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Il potere del cane e la delicatezza mascolina

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Il potere del cane è il western di Jane Campion che mette in discussione la rappresentazione della mascolinità standard.

The Power of the Dog ovvero Il potere del cane è l’ultimo film scritto e diretto dalla regista neozelandese Jane Campion. Ha ricevuto la bellezza di 12 nomination agli Oscar, vincendo solo quello per la miglior regia. Il film è un western “fuori tempo”. Ambientato nel 1925, è un dramma in costume sui grandi spazi americani in cui però compaiono già le tracce del mondo contemporaneo. Sulle strade fangose della piccola città vicina al ranch dei protagonisti, si muove il traffico urbano delle automobili. È un’immagine giocata spesso nel film, proprio in contrasto con la rappresentazione del paesaggio che rimanda invece a un’altra epoca, ormai esauritasi.

Il potere del cane è un film diviso in capitoli, ma la vera separazione in blocchi è quella tra la prima e la seconda metà. Le due parti del film sono separate da un midpoint, lo snodo centrale della trama che è una vera e propria rivelazione. Questo twist però è raccontato senza clamore, come tutto il resto del film. Perché Il potere del cane non è un’opera che sottolinea i suoi passaggi in modo roboante; anzi, è un film che richiede di essere seguito con attenzione perché non dirà mai in maniera troppo esplicita come stanno le cose, ma lo farà capire in ogni modo possibile con la costruzione della storia.

 

Quindi da qui in avanti parte l’allerta SPOILER, perché adesso il film verrà analizzato e interpretato, con una spiegazione di quello che succede realmente nella sua storia, finale compreso.

 

SPOILER ALERT per IL POTERE DEL CANE

La prima metà del film è angosciosa, pervasa da un senso di minaccia perenne che aleggia su quei personaggi che vengono presentati come deboli: la vedova intepretata da Kirsten Dunst e Peter, il suo figlio adolescente efebico, interpretato da Kodi Smit-McPhee.

La delicatezza del personaggio di Peter è sottolineata durante tutta questa prima parte. Lui e la madre sembrano le vittime perfette per l'egomaniaco maschio tossico Phil, cognato della donna interpretato da un Benedict Cumberbatch in versione western. In tutta l’equazione, non ha alcun peso il marito di lei (Jesse Plemons), che si mantiene sempre troppo neutrale per alterare i rapporti tra gli altri personaggi, governati dalla presenza ingombrante di Phil, che assume un ruolo iniziale di oppressore.

LA DELICATEZZA DEI PERSONAGGI

La delicatezza di questi personaggi, cioè la madre e il ragazzo, viene presentata in questa prima parte del film con le loro espressioni artistiche. Peter costruisce fiori di carta, disegna e quando è arrabbiato fa ruotare aggressivamente l'hula hop. Quest’ultima è una scena abbastanza comica, che però sintetizza le attitudini del personaggio.
Peter non è uno che cerca di nascondersi o di adeguarsi, continua a usare i suoi strumenti anche quando il mondo circostante glielo fa pesare. Ovviamente diventa il bersaglio dello scherno dei bovari capeggiati dallo zio Phil, che non possono lasciare impunita la sua maschilità non convenzionale. Come da programma, viene bulleggiato.

La madre di Peter suonerebbe il piano, ma non ci riesce perché è troppo insicura e il cognato la fa sentire continuamente a disagio. C’è una bullizzazione in corso anche su di lei. Nella prima parte è quella principale, perché il cognato Phil è geloso dell’arrivo di questa donna che altera i suoi equilibri familiari. Le dà il tormento al punto che lei inizia a bere troppo.

TRATTI COMUNI TRA VITTIME E CARNEFICE

Verso la fine di questa prima parte, c’è un momento in cui Phil prende in giro la cognata mentre lei cerca di suonare, intromettendosi col suo banjo. Proprio il banjo però rappresenta un punto di connessione tra lui e queste sue vittime, cioè un tratto che hanno in comune nell'espressione artistica. Non è casuale, perché poi subito dopo la seconda parte ci rivela che Phil è quasi certamente gay e interessato al giovane Peter.

