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Star Wars: Rogue One — La Recensione

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Lo spettacolare inizio di un qualcosa che ha grandi potenzialità per diventare una saga cinematografica, secondo noi sarà qualcosa che andrà avanti per anni!

Lo spettacolare inizio di qualcosa di epico

Finalmente ieri sera ho visto Rogue One che a quanto pare dovrebbe essere il primo capitolo di qualcosa più ampio chiamato “Star Wars” o “Guerre Stellari”, dipende se vorranno tradurre anche il titolo o no, l’unica cosa certa dell’adattamento italiano è che vorrei lanciare alcuni doppiatori in un pozzo profondo e non farli uscire mai più.

Fino a ieri non conoscevo molto del progetto, avevo visto qualche trailer, ma non ero del tutto convinto. C’è questa mega stazione spaziale improbabile e affascinante, la Morte Nera, un Impero spaziale e dei ribelli che cercano di distruggerla grazie a una tizia. Questo era tutto ciò che sapevo prima di entrare al cinema. Le idee mi parevano buone, ma ho preferito mantenere basse le aspettative.

L’inizio del film sembra un collage di corti messi insieme alla rinfusa, ma credo fosse un inevitabile compromesso necessario per presentare tutti i personaggi. Non c’è una scena che duri più di trenta secondi. Per qualche minuto lo spettro di Suicide Squad aleggia sul film ridendo come il Joker, poi per fortuna le cose cambiano, la storia inizia a incanalarsi lungo binari sensati e convincenti, senza buchi della trama, senza momenti assurdi. Forse la seconda parte soffre di un certo calo di ritmo, ma il finale, dio mio, il finale è qualcosa di EPICO.

Jin Erso è un’eroina atipica, non ha assolutamente voglia di fare quello che va fatto, è una persona danneggiata, ferita e abbandonata da chiunque le sia stato vicino, padre incluso, dotata dell’empatia di chi fin da piccolo ha vissuto nascosto in un buco cercando di non farsi scoprire dal destino.

Lei non vive la chiamata dell’eroe, come quasi tutti i “buoni” viene semplicemente costretta a fare ciò che deve essere fatto, senza riflettere troppo sulle conseguenze, perché la Storia, quella con la S maiuscola che sopravvivere agli uomini e si legge sui libri, non la puoi evitare, puoi solo sperare di essere ancora vivo quando tutto sarà finito.

Che in fondo tanto buoni non sono, sono semplicemente dall’altra parte di una barricata e stanno perdendo, sono divisi tra loro, litigano, torturano, fanno agguati, uccidono senza pietà, non aspettatevi eroi senza macchia dalla battuta pronta.

E poi ci sono i cattivi, che, personalmente, mi hanno affascinato di più, forse per le uniformi, forse per lo spettacolare design delle truppe e delle astronavi, forse perché tra le loro fila vive e respira (è il caso di dirlo) il personaggio più bello, ma di lui parlerò dopo.

L’Impero è un male che ricorda il nazismo, ma anche l’uso disinvolto dell’atomica degli americani durante la Seconda Guerra Mondiale. Anzi, oserei dire che in alcuni momenti il parallelismo tra gli Stati Uniti e l’Impero è decisamente palese. C’è una scena, ambientata su un pianeta che ricorda l’Iraq o l’Afghanistan che riprende in tutto e per tutto le imboscate dei talebani ai marines, solo che, teoricamente, qua i talebani sono i buoni. Anche il pianeta finale è ricco di suggestioni, sembra una via di mezzo tra Pearl Harbor, l’atollo di Bikini e Dubai.

In questa carrellata di disperati, uomini di fede, compagni d’arme e stilosissimi cattivi in uniforme, due figure emergono tra tutte: dalla parte dei buoni il robot K-2SO, un po’ spalla comica un po’ macchina di morte, perfetto per mitigare la cupezza del film, dall’altra un tizio completamente vestito di nero, con tanto di mascherone in stile samurai che (MAMMA MIA) credo si chiami Darth Vader. È una specie di cavaliere nero dotato di telecinesi e una bellissima spada laser (chi l’ha pensata è un genio) compare pochissimo ma ogni volta che è in scena si mangia tutto come un buco nero di cattiveria e risolutezza, ho bisogno di saperne di più.

Se proprio devo fare un’osservazione sul casting, Peter Cushing mi pare un po’ rigido nel recitare, quasi morto.

Nonostante il tema di Rogue One sia la speranza, è senza dubbio un film intenso in cui tutti hanno assolutamente chiaro il fatto che di fronte a un male così grande la morte è quasi una certezza, ma sono comunque disposti a fare tutto il necessario per vincere.

La speranza in questo caso è quasi sempre un futuro migliore non per te, ma per chi rimane. Il vero filo conduttore del film quindi è il sacrificio consapevole legato alla certezza di aver fatto la cosa giusta.

Che poi onestamente sarebbe anche interessante capire cosa intendono alcuni personaggi quando parlano di “Forza”, una sorta di potere mistico e religioso che li guida e a cui affidarsi con totale abbandono. Forse potevano spiegarla un po’ meglio, così come potevano raccontarmi qualcosa di più sulle enormi statue di guerrieri-monaci che giacciono in mezzo alle dune.

Spero che il film incassi bene e che abbia un seguito, perché si chiude con un finale aperto in cui una tizia vestita di bianco riceve questi famigerati piani della Morte Nera, ma poi non si sa capisce cosa succederà.

Fondamentalmente ci troviamo di fronte a un film di guerra, a Quella Sporca Dozzina o il Mucchio Selvaggio, ma coi laser, il classico tema del gruppo di antieroi votati al martirio che alla fine si rendono conto di essere migliori di quello che credono. Ciò che permette a Rogue One di non soccombere di fronte a questi titani è l’elemento fantastico, la consapevolezza che ci troviamo di fronte a qualcosa con un enorme potenziale, ricco di spunti che potrebbero essere approfonditi. In fondo la Seconda Guerra Mondiale la conosciamo già, la lotta tra Ribelli e Impero no.

Voglio saperne di più su Darth Vader, voglio un film che lo veda come protagonista. Ce ne sono altri come lui? Sarebbe assurdo non vedere un duello con spade laser! A dire il vero pare che il secondo film sia già in lavorazione e che se ne occuperà direttamente il tizio che ha scritto le basi di Star Wars, tale George Lucas.

C’è un mondo dietro a Rogue One che non vedo l’ora di scoprire, pianeti, razze, personaggi da sviluppare, strane religioni e storie da raccontare, mi sembra il perfetto inizio di qualcosa di grande.

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