Il lato comico del lato oscuro: perché anche il dark side ha bisogno di macchiette
Si dice che un eroe abbia bisogno di una nemesi all'altezza per eccellere, ma che dire di tutti quei cattivi che sono buffi, scemi, megalomani e un po' stupidi?
La core story del mese è interamente dedicata ai cattivi: affascinanti loschi figuri che popolano la zona dedicata agli antagonisti nelle storie più avvincenti. Psicologie intricate e appassionanti che attraggono per il loro spessore, per il lato folle che li contraddistingue, anziché per lo scopo per cui sono nati: essere il faro che illumina la strada per fare approdare il protagonista.
Lo spessore dell’eroe non si giudica infatti soltanto dal coraggio con cui affronta i nemici, quanto più dalla potenza di questi ultimi. Un espediente narrativo vecchio come il mondo, che già Giulio Cesare e chissà quanti prima di lui usarono come stratagemma per aumentare la propria forza. Nei suoi scritti, il comandante della città eterna dipinge gli avversari sconfitti come la razza più barbara possibile. Riti pagani, angherie, massacri e chi più ne ha, più ne metta. Perché se ad aver trionfato, già c’è molto onore, capite bene quanto decoro in più acquisti un condottiero che abbia sconfitto il peggiore dei nemici. Sarebbe forse Batman un super(anti)eroe così forte e potente, se ad Arkham ci avesse rinchiuso Gargamella? O forse parte del suo fascino gli deriva proprio dall’averla riempita con figuri quali il Joker, Due Facce e lo Spaventapasseri?
Così nascono i personaggi oscuri, diabolici ma razionali, che spaventano per la loro capacità di applicare il raziocinio all’essenza bestiale che li caratterizza, diventando dei personaggi a tutto tondo. Hanno spesso un passato agghiacciante e traumatico che sfocia in una morale antietica tutta loro, a volte condivisibile a tratti (il che, personalmente, è la parte peggiore). Allora abbiamo il Thanos di Infinity War, che accecato dal desiderio di salvezza si erge come giudice universale a tutela della sopravvivenza altrui. Un antagonista che si immola, che si prende il coraggio di fare la scelta disumana di cui nessun civile vorrebbe farsi carico, come se dicesse “A nessuno di voi piacerebbe fare la parte del cattivo, quindi facciamo che la faccio io. Io faccio il cattivo che stermina il 50% della popolazione, ma in cambio l’altro 50% sopravvive, e ciò basterà a rendermi felice.”
Logicamente lo sterminio di massa non può essere considerata una soluzione perseguibile, ma l’analisi di quel folle punto di vista, la ricerca smodata di una soluzione per risolvere problemi di tale portata, sono solo alcuni degli elementi che rendono il nemico quel cattivo a tutti gli effetti, che poi dà luce all’eroe. Per questo Tony, Cap e tutti gli altri Avenger sono supereroi, e come loro ciascuno che si sia imbattuto in un supercattivo.
Parlando di personaggi che si sacrificano interpretando la parte del cattivo, non posso che non citare uno dei pochi che l’ha addirittura ammesso. Nel musical di Peter Pan di Colombi, ispirato al racconto di James Matthew Barrie e farcito delle canzoni di Edoardo Bennato, il più famoso dei pirati canta proprio “E che musical sarebbe se non ci fossi io che mi son sacrificato nella parte del cattivo...?”
Proprio vero, Uncino! Senza una nemesi, non avremmo un eroe a tutto tondo. Coppia indissolubile, quindi, quella che lega i due aspetti di una stessa vicenda, e a ben pensarci è fondamentale che le due entità siano sulla stessa lunghezza d’onda. Se trascuriamo casi di bipolarismo estremo (come quello di Darth Vader, l’antagonista di Anakin Skywalker) molte altre coppie ci dimostrano quanto quella sorta di affinità elettiva, che intercorre fra i due personaggi, debba essere il più sincronizzata possibile. Perché se da una parte abbiamo nemici psicopatici che creano i supereroi dai toni dark tipici dei prodotti DC, dall’altra abbiamo una vasta gamma di cattivi imbranatissimi che vengono sconfitti da supereroi altrettanto impacciati.
