essere fatti di pixel) e in ogni caso, crescendo, non mi sono discostata più di tanto dall’affetto quasi istintivo nei confronti di quella tipologia di uomo.
Nella mia testa rappresentava, e continua a rappresentare, l’effigie di un antieroe agli antipodi rispetto alla mascolinità tossica che – purtroppo – caratterizza i protagonisti di tanti titoli videoludici e non solo; generalmente, direi, un idealtipo di gentleman (nel suo significato letterale di uomo gentile), eroico nell’essere sé stesso tanto nei momenti in cui brilla per genialità, o pensiero divergente, così come nei momenti in cui ogni luce è fioca e le soluzioni stentano a essere trovate.
Nello scrivere questa prefazione continuo a pensarla allo stesso modo: uomini come Threepwood possono costituire una soluzione pratica all’annoso problema del patriarcato interiorizzato che, per tanti versi, continua a condizionare non solo la nostra società, ma le sue numerose espressioni simboliche. Tra cui i videogame.
Abbiamo il disperato bisogno di una mascolinità che non dimentichi i sentimenti; che lasci spazio alla nostalgia o alla malinconia; che pratichi l’affetto come forma e fonte di gioia, non di imbarazzo; che ricordi da dove viene per avere una nozione chiara di dove sta andando.
Ora, la mia tesi è che Lorenzo Fantoni sia esattamente questo tipo di uomo (“Ero un ragazzo timido, istintivamente ripudiavo la guerra e adoravo l’idea di poter vincere usando solo scienza e diplomazia, cercando di mantenere la pace”, scrive a un certo punto nelle pagine che seguiranno) e Vivere mille vite il tipo di libro destinato a diventare un classico un po’ come Monkey Island. (Vi giuro che non l'ho pagata per scriverlo, anzi, la mia consueta ritrosia ai complimenti mi mette molto in difficoltà NdLorenzo)
Leggendolo darai per certo quel che già sospetti: i prodotti culturali di cui fruiamo nel corso della nostra esistenza su questo pianeta sono profondamente intrecciati alla nostra storia, e alla Storia stessa. Noi siamo una storia, e siamo fattә di storie. Quelle che abbiamo guardato da piccolә, o da giovani; quelle che guardiamo adesso. Quelle con cui abbiamo giocato da ragazzә, e con cui giochiamo adesso.
Io mi occupo di critica televisiva, e sono una di quelle iconoclaste che predica a destra e a manca circa l’enorme potere dello sguardo, del gioco, dell’intrattenimento in generale: ridurlo a un passatempo non è necessariamente un errore, ma equivale ad appiattire una parola complessa, che designa un insieme di gesti complessi, a una singola dimensione lì dove ne coesistono decine. Le serie tv implicano una relazione, così come un film o un libro; ma i videogiochi portano a un altro livello quella relazione rendendola anche manuale, aggiungendo al livello della partecipazione mentale, cioè della testa, quello – squisito – della partecipazione fisica tramite le mani, il corpo.
Il rapporto che si instaura con un videogioco, nella mia esperienza, è uno dei più forti che esistano. Potrei scandire la mia vita costruendo una mappa temporale dei videogiochi a cui ho giocato in un dato periodo o in un altro. Potrei parlare per ore del mio legame con la comandante Shepard di Mass Effect (sì, ovviamente era una lei); dei miei soggiorni scomodi nei mondi di Bioshock; dei grattacieli che ho scalato in Spider-Man.
Ed ecco, Lorenzo ha dato – e dà ogni giorno negli articoli, su Twitch, dai palchi o sui social – un tono caloroso a quel discorso, a tanti discorsi diversi anzi, a partire dal suo.
Credo abbia la capacità di cucire, con cognizione di causa, pezzi di stoffa indistruttibile per costruire la mappa che racconta chi sei, nel contesto in cui sei, in sincronia con la tecnologia che ha scandito – in ogni istante – la conversazione tra entità capaci di generare un autentico personale collettivo.
Competenza forse è un termine abusato, ma designa bene quel che caratterizza il suo lavoro sul tessuto simultaneamente privato e pubblico – in perpetuo divenire – del mondo videoludico, la cui qualità esclusiva consiste nella possibilità di essere altre persone restando sé stessә; di vivere mille vite continuando, indisturbatә, a vivere la propria.
Come in un open world, infatti, nelle pagine che seguono potrai anche fare zig zag tra i capitoli, lasciarti guidare nella scelta delle tue ‘missioni’ di lettura o perseguire una strada unicamente tua. Il Viaggio è quello di Lorenzo, di certo, perché questo è un volume anche intimo; ma in quel Viaggio particolare e universale, te lo prometto, ti rivedrai.
Se volete saperne di più, trovate il libro in tutti gli negozi online, ma soprattutto qua.