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Dylan Dog: back to the basic (aggiornamenti dalla meteora)

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Cronache dal Ciclo delle Meteora aggiornate all’ultimo numero in edicola, Il Primordio, dedicato a chi è in pari con la serie. Spoiler alert.

Disclaimer: se non siete in pari con gli albi Dyland Dog e avete paura che gli spoiler vi rovinino la sorpresa, è sconsigliato che proseguiate nella lettura. Ma se siete dei resistenti spoiler-proof guys, andiamo a incominciare!

 

La meteora british

Se qualcuno avesse voglia di leggere un’ottima analisi del numero di Dylan Dog attualmente in edicola dovrà andare sul sito di uno dei redattori di questa rivista, Lorenzo Barberis, per leggere le sue <<solite due righe>>, come le chiama lui. Le solite due righe del Bàrberist sono sempre analisi esaustive sul contenuto sedimentato delle storie dylaniate; o approfondimenti sui vari livelli esoterici dei simboli; o collegamenti tra fumetto e letteratura. In media Barberis rinuncia sempre alle analisi - per così dire - cursorie dei fumetti popolari – “No, guarda, se non ci sono lì” - che escono in edicola.

È invece importante per il dibattito culturale all’interno della critica sui fumetti accompagnare l’uscita degli albi con delle riflessioni che possano fare da supporto alla lettura. Soprattutto se questi fumetti sono o sono stati parte integrante della cultura popolare di un paese.  Soprattutto è importante farlo durante o dopo l’uscita del fumetto, non prima.  Di fatti, prima di arrivare in edicola, nessuno – tra il grande pubblico - l’ha ancora letto, al massimo si può aver sbirciato la copertina e sfogliato una manciata di pagine delle preview online. Barberis ha inoltre quell’assenza di pesanteur che gli permette di parlare di cultura scolastica, accademica, esoterica e cultura popolare aldilà degli apocalittici e aldilà degli integrati.

Qui, invece, non si farà un’analisi tanto pedissequa e rispettosa di standard semiotici o esoterici. Però cercheremo assieme di prendere qualche nota sul nuovo corso di Dylan durante il Ciclo della Meteora. Uno degli albi del Ciclo è infatti il numero attualmente in edicola a cui si è fatto riferimento prima: è il 392 e si chiama Il Primordio, scritto da Paola Barbato in collaborazione con il curatore della serie Roberto Recchioni e disegnato da Paolo Martinello. È un numero importante perché riannoda dei fili e tesse nuove trame, semina altri indizi ma chiude altrettanti cerchi, è il sesto albo del ciclo.

 

Copertina lenticolare ad opera di Giuseppe Camuncoli per il numero "Che regni il caos!".

Ma prima di arrivarci dobbiamo passare per il numero inaugurale di questo arco narrativo, che dovrebbe portare il personaggio <<al più forte ritorno alle origini che si sia mai visto>>. Che regni il caos! è uscito sei mesi fa. Recchioni ne ha scritto la sceneggiatura e Leomacs e Nizzoli l’hanno disegnato: il livello e lo stile del disegno realistico di questi due artisti è altissimo, la scrittura – invece - è celebrativa. Recchioni ha scelto questo modello, la celebrazione del personaggio, per mettere in crisi l’universo narrativo e lasciare che Dylan cada nell’abisso, affinché egli perda i punti fissi della sua esistenza finzionale.  Non è forse un ossimoro? Come può un personaggio essere celebrato e allo stesso tempo messo in crisi in ogni sua mossa? 

British, ancora british

James Bond, il Dottore, Sherlock Holmes, Robin Hood. Semplice, attraverso quel classico british-aplomb che ha sempre caratterizzato un certo tipo di eroi. Dopotutto Dylan Dog vive in una misteriosa casa in Craven Road 7, Londra, Regno Unito, giusto? La scrittura dell’albo, infatti, somiglia molto per toni e intenzioni alla scrittura dello Sherlock televisivo della BBC, a firma Moffat e Gatiss. Il protagonista (che non è mai un eroe a pieno titolo ma prova a fare ciò che è giusto) perde i suoi appigli, i comprimari fanno di tutto per aiutarlo nell’impresa, alcuni di loro si riveleranno – dopo lungo tempo – per quello che sono davvero e altri estrarranno dal cilindro talenti segreti.

