House of X - rivoluzione mutante
Dopo anni di gestione travagliata, gli X-Men tornano con House of X e Power of X, sarà un nuovo splendore o i fan dei mutanti dovranno aspettare ancora?
Tra tutte le testate della Marvel il mio affetto incondizionato va sicuramente agli X-Men.
Se una fascinazione giovanile la si doveva ad una mera questione i imprinting con il cartone animato anni ’90, il resto è venuto con la maturità.
E, caso completamente fortuito, con gli anni invece di allontanarmi dal gruppo, m ci sono avvicinato di più.
Da bambino subodori qualcosa al quale non riesci a dare una forma specifica ma che contiene in se tutti gli elementi di interesse che rimangono nella vita di adulto.
Con ciò, la mia sfegatata passione per gli Uomini X è proverbiale.
A tutti gli effetti prototipo del fumetto moderno già negli anni ’70 grazie alla scrittura illuminata di Chris Claremont, di cui i primi albi ancora godibilissimi adesso, X-Chris inizia a metterci penna dopo lo storico Giant Size X-Men 1, uno dei primi casi di “numero uno di un nuovo corso” dopo che la testata versava in condizione pietose di abbandono.
Fu una rivoluzione vera e propria, in primis nella formazione che inizia ad assumere i connotati del team più famoso con l’aggiunta di personaggi iconici come Wolverine, Tempesta e Colosso, ma anche nelle tematiche e nella narrazione.
I Ragazzi di Xavier escono da un periodo di infanzia dorata e incontrano il dolore, il lutto sarà un loro compagno costante già dalla seconda storia del nuovo corso, con la morte di Thunderbird, ben prima che George Martin facesse diventare la morte di un personaggio un meme.
Non solo, Claremont iniziò un progressivo lavoro per serrare la narrazione tra un episodio e l’altro inserendo elementi di continuity, veri e propri ganci narrativi di quello che sarebbe accaduto nelle storie a seguire e non solo furbi cliffangher, ma veri e propri misteri, elementi tenuti in sospeso per anni, che poi culminano in situazioni ad alto tasso di coinvolgimento emozionale.
Iniziando ad associare un elemento “procedurale” ad una narrazione più ad ampio respiro, Claremont è una delle pietre angolari del fumetto mondiale. Nessuno dopo di lui è riuscito a coordinare un cast di personaggi e di trame allo stesso modo, con forse l’eccezione più notevole per la run di Grant Morrison.
Stacco.
Salto temporale: recentemente i mutanti hanno vissuto un lungo periodo buio, ordini di scuderia gli hanno imposto un “blocco” creativo su nuovi personaggi, a livello di storia sono costantemente sull’orlo dell’estinzione, prima per l’evento No More Mutants, poi per la Bomba Terrigena sganciata dagli Inumani.
È facile vedere un certo parallelismo tra gli accadimenti aziendali e ciò che accade nei fumetti.
Wolverine muore al cinema e muore anche nei fumetti.
La Marvel per un momento fu tentata dal “rimpiazzare” i mutanti con gli Inumani, un sacco di scrittori si focalizzarono su Freccia Nera e sulla famiglia reale, alcuni personaggi ritenuti mutanti si scoprono essere inumani e viene alla luce che, appunto, le nebbie terrigene che risvegliano i poteri agli inumani sono tossiche per i mutanti.
Viene annunciato un film dedicato a Freccia Nera e soci, successivamente si opta per una serie televisiva.
La serie degli Inumani va male, molto male, a livello di imbarazzo empatico, una carnevalata che a confronto Agents of Shield è Lynch.
Ed è di nuovo Inumani contro X-Men in una miniserie a fumetti apposita per risolvere il conflitto tra le due razze super umane terrestri, chiaramente c’è aria per un cambio di rotta.
Nuove serie dedicate: Blu, Oro, Rosso, come negli anni 90 quando il team era frammentato in squadre, ma si viaggia ancora molto al di sotto dei radar, illustri resurrezioni come quelle di Jean Grey, Wolverine e dello stesso Charles Xavier non smuovono l’interesse del pubblico. Affidare le testate a gente come Guggenheim e Bunn sicuramente non ha contribuito.
Poi è la Marvel a tirare una Bomba.
Dal momento che l'accordo con Fox è stato concluso e la Disney è diventata proprietaria del 70% dell'immaginario collettivo si può finalmente trattare i Mutanti di nuovo con dignità, possono avere di nuovo storie fighe, possono essere creati nuovi personaggi.
La dignità ha il nome di Jonathan Hickman, che ha scritto tipo la run più interessante dei Fantastici Quattro dai tempi di Byrne, ha rivoluzionato gli Avengers e, in un colpo solo, ha dato un senso al nome Guerre Segrete e riplasmato quasi da zero l'universo Marvel.
