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Nostalgia: la teoria dell'Eterno Presente ovvero "Il paradosso di Torn"

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Siamo ormai sommersi di contenuti che copiano, citano, guardano indietro e non riusciamo a produrre nulla di nuovo. Ma forse è sempre stato così, solo che ora ce ne rendiamo conto

La nostalgia si sta mangiando tutto, guardatevi intorno. “Ormai è tutto un remake”, “Non si fa più niente di nuovo”. Quante volte avete sentito o detto queste frasi? Quante volte qualcuno ha commentato l’ennesimo remake/reboot/seguito o serie tv citazionista col fare di chi non è stanco di questo business della nostalgia che sembra procedere guardandosi sempre alle spalle?

Viviamo senza dubbio un’epoca in cui sembra quasi impossibile trovare qualcosa si originale. La moda cita pesantemente gli anni ’80 e ’90 oppure torna a guardare verso Mad Men. In campo musicale siamo ormai alla citazione della citazione, al recupero del campionamento. La gente applaude i Maneskin, che sembrano un bignami del glam rock, e l’unica cosa veramente originale è la Trap. Stranger Things la fa da padrone, Ready Player One celebra la nozione inutile come valore e il cinema insegue le serie tv, recupera vecchie glorie, porta avanti franchise ormai pluridecennali, cercando di rimanere nel confortevole panorama del già visto.

Non vorrei allarmarvi, ma è tornato anche il Tamagotchi, giuro.

Che noia eh?

In parte è così, perché all’inizio del 2000 sembra essersi innescato un processo a spirale in cui abbiamo iniziato a recuperare in maniera ossessiva, senza alcun ritegno, sia rendendo di moda ciò che piaceva ai ragazzini degli anni ’80/’90 sia rielaborandoli in modi più o meno sincero. Tutto forse è iniziato col Rap e con la sua capacità di prendere qualunque cosa e rendere cosa altra, oggi tutti remixano, tutti.

https://vimeo.com/139094998

E quindi Stranger Things, Nintendo Mini, ritorno del cyberpunk, fumetti che diventano film, pagine Facebook con milioni di like che pubblicano pubblicità della manina appiccicosa delle patatine e così via.

Che poi io onestamente mi ci son buttato dentro di testa senza alcun ritegno, ma sono convinto che a lunghissimo andare anche la pizza possa stufare, figuriamoci la nostalgia.

Ci sono tante cause che hanno portato al trionfo della nostalgia. Alcune sono legate alla nerdizzazione della cultura dominante e quindi alla cristallizzazione di determinate cose come valori assoluti e immutabili (non esiste nostalgico più adamatino di un nerd che ripercorre le proprie passioni) altre al fatto che il mondo ora ci fa schifo, le generazioni precedenti si son mangiate tutto e quindi ci piace tornare con la memoria ai momenti in cui tutti ci sembrava più semplice. Poi il mondo faceva schifo anche all’ora, ma noi non ne sapevamo un cazzo. C’è un bellissimo libro in merito, che si occupa soprattutto del mercato musicale, ma i cui principi sono universali e che ci introducono all’epoca del remix che viviamo oggi: Retro Mania.

“L’era pop in cui viviamo è impazzita per tutto ciò che è rétro e commemorativo. Gruppi che si riformano, reunion tour, album tributo e cofanetti, festival-anniversari ed esecuzioni dal vivo di album classici: quanto a passione per la musica di ieri, ogni anno supera il precedente. E se il pericolo più serio per il futuro della nostra cultura musicale fosse… il passato?”

È il trionfo del Vaporwave, citato da Giovanni Scrofani in un articolo che ha scatenato questa riflessione, una celebrazione ai limiti del religioso di un’estetica passata fatta di palme, musica da cocktail, colori fluo e grafiche di Windows 3.1. Un mondo che non esiste in cui rifugiarsi e annullare sé stessi in un continuo e confortante ritorno al passato che ci consenta di non affrontare il presente e il futuro.

Quello che ci sfugge, e qui forse sta il nocciolo della questione, la nostalgia e il recupero sono di moda da sempre. Ma solo oggi riusciamo tutti a rendercene conto.

In parte chiunque abbia studiato la cultura pop sa che nulla si crea e nulla si distrugge. Anche il più grande colpo di genio è spesso la rielaborazione di qualcosa che c’era già. Che Star Wars ha scopiazzato idee da fumetti, romanzi di fantascienza e armature giapponesi, che a un certo punto i romani si son messi a scopiazzare l’arte greca e che l’abbiamo rifatto col neoclassicismo, che periodicamente arriva qualcuno a dire che è il momento di tornare indietro, perché una volta le cose erano fatte meglio. Il bello dello studiare queste cose sta proprio nello scoprire il filo nascosto che le unisce tutte, che lega ad esempio Miyazaki a Metal Slug o un pezzo rap di oggi a un campionamento del passato.