E segreti sono anche i luoghi-labirinto che il protagonista e il lettore credevano di conoscere come il palmo della propria mano. Il protagonista sarà anche riluttante ma rimarrà la chiave per risolvere il problema finale, perché solo egli conoscerà, al fondo, gli arcana imperii. E quindi verrà convocato. E far ridere, far ridere è una cosa molto importante e molto seria. E no, non è mai Groucho a far ridere: Groucho ha sempre fatto paura. Vi siete chiesti perché durante la celebrazione per i trent’anni di Dylan Dog, la raccolta di volumetti dedicata a Groucho sia stata chiamata proprio Grouchomicon?

 

L’immagine che può rappresentare al meglio l’arrivo della meteora è la copertina olografica disegnata da Giuseppe Camuncoli per l’edizione variant di Che regni il caos! presentata in anteprima al Lucca Comics and Games dello scorso anno. Sulla copertina si vede Dylan in posizione eretta, mentre guarda dritto negli occhi il lettore. Dietro di lui c’è la meteora che sta arrivando. Se si inclina la copertina si vede Dylan che brucia e che si sgretola, piano piano. Ma se si inclina di nuovo la copertina, Dylan è sempre lo stesso, originario: giacca nera, camicia rossa, volto uguale. Occhi azzurri o occhi marroni poco importa, in questa copertina ce li ha azzurri. Il figlio più problematico della Sergio Bonelli Editore rimane fedele all’incubo che si è scelto.  La copertina rappresenta la crisi perenne in cui viene coinvolto il personaggio, quando le cose non gli filano troppo lisce, quando qualcuno soffre o è in dubbio, quando Dylan Dog smette di essere monolitico e diventa un personaggio ipotetico. 

Quando si mette mano alla genesi del mito, si mette in scena il mito stesso. Se ne parla all’interno della storia, si ripercorrono trame, si perfezionano e si cerca in generale di far tornare i conti. Così sta funzionando per Dylan Dog. La sua vita si sta infatti riempiendo di insidie dopo l’arrivo di John Ghost, il genio della finanza convinto di poter salvare il mondo dall’imminente distruzione (la meteora, it’s coming!). Se ci riuscirà non lo sappiamo ancora ma possiamo intuire che tutti i suoi tentativi di cambiare la vita di Dylan, servano a questo scopo e ad altri che ci sono ancora oscuri. Ma come lo sta cambiando? Dando lo smartphone a Groucho, demolendo e costruendo sopra i luoghi del suo passato? Facendo diventare il personaggio un’icona, un modello di riferimento all’interno del suo stesso universo? <<Keep calm and be Dylan Dog>>, dice il poster nello studio di Ghost. Tutte queste cose messe insieme. Più qualcos’altro, di più sottile. John Ghost riesce a far dire a Dylan che i mostri non siamo più noi. << […] i veri mostri siete voi!>>, dice a tavola 81, vignette 3/4/5/6.

 

Copertina de "Il primordio" ad opera del copertinista della serie regolare Gigi Cavenago.

È un cambiamento intimo e profondo, non tanto per il tipo di storie in cui Dylan capita, ma per la psicologia di Dylan stesso: in questo modo  la scrittura fa cambiare l’opinione che ha Dylan degli esseri umani e dei non umani . Fa cambiare il rapporto che ha con sé stesso. E per quanto riguarda il rapporto con le donne è ormai imprescindibile un altro importantissimo numero, Il cuore degli uomini. Queste alterazioni del personaggio sono una risposta evidente al lettore malizioso che potrebbe pensare subito all’illusione del cambiamento, a una rivista-gattopardo: in realtà complicare la vita a Dylan Dog è il solo obiettivo di questo nuovo corso, così si rende più attraente il personaggio e le storie in cui finisce, così si mettono alla prova gli sceneggiatori e i disegnatori che devono avere a che fare con l’Amleto del fumetto italiano.

Il Primordio e l'incubo del cambiamento

8 alla meteora! dice lo strillone che incombe sul logo della rivista in edicola, il logo che mano a mano di sgretola andando avanti con l’arco narrativo. In questo albo si svela qualche dettaglio in più sulla natura cosmic-horror della saga dylaniata. Se c’erano già stati dei tentativi di introdurre il mito lovecraftiano, come nell’albo La fine dell’oscurità, ne Il Primordio la cosa diventa strutturale: i primi esseri, progenie divina e abominevole – che governa il mondo da milioni di anni – hanno intenzione fuggire dalla Terra (o dall’universo?) prima che la meteora impatti ad Ayers Rock. Per farlo gli si servono di sei manufatti già presenti sul pianeta dall’alba dei tempi, i quali passano di custode in custode con l’andare avanti dei secoli.

