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Di soldi e Soldini

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La Mulino Bianco ha rispolverato il Soldino, la merendina iconica degli anni '80. Quale modo migliore per analizzare l'effetto nostalgia?

Per lungo tempo su queste pagine e sul nostro canale viola ci siamo soffermati su quanto la nostalgia sia un facile gancio emotivo col quale tirare dentro una fetta di pubblico bella sostanziosa per diverse ragioni.
Vuoi che sia per la reiterazione di un grosso marchio che si è protratto nel tempo, vuoi per un attestato valore iconografico che sopravvive alle generazione e può essere facilmente rispolverato iniettando una sana dose di botox ricostituente tra le sue membra flaccide.

Insomma, niente di nuovo, del resto, la nostalgia, la saudade, è sempre esistita, come sindrome dell’epoca d’oro o come rielaborazione in età matura di un periodo storico dove viene collocata l’infanzia, la ri-narrazione del passato è uno dei grandi topos della narrativa moderna e contemporanea, da Uno Yankee alla Corte di Re Artù a Ritorno al futuro, tirandoci in mezzo i vari Midnight in Paris, American Graffiti, It, Peggy Sue si è sposata ecc ecc.

Quindi perché convocare i poteri dell’editoriale per affrontare di nuovo un tema così spolpato in lungo e in largo?

Perché la riflessione oggi è diversa, perché oggi è possibile acquistare di nuovo il Soldino Mulino Bianco in confezione metallica premium deluxe e, adesso che un certo tipo di nostalgia ha invaso anche il settore alimentare