Però c’è un punto fondamentale che secondo me separa la nostra epoca dalle precedenti e che ci colloca all’interno della teoria dell’eterno presente: Internet.

Internet ci impedisce di fatto di andare avanti perché ci ricorda sempre cosa avevamo alle spalle, ci permette di vedere i fili invisibili che ci legano alle ispirazioni del passato e li rende ben evidenti, palesi, tanto che alla fine è inevitabile credere di vivere in un mondo fatto esclusivamente di copie e citazioni.

Tutto questo prima non accadeva, o era conoscenza esclusiva di poche persone, e qui arriviamo al Paradosso di Torn.

Un buon esempio per capire questa situazione è Torn, la canzone di Natalie Imbruglia che spopolava nel ’97. Fu un successo clamoroso, soprattutto considerando che la Imbruglia era una illustre sconosciuta e il video era tutto sommato niente di ché. La cantavano nelle radio, nelle scuole, per strada, la cantavo anche io (anche perché ero inevitabilmente innamorato della Imbruglia).

Ma nessuno, neppure i DJ in radio, dicevano mai che era una cover. Per noi era un pezzo originale e andava benissimo così.

La verità l'ho scoperta un paio di anni fa. È un pezzo del 1995 di una band che si chiama Ednaswap e che non si ricorda nessuno.

Ma nelle mia mente gli Ednaswap non esistono, esiste solo Torn di Natalie Imbruglia.

Perché? Perché all’epoca internet era appena agli inizi, pochissime persone conoscevano gli Ednaswap, di sicuro non i migliaia di spettatori di MTV. Torn era un recupero, una cover palese, ma non lo sapeva nessuno, salvo forse qualche esperto particolarmente attento.

Così come molti ignoravano che Ocean’s Eleven fosse un remake e ancora meno lo sapevano de La Cosa, o che i Led Zeppelin con Bring it on Home avessero praticamente copiato il bluesman Willie Dixon. Per anni i nostri genitori hanno ascoltato cover italiane di canzoni americane e non interessava a nessuno, se non ai pochi che potevano permettersi i vinili originali.

Oggi invece non ci vuole niente a fare due ricerche e scoprire copie, citazioni, omaggi e remake. E in parte questo ci piace, perché ci rende tutto più facile e digeribile. Quindi arrivano ancora più copie, omaggi e remake.

Una volta questo genere di conoscenza era esclusiva di una certa élite culturale, che possedeva gli strumenti necessari per capire influenze, copie e citazioni, adesso chiunque con un minimo di senno può andare su Wikipedia e scoprire tutto e produrre contenuti che alimentano questo circolo vizioso (colpevole, vostro onore).

La nostra era vive quindi una condizione particolare: i contenuti, anche se consumati velocemente, non invecchiano mai (per questo forse ci affascinano le Storie di Instagram), tutto è perennemente collocato in bella vista di fronte a noi, non possiamo dimenticare niente e siamo condannati a ricordare e abbiamo tutti gli strumenti per produrre copie, delle copie, delle copie.

Questo impedisce sia al pubblico di vivere le cose con freschezza, sia ai creatori di contenuti di liberarsi dal gioco del passato e rielaborarlo in maniera più leggera e inconscia.

La nostra era vive una condizione particolare: i contenuti, anche se consumati velocemente, non invecchiano mai

Perché una volta al posto di Stranger Things avevi Happy Days, che offriva nostalgia al pubblico adulto e divertimento ai più piccoli, ma contemporaneamente avevi un’industria cinematografica e televisiva che produceva novità a getto continuo. Oggi questo è più complesso, o forse le nuove frontiere dell’intrattenimento non sono più da cercare al cinema e in televisione, forse nei meme di internet o nei videogiochi troveremo qualcosa di nuovo.

Dal punto di vista della creazione di contenuti siamo ormai alla saturazione, l’onda che ha spinto per tutti questi anni la nostra inventiva ha iniziato piano piano a piegarsi su sé stessa per rielaborare un passato che non riusciamo più a dimenticare.

C'è una cura a tutto questo? Forse no, ma qualcosa si può tentare: andate più a fondo.

Ci sono un sacco di film, libri, fumetti, serie tv e videogiochi che non sono il seguito di qualcosa, se rielaborano lo fanno con gusto e che non cercano la scorciatoia facile. Il problema è che spesso non li vediamo perché sono soverchiati da milioni di conversazioni sui prodotti più popolari.

È così che funziona, è così che ha sempre funzionato. Ciò che in quel momento catalizza la discussione sembra azzerare completamente l’orizzonte culturale, soprattutto oggi che siamo pieni di stimoli, canali, siti internet, video su youtube e tendiamo a fare una selezione brutale. Il problema è che se quel prodotto è la nostalgia ti sembrerà di vivere in una sorta di loop culturale incapace di uscire dai suoi confini: l'eterno presente.

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