I manufatti si dovranno riunire in un luogo preciso per aprire un portale che permetterà agli esseri primordiali di scappare. Uno di questo manufatti viene spedito in Craven Road 7: Dylan viene selezionato in quanto archetipo dell’angelo custode, alludendo al fatto che agli altri cinque custodi corrispondano altrettanti archetipi. Craven Road 7, inoltre, diventa ancora importante nel mito del personaggio, in quanto  si scoprirà che la casa di Dylan (comprata da Ghost tempo fa) è in realtà un tesseract . I manufatti – se azionati – mostrano le pieghe della realtà e gli equilibri che la governano, permettono ai custodi di modificarla e aggiustarla, se necessario, oppure di creare inconsapevolmente dei portali multidimensionali.

 

Copertina del primo numero di David Murphy 911 ad opera di Gabriele Dell'Otto.

Oltre al classico tessuto metanarrativo che accompagna le storie dylaniate, è interessante vedere come l’arrivo della meteora sia qualcosa di più grande di quanto sia stato inizialmente annunciato.  Se la domanda iniziale che fa da motivo conduttore della saga è “Cosa succede agli esseri umani quando sanno che la fine è imminente?”, è ancora più interessante vedere come il what if venga esteso anche agli altri esseri, quelli che anche “in strani eoni” potrebbero morire. E che intanto hanno paura della fine .

John Ghost, che ordisce trame e nasconde oscuri segreti, è l’unico a non scappare, anche se ne avrebbe la possibilità e le capacità, conoscendo ormai il personaggio. Come mai? Perché è convinto di riuscire a mettere a posto le cose e userà Dylan come tramite tra lui e la realtà circostante, che aspira a dominare. La natura di Dylan come catalizzatore di eventi epocali è sempre più esplicita: in questo caso non sono d’accordo con la metafora cristologica individuata da Barberis. Credo che Dylan – invece – sia più simile, in questi contesti celebrativi, al David Murphy di Recchioni stesso, ovvero a quel tipo di eroe tipicamente action che “vive in tempi interessanti”, secondo quell’antica maledizione cinese che ormai tutti conoscete. Anche se dietro ci sono le macchinazioni di Ghost, i risvolti delle trame generano caos e al caos non si mettono le briglie: Ghost è solo l'innesco. Un po’ di contaminazione da blockbuster americano in un ambiente molto più che british.

 

Dylan Dog - Immagine in evidenza

Dylan Dog numero 1, "L'alba dei morti viventi".
Back to the basic, no?

 

La casa, la natura misteriosa di Groucho, Dylan stesso: la meteora sta compattando il nucleo del mito intorno a Dylan Dog, lasciandosi indietro ciò che lo ingabbiava e cristallizzava: il nucleo, i punti fissi di Dylan diventano sempre più importanti per il personaggio e per lo sviluppo della trama orizzontale, anche se sembra che tutto stia piano piano collassando su se stesso, come d'altronde la Terra, così come tutto l'universo narrativo. È forse questo il segreto del rilancio e del nuovo corso della rivista: "less is more" - con meno zavorre - anche se di mezzo c'è un cataclisma di dimensioni globali, la semplicità del mito del personaggio diventa così inversamente proporzionale alla dimensione del disastro globale/meta-narrativo. Well played. 

Come ci sono arrivati? Attraverso quella che in SBE hanno chiamato “blanda continuity”. E il problema maggiore di questo ciclo dylaniato è proprio la continuity poco serrata. Si è preferito un approccio volto alla disseminazione di indizi, qua e là nel nuovo corso, e nella creazione di albi particolarmente significativi, rispetto ad altre storie più canoniche. In questo ambiente narrativo le storie significative e di transizione come Il Primordio sembrano collegarsi direttamente l’una con l’altra, anche se è necessario leggere anche gli altri albi per avere un quadro completo. Una sorta di approccio misto al ribaltamento di status quo del personaggio. Uno status quo con cui i lettori avranno presto a che fare.

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