Tempo fa ero appassionata di un cartone animato Disney: Phineas e Ferb. Narra la storia di due fratelli eclettici e altamente creativi, che per non sprecare nemmeno un attimo delle vacanze estive si inventano ogni giorno qualcosa di stratosferico (costruire montagne russe gigantesche, andare nello spazio, diventare esploratori e quant’altro), il tutto senza mai farsi scoprire dai genitori. Di loro però ci interessa poco (mi stavano pure un po’ antipatici a dire il vero); l’unico motivo per cui quel programma mi attraeva tanto, era l’ animale domestico: Perry! L’ornitorinco.
Perry l’ornitorinco, oltre a essere un gorgogliante ornitorinco, è anche un agente segreto del calibro di Paperinik ma con più carisma e gadget. Il suo acerrimo nemico è il Dottor Doofenshmirtz, il re del male, il quale ogni giorno architetta un diabolico piano per radere al suolo la città (o combinare qualcosa di ugualmente terribile).
Prima che Sio rendesse mainstream il nonsense, c’era la coppia Perry-Doof: in ogni episodio accadeva qualcosa di completamente ridicolo e assurdo ma, proprio per questo, simpaticamente divertente (e poi l’ornitorinco è un animale che è già simpatico di suo, sarebbe stato impossibile il contrario).
In una puntata in particolare il Dottor Doofenshmirtz viene ostacolato da Peter il Panda, un altro agente segreto capitato lì per caso. Nel momento in cui Perry viene a conoscenza di essere stato sostituito, ecco che parte il momento di disagio: quel folle, schizofrenico, delirante del dottore inizia una canzone dedicata alla sua nemesi, Perry, chiedendogli scusa per averlo tradito con un altro eroe. Perché di fatto, se ad affrontare il Dottor Doofenshmirtz non fosse stato un ornitorinco ma, che ne so, Batman, l’intera vicenda non avrebbe avuto ragione di esistere.
https://www.youtube.com/watch?v=8g-wG6FWQDo
Lo stesso discorso vale per le Superchicche: tre amabili sorelline nate per caso dall’unione di zucchero, cannella, ogni cosa bella e una goccia del misterioso Chemical X, un agente chimico potentissimo dalla cui interazione sono scaturite Dolly, Lolly e Molly. Le tre fanciulline, oltre a condurre una vita tranquilla come tutte le bimbttee della loro età, difendono dal male la città di Townsville. Di nemici da affrontare ce ne sono proprio tanti, ciascuno con un carattere diverso, così come diversi sono quelli delle tre eroine: Dolly, dolce e affettuosa, adora il rosa e i coniglietti; Lolly, folta chioma rossa ha il piglio da leader nata; Molly, amante delle lucertole e del fango, viene alle mani per difendere i suoi cari.
Analogamente il discorso vale per i cattivi, ciascuno a modo suo, fra i quali ricordiamo i due più famosi: Lui e Mojo Jojo. Il primo mi inquieta ancora adesso per il fare che aveva: voce seducente, aspetto da demone androgeno, chele al posto delle mani, aura di terrore e mancanza di un nome. L’altro, invece, è uno dei miei supercattivi preferiti.
Mojo Jojo incarna l’essenza del cattivo stupido: lui, così come il Dottor Draken di Kim Possible o il Capitano Qwark di Ratchet e Clank, sono i classici antagonisti che vorrebbero distruggere il mondo (o conquistarlo, dipende dalla puntata) col solo scopo di infastidire l’eroe. Sono quel compagno di banco molesto che ti importunava a scuola, solo per il gusto di farlo.
Ed è proprio grazie a loro se ci sono tanti super eroi buffi, perché se avessero tutti il carisma del Cavaliere Oscuro, probabilmente il mondo sarebbe un posto più sicuro ma anche dannatamente più noioso. Perciò grazie Gambadilegno per sconvolgere la vita di Topolino, grazie Team Rocket per aver spronato Ash a essere un allentaore migliore, grazie Banda Bassotti e Amelia per mantenere vivo e arzillo lo Zione; grazie Tom, Silvestro e Willy il coyote, che tenete vigili quei tre animaletti sfuggenti ma soprattutto grazie a te, compagno di scuola molesto, che mi hai insegnato a scegliere accuratamente quale posto prendere in aula.
Questo articolo fa parte delle Core Story di N3rdcore di Settembre