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Vampire Survivors è la metafora della vita freelance

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Un gioco semplice ma divertentissimo che riesce a competere con produzioni milionarie... e che in qualche modo mi ricorda perfettamente la mia vita lavorativa

Vampire Survivors è un gioco sviluppato da Luca Galante, la prima bozza è uscita su Steam a dicembre nel silenzio generale per poi esplodere come fenomeno su Twitch dopo qualche mese, costa neanche 3 euro. A febbraio per un po’ è stato in cima alle classifiche di Steam dei titoli con più giocatori in contemporanea con circa 77.000 persone.

Perché? Perché è un ottimo videogioco che con pochi elementi base e un numero di risorse limitato riesce a creare una routine divertente, ricordandoci che sì, belli i tripla A, le storie importanti e la rappresentazione, ma dentro di noi si agita una bestia che a volte vuole solo seminare caos, cullarsi dentro ritmi ossessivi e competere in brevi e brutali partite.

E che vuole un indie che non sia per l'ennesima volta metafora della depressione.

Le basi di Vampire Survivors, sono molto semplici: si sceglie un personaggio, un livello e poi si comincia a muoversi, cercando di evitare orde sempre più agguerrite di mostri che diventano sempre più forti e numerosi dopo sessanta secondi. Gli attacchi delle nostre armi sono automatici e quando uccidiamo un nemico questi può far cadere un diamante che aumenta la nostra esperienza, quando otteniamo un livello abbiamo tre opzioni casuali per poter potenziare o sbloccare nuove armi o bonus. L’obiettivo finale è sopravvivere 30 minuti cercando di diventare delle macchine di morte semoventi.
Il tutto è visualizzato con una grafica vagamente 16bit ispirata a Castlevania, una colonna sonora ossessiva e tanto umorismo di grana grossa (tra i livelli c’è il Molise e i personaggi hanno nomi tipo Porta Ladonna, Poe Ratcho o Poppea Pecorina).

Ovviamente lo sto amando tantissimo e i motivi sono semplici: è un gioco che ti occupa uno spazio di tempo finito, in cui la progressione è calibrata perfettamente per darti qualcosa e farti desiderare ciò che arriverà, richiede una impegno modesto ma il livello di sfida è alto e offre al mio palato di vecchio giocatore decadente un momento di divertimento privo di sovrastrutture.

vampire survivors

Ma credo che parte di questo amore sia legato al fatto che al suo interno rivedo tutti i meccanismi della vita da freelance.
Sono forse io un egomaniaco che deve riferire tutto a sé stesso? Può essere, ma seguitemi in questo ragionamento che mi è balenato in testa mentre ci giocavo. Perché sì, un'altra delle cose belle di ‘sto gioco è che è un po’ come guidare: una parte del cervello si impegna in automatico e l’altra è libera di vagare.

Keep on movin’

In Vampire Survivors devi muoverti, costantemente, altrimenti muori. Devi muoverti per schivare le orde di mostri devi muoversi per continuare a raccogliere oggetti, devi muoverti per distruggere i candelabri che possono darti monete, cure e bonus temporanei che possono svoltare la partita. Se ti fermi o sei veramente molto, molto potente oppure è finita. Allo stesso modo un freelance deve essere sempre in movimento, con la testa e con le gambe (e con il culo, ciao ciao) perchè se ti fermi poi perdi il passo, vieni aggredito dalle scadenze, dalla concorrenza, dalle tasse da pagare. E in questo muoversi devi sempre pensare un po’ più avanti, devi sempre cercare attorno a te e capire in anticipo dove potrebbe trovarsi quello spiraglio per uscire da una situazione di merda.
I non sono tutto ma fanno comodo
In ogni partita è possibile accumulare delle monete, soprattutto aprendo i forzieri che i nemici più forti lasciano cadere. Con i soldi è possibile sbloccare personaggi aggiuntivi e bonus fissi che col tempo renderanno i nostri alter ego più resistenti, più veloci, più corazzati e addirittura più fortunati. Il più costoso permette persino di avere una seconda chance e non interrompere subito la partita. Insomma, più soldi fai più diventerai resistente e potrai farne. I soldi chiamano i soldi, anche qua.

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Pianifica e poi spera nel culo

Ogni partita di Vampire Survivors fa storia a sé, perché in ogni partita possono capitarti oggetti con cui in qualche modo devi fare i conti. Certo, dopo un po’ sai bene cosa puoi farne perché conosci gli strumenti del mestiere e sai cosa ti potrebbe servire, ma non è detto che ti arrivi. Ad esempio, tra le armi c’è l’aglio, che crea attorno al personaggio una barriera che uccide i nemici più deboli. È un’arma ottima perché ti permette di falciare decine di nemici e di trovare un passaggio quando sei accerchiato, ma se il gioco decide che non ti deve arrivare non ti arriva e sono cazzi tuoi. Oppure, in alcuni casi ti possono capitare delle cure al momento giusto, oppure dei momenti in cui ne avresti bisogno e invece ti attacchi. La carriera di molti freelance è esattamente così: sai benissimo cosa ti servirebbe, hai una strategia e poi la vita decide altro, e a quel punto ti adatti, poi magari arriva la botta di culo che ti risolve il casino. Ma a volte non arriva, e i mostri ti circondano.

vampire survivors

It’s a long way to the top

Ogni partita di Vampire Survivors si decide bene o male passato il quarto d’ora. Se hai fatto le scelte giuste se ti sono arrivati gli oggetti che speravi, se t’è andata di culo in quel momento in cui era tutto perduto allora riesci ad affrontare il momento più complesso e sbloccare le armi più avanzate che rendono il tuo personaggio semidivino, quasi in grado di vivere di rendita. Beh per molti freelance è esattamente così: per quanto possa essere difficilmente il momento peggiore non è l’inizio, quando magari stai facendo esperienza, hai voglia, ti butti a capofitto e sei pure bravo. No, i problemi arrivano a metà del guado, quando magari per la tua età ed esperienza dovevi essere un po’ più in là e non ci sei, quando l’occasione della svolta non è arrivata e sei rimasto un po’ al palo. Se superi quella crisi di mezza età lavorativa allora stai andando bene, ma molti si fermano proprio là, quando improvvisamente il gioco si è fatto troppo duro per le scelte fatte e la fortuna avuta.

So che tutto questo potrà sembrarvi strano, buffo e un po’ monotematico sul mio lavoro, ma credo che sia anche una interessante prosecuzione di quello che scrivevo anche in Vivere Mille Vite. I videogiochi ci parlano, anche i più semplici, e arrivano da noi in momenti della nostra vita in cui magari improvvisamente entrano in risonanza con quello che ci circonda senza che ce lo aspettassi. Quando accade è bellissimo e mi ricorda che c’è qualcosa oltre le loot box, le presentazioni per tenere calmi gli azionisti, i prodotti in serie e le infinite polemiche che impestano il settore.

Ci sono, guarda un po’, i giochi e le persone, con le loro vite, i loro pensieri, la loro ricerca di senso e la voglia di spaccare il culo a un’orda di zombie, sognando che stavolta sia la volta buona.

Oppure, gira che ti rigira, alla fine i videogiochi sono sempre un'espressione o una metafora dei meccanismi del capitalismo, che palle.

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