Simon the Sorcerer: Origins e le ambizioni degli sviluppatori
Uscirà nel 2024 il prequel di una delle avventure grafiche più famose degli anni '90, abbiamo parlato con gli sviluppatori.
Vi è mai capitato di trovarvi esattamente dove vorreste essere, a fare ciò che sognavate di fare e che avete cercato in tutti modi di ottenere? Quelle strane situazioni in cui fortuna, audacia, competenze e conoscenze si allineano e il mondo vi sembra un posto giusto?
Dev’essere così che si sentono gli sviluppatori di Smallthing Studios, che da tre anni lavorano a Simon the Sorcerer: Origins.
Simon chi?
Chiunque e suo cugino conosce The Secret of Monkey Island, gioco fin dalla sua uscita ha rappresentato un nuovo canone per le avventure grafiche ironiche (non che prima non ci fossero) ma Simon the Sorcerer, uscito nel 1993, ha un fandom molto meno presente e citazionista, nonostante il gioco sia ancora molto amato e abbia venduto coi primi capitoli una cifra decisamente importante.
Pur riprendendone l’interfaccia ed essendo nato grazie al successo di Guybrush, Simon aveva un piglio molto diverso: spingeva tantissimo sulla parodia di tutto ciò che è fantasy, dal Signore degli Anelli a Narnia passando per le fiabe più classiche, e lo faceva con tono sarcastico, graffiante, molto inglese e assolutamente strano per quello che in teoria era solo un bambino.
A rendere il tutto ancora più particolare c’è il fatto che nella versione CD-ROM, uscita due anni dopo, il personaggio fu interamente doppiato da Chris Barrie, attore inglese che aveva partecipato a Red Dwarf, serie culto scifi comico-bizzarra di quell’humor tipicamente britannico che ha le sue radici nella Guida Galattica e in Doctor Who. Per certi versi possiamo anche dire che Simon the Sorcerer ha camminato perché Harry Potter, pur con toni e ambientazioni molto diverse, potesse volare.
Dopo il primo capitolo ne arrivò un secondo un paio di anni dopo e poi una serie di sequel dalle alterne fortune (un modo gentile per dire che alcuni furono autentici disastri, tipo quello 3D del 2002) mentre la palla passava a sviluppatori tedeschi e il genere delle avventure punta e clicca diventava via via sempre meno centrale nel settore.
E infine eccoci qua, 2023, trent’anni dopo l’uscita del primo.
Una nuova avventura
Simon the Sorcerer: Origins è ambientato nel 1993, due settimane prima degli avvenimenti del primo gioco, un posizionamento decisamente particolare e coraggioso perché sarà interessante capire come gli sviluppatori di Smallthing Studios riusciranno a chiudere ermeticamente la cerniera col capitolo fondante.
Ho avuto modo di parlare un po’ con Massimiliano Calamai e Fabrizio Rizzo che sono rispettivamente il Game Director e il Lead e Narrative Designer del gioco e al di là delle chiacchiere da ufficio stampa quello che ho sentito è stato un misto di emozione e orgoglio.
Li guardavo negli occhi mentre parlavano e dà una parte c’era la grande concentrazione che può venire fuori quando sei di fronte a un momento importante e la presentazione ufficiale senza dubbio lo è, dall’altra parlavano col sorrisetto sulla faccia di chi sta facendo ciò che ama, ciò che voleva fare.
Son quelle robe belle e pericolose, per un giornalista, dei press tour, perché in progetti di questo tipo chi ti parla non è un community manager infarcito di entusiasmo corporate che deve risponderti senza risponderti, ma gente che da tre anni suda sul progetto che sente proprio. E tu sei là che devi esercitare distacco, mentre loro si giocano la carriera.
Del gioco vero e proprio al momento si è visto poco. Uscirà nel 2024 per tutte le console e PC, le console avranno anche un’edizione fisica. Dovrebbe durare circa una decina di ore, ora più o ora meno in base a come ve la cavate con gli enigmi. Per rendere ancora di più l’atmosfera anni ’90 è stato inserito un brano di Rick Astley. L’aspetto più interessante però è che tutta l’avventura è disegnata e animata a mano con uno stile molto contemporaneo.