In soldoni, è un nome caldo, uno di quelli che hanno carta bianca e possono fare quello che vogliono, se i lettori si incazzano tanto meglio. E in effetti con House of X la poggia pianissimo.
Con un colpo di mano degno di un prestigiatore, il redivivo Charles Xavier ha radicalmente trasformato lo status quo dei mutanti.
Krakoa, l'isola-mutante di Giant-Size X-Men 1, è diventata il Vaticano dei Mutanti. Non quello di adesso ma quello belligerante dei bei tempi di una volta. Uno stato interconnesso a tutte le sue "ambasciate" in giro per il mondo (Habitat) e che può essere raggiunto da qualunque mutante sulla terra attraverso dei varchi (Gateway).
Ma a fare veramente la differenza sul piano dello scacchiere economico mondiale è la sua esportazione di un farmaco miracoloso con le capacità di migliorare drasticamente il tenore di vita dell’umanità e questo verrà distribuito solo a patto che i governi mondiali riconoscano la sovranità dei mutanti su Krakoa.
Sicuramente più fantapolitica che fantascienza, la miniserie narra gli avvenimenti dal momento in cui Krakoa viene dichiarata nazione indipendente.
La serie è caratterizzata da un ritmo abbastanza compassato, non è adrenalinico se non in un momento specifico puramente action, vediamo la nascente nazione mutante confrontarsi con i primi avversari, stringere alleanze, e iniziare a funzionare come un vero stato dove i mutanti di tutte le fazioni superano le loro divergenze perchè lo scopo più grande, prefisso da loro è ormai a portata di mano.
Ma non c’è storia senza una controstoria, ed è qui che inizia Powers of X, la "seconda parte" dell'ambiziosa rinascita mutante a opera di Hickman.
Ora, mentre House of X si occupava di raccontare un ben preciso "mondo contemporaneo" dove i mutanti occupano una posizione di rilievo, questa Powers of X analizza invece le conseguenze di quel mondo e i retroscena di questo “presente”.
Hickman moltiplica in 4 i piani temporali nei quali si svolge l’azione, periodi temporali ben definiti, giocando con essi come già ben faceva la prima stagione di Westworld.
Il risultato è una narrazione volutamente spiazzante, inizialmente fastidiosa ma che, nel momento in cui si compie si manifesta come estremamente appagante.
Le vicende narrate non sono fruibili indipendentemente da HoX, ne sono anzi estremamente connesse, nei diversi piani temporali esplorati si affacciano le motivazioni o le conseguenze degli avvenimenti di HoX. Si manifesta il nemico ultimo della razza mutante, la costante minaccia dell’estinzione e come alcuni stratagemmi e decisioni vengono prese dai protagonisti.
Tutto ruota intorno ad un personaggio classico che si rivela insospettabilmente essere un mutante e che farà ogni cosa possibile per scongiurare l’estinzione attraverso il suo peculiare potere. Una vera e propria eminenza grigia.Attraverso il manifestarsi del suo potere aumenta la nostra consapevolezza sul mondo che stiamo riscoprendo, diamo senso allo spaesamento che proviamo nel vedere i comportamenti dei nostri personaggi.
La narrazione di entrambe le miniserie è correlata di “files” di testo, schede che approfondiscono le questioni mostrate e raccontate, una mole di documenti che approfondiscono il racconto in un modo che la semplice vignetta non potrebbe fare. Un po’ una miniera di “spiegoni” da un lato ma anche uno sguardo approfondito sulla lore di questo mondo che tutto sembra fuorché quello Marvel al quale siamo abituati.
Fanalino di coda di questa doppia miniserie è sicuramente il disegno che non mi viene altro modo per definirlo se non “asettico”, non ha nessun guizzo emozionale, i personaggi sono rigidi e completamente privi di trasporto emotivo.
Il disegno è sempre nitido, molto pulito, chiaro, formalmente corretto, eppure non coinvolgente.
I personaggi sono ben sintetizzati, alcuni paesaggi hanno un bel colpo d’occhio, specialmente quando riconosciamo le figure che si muovono al loro interno, ma è come se tutto ci arrivasse da una distanza siderale.
Siamo di fronte ad una profonda e radicale riscrittura della mitologia mutante, nulla è come appare, o come siamo stati abituati a vederlo. Gli stessi personaggi che ci appaiono familiari in realtà non lo sono ed agiscono solo parzialmente come tali.
Il tempo “presente” che è raccontato non è detto che sia la somma del passato che conosciamo, e tutto è un eccitante imprevisto, una sotterranea opera di retcon.
Con queste miniserie inizia Dawn of X, l’Anno 0 di un nuovo corso per gli X-Men e tutto il microcosmo mutante, le cui vicende si dipanano su tutte le X-testate della Marvel orchestrate da Hickman nel ruolo di Demiurgo.
Questo articolo fa parte delle Core Story dedicata al post-Lucca Comics