Il passaggio da una sezione all'altra della storia usa un altro simbolo di delicatezza e fragilità, cioè il coniglio. Dovrebbe rappresentare la paura di questi personaggi, che li rende assoggettabili alla forza mascolina di Phil. Questo però è lo snodo centrale a cui si accennava prima, la cesura tra la prima e la seconda parte della storia. Il coniglio catturato dal giovane Peter viene da lui stesso squartato nella scena successiva, ai fini, secondo lui, di una ricerca scientifica – Peter è uno studente di medicina. Il film ci fa vedere Peter che pazientemente caccia il coniglio nei prati, catturandolo con una trappola da lui elaborata. Questo schema è il sunto di ciò che succede nel secondo tempo del film.

IL VIAGGIO OSCURO DI PETER

Quello di Peter è un viaggio piuttosto oscuro dentro a un vortice di forze che il ragazzo sta cercando di capire e che non lo spaventano per davvero. O meglio: la paura e la delicatezza, rappresentate dal coniglio, sono solo alcune delle energie che scorrono nel mondo attorno a lui. Peter è al centro di ogni cosa, ed è disposto a tutto per capire come far funzionare questo mondo secondo la sua volontà.
Paura e delicatezza sono tra gli strumenti che ha a disposizione. In quel senso, è un personaggio molto più a contatto con la vera natura delle cose rispetto al cowboy Phil, che in teoria rappresenterebbe l’uomo immerso nella natura, ma in pratica rispetto a Peter è soltanto uno che vive di illusioni.

Più avanti, Peter dirà a Phil che il suo defunto padre era preoccupato per lui: aveva paura che Peter non fosse abbastanza gentile. Phil è molto sorpreso e sottovaluta l’informazione, la scarta. Ma per noi che guardiamo, basta una battuta sola, nell'economia delle informazioni di Jane Campion, per capire che dietro alla frase c'è una lunga storia conflittuale. Lo intuiamo perché Campion ha preparato il terreno con tutti i non detti del film. A questo punto comprendiamo meglio il personaggio di Peter, al di là dei facili stereotipi del ragazzo fragile.

LA DELICATEZZA COME MASCHERA

In Il potere del cane, la delicatezza di Peter è uno strumento e una maschera. Lui in realtà è affilato e pericoloso come il bisturi che usa per sezionare il coniglio. Phil è il vero sentimentale che vive in un mondo fatto di nostalgia romantica per il suo defunto mentore (e probabilmente amante) Bronco Henry.

 

Phil non riesce a vedere oltre alla maschera della delicatezza. All'inizio ne è disturbato perché la sua percezione di Peter gli tira fuori qualcosa di represso. Infatti Peter non si nasconde in nessun modo, cammina a testa alta senza occultare mai la sua paura, quando ne ha, e senza dissimulare la sua maschilità fuori canone. È tenace e resiliente molto più dello zio Phil.

Phil è attirato da Peter per lo stesso motivo che inizialmente glielo fa detestare. Quando supera il suo blocco, decide di diventare mentore del ragazzo come lo era stato Bronco Henry a suo tempo per lui. Si prefigge di aiutarlo a superare la sua mollezza, o almeno questo è l'intento dichiarato. Ma è evidente che per lui c'è un tornaconto personale che c'entra proprio con questa delicatezza di Peter che lui vorrebbe amministrare per goderne come di un privilegio privato.

MASCHILITÀ TRAMANDATE IN IL POTERE DEL CANE

Phil, nella sua visione, vuole insegnare a un ragazzo gay più giovane di lui come diventare un maschio mascolino, che possa integrarsi col gruppo dei suoi pari secondo le regole prestabilite. Si intuisce che è questa è stata anche la sua strada e persino quella del grande assente, Bronco Henry.
Infatti zio Phil dice che Bronco Henry proprio come Peter aveva imparato a cavalcare tardi, stabilendo con quel paragone l'appartenenza del suo stesso mentore al gruppo segreto del ragazzo.

 

Il discorso di Phil è che non è mai troppo tardi perché l’efebo possa trasformarsi in cowboy: ma con questa idea alla base, Phil sta già sognando escursioni nella natura col nuovo amico, una volta addestrato alle pratiche dei veri uomini.

Dopo che Peter seziona il coniglio, seguiamo la storia dal suo punto di vista, invece che da quello di Phil. Peter ha capito su cosa si basi l'interesse dello zio acquisito nei suoi confronti. Le cose tra loro due cambiano nel momento in cui lo spia nel luogo privacy di Phil, un torrente dove fa il bagno e nasconde delle riviste che possiamo definire come antenate del porno gay, che Peter trova.

L’ESPERIMENTO DI PETER

La storia che Jane Campion sta raccontando in Il potere del cane è la storia di Peter che osserva il mondo, lo studia, ne saggia i punti deboli e fa esperimenti su di essi. Non è la storia di Phil che può imparare ad amare e a essere vulnerabile. La conclusione lo dimostra: quando arriviamo in fondo capiamo che Peter ha testato Phil. Lo zio non aveva paura di lui perché lo riteneva un debole bisognoso della sua guida e della sua protezione.

L'esperimento di Peter su di lui è scientifico come lo squartamento del coniglio: lo tiene per un po' vicino a sé, ci gioca perché lo trova grazioso. Ma una volta esaurita questa fase, lo zio Phil fa proprio la stessa fine del coniglio, con un delitto perfetto che viene scambiato per un incidente della vita di campagna. Il ragazzo trova un sistema per infettarlo con una malattia delle vacche.

SIMBOLI DI SENTIMENTALISMO VIRILE

Il modo in cui lo fa è perverso, scegliendo come veicolo dell'infezione la corda che Phil stava intrecciando per lui. È facile immaginare Phil che vaneggia tra sé e sé di chissà quali simboli di amicizia virile a contatto con la natura. Invece l'urbano Peter, futuro medico chirurgo, non è davvero interessato né a lui, né a quel romantico mondo western rappresentato dalla corda con cui lo ucciderà. Peter fa parte del traffico delle automobili che stanno invadendo le praterie dello zio, ed è lì che è diretto, non tra le colline sabbiose in cui si avventura di nascosto per raccogliere campioni dagli animali morti da usare contro lo zio.

L'ultima inquadratura di Il potere del cane ci mostra il movente, già anticipato dalla frase di apertura: è la madre di Peter, che ora senza Phil ha ritrovato la tranquillità. Non beve più, è felice col marito, ha la vita che si merita.

 

Però rimane l'idea che un personaggio come Peter abbia agito soprattutto guidato dalla propria curiosità, dal vedere fin dove sia possibile spingersi nel suo esperimento sugli umani. La corda, che alla fine Peter conserva sotto al letto, non è tanto un ricordo affettuoso quanto il trofeo di un assassino. È questo il vero ricordo sentimentale per la sensibilità di Peter: la raffinatezza del suo omicidio.

LA RIELABORAZIONE DEI TROPE IN IL POTERE DEL CANE

Come studio del personaggio, è un’operazione vagamente alla Game of Thrones nel proposito di sovvertire i trope, ma forse ha più senso parlare di rielaborazione. La situazione di Peter è quella tipica del giovane in balia di una figura maschile abusante; come tipo richiama quello dell’eroina del gotico, in balia di forze estranee che la intrappolano e la dominano. Peter sfugge alla dominazione e ribalta la situazione, mostrandosi più predatorio dello zio.

Gli eventi descritti richiamano anche l’idea dell’adulto abusante che vuole disporre del parente più giovane. Il trope viene rielaborato in un modo apparentemente romantico, con la backstory sentimentale di Phil, facendolo per un attimo passare come un iniziatore romantico alla Chiamami col tuo nome. Però il personaggio non è neanche quello, ci dice Campion.

QUEER CODING OPPURE NO

Vediamo come risulta Il potere del cane nell’ottica del queer coding, cioè la pratica hollywoodiana di conferire attribuiti queer solo ai personaggi negativi. Qui in teoria ce la si potrebbe ritrovare: lo zio Phil è il persecutore della cognata e del nipote acquisito, così come poi scopriamo che Peter è un assassino a sangue freddo, potenziale serial killer.

Tutto il lavoro di ribaltamento delle aspettative sui cliché non lo rende un semplice queer coding, ma una storia che mostra le sfaccettature delle personalità dei due personaggi posti in conflitto. Nessuno dei due è interamente buono o cattivo, ciascuno ha la sua storia e i suoi motivi. La debolezza di Peter non è solo debolezza, così come l’apparente forza di Phil non è solo forza. Entrambi sono giocati contro il cliché, e allo stesso tempo individuano dei tipi in realtà molto classici.

Peter è il giovane uomo che deve mettersi alla prova, in un rito di passaggio in cui impara a tenere testa alle avversità con mezzi che sono soltanto suoi. Phil è l’uomo già formato che viene sconfitto dalla lotta contro se stesso, contro ciò che cerca di reprimere. Il potere del cane è un ottimo esempio di scrittura dei personaggi che abbraccia tutta la tradizione del cinema, riuscendo ad aggiungere un contributo personale.

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