“Volevamo proprio lavorare come si lavorava in quel periodo – spiega Calamai – frame per frame, tutto a mano. È stato un lavoro veramente enorme che ha richiesto un sacco di tempo ai nostri artisti ma crediamo ne valga la pena”
Personalmente ho apprezzato la scelta di non rifugiarsi nella pixel art, non che non sia un gioco nostalgico (e io adoro la pixel art) ma sarebbe stata una scelta fin troppo facile e, dopo averci pensato un po’, concordo con l’idea di Ron Gilbert secondo cui quella che oggi chiamiamo pixel art era semplicemente lo stato dell’arte del passato, e quello stato cambia. E vi dirò, a me come stile piace anche. È molto “europeo” e contemporaneo ma riesce in qualche modo a contenere dentro di sé un rimando a qualcosa che mi ricorda Don Bluth. Magari è così, magari sono pazzo.
Non avendo ancora visto niente è difficile capire il tono del gioco e soprattutto il livello di impegno richiesto. Di solito con questi progetti che guardano al passato c’è sempre il dubbio di capire per quale tipo di utenza vuoi calibrare il tutto: una roba super accessibile o hardcore?
“Abbiamo guardato molto all’old school nella progettazione dei puzzle – racconta Rizzo – ci siamo rigiocati tutti i titoli almeno una decina di volte e per ogni enigma che pensavamo c’è stato tutto un processo di testing molto scrupoloso. Non ci saranno aiuti né un sistema di consigli, vogliamo che le persone ci arrivino da sole, ma abbiamo comunque cercato di bilanciare il tutto. Non ci dispiacerebbe che i giocatori si prendessero qualche appunto con carta e penna. Certo però che il ritmo è ben diverso e più spedito rispetto al passato. Vuole essere una avventura anni ’90 ma svecchiata”.
“Sappiamo che la nostra scelta è pericolosa, ma gli autori originali hanno letto la nostra storia e li ha impressionati, questo non solo ci ha riempiti di orgoglio ma ci ha fatto capire che eravamo nella direzione giusta – dice ancora Rizzo – possiamo far tornare in mente il gioco alla vecchia guardia e farlo conoscere meglio ai nuovi giocatori”.
“Inoltre, possiamo lavorare di più sul personaggio – continua Calamai – erano altri tempi e Simon non era un personaggio sviluppato, quanto più una macchietta ironica e provocatoria che doveva prendere in giro tutti modellata su Scuotivento di Pratchett che diceva cose molto più adulte rispetto alla sua età. All’epoca si puntava molto al fatto che la battuta funzionasse più che a uno sviluppo narrativo, oggi le cose sono differenti”.
Considerando il periodo e quanto oggi si parli tanto del boom della nostalgia, soprattutto in chiave anno ‘90 (personalmente non credo che oggi ci sia una tendenza diversa dal passato, ne siamo solo più consapevoli) tutta l’operazione ha senza dubbio senso. Anche perché il mondo delle avventure grafiche, che non era del tutto morto, solo molto meno presente nel mainstream, sta vivendo un piccolo rinascimento e non è un semplice remake, ma un’occasione per rivedere il personaggio in una chiave differente e secondo una sensibilità e una maturità differenti.
Sul successo dell’operazione è presto per pronunciarsi ma il gioco sembra esserci e credo che ci siano le possibilità per fare bene anche sul piano delle vendite. Simon the Sorcerer ha fan insospettabili in tutto il mondo e i colleghi latinoamericani e spagnoli parevamo particolarmente entusiasti.
Vedremo che succederà nel 2024, ma se dovesse andare bene sarebbe senza dubbio un bel colpo sia per Smallthing Studio, il publisher Leonardo Interactive e per il settore italiano che farebbe un altro piccolo ma percettibile passo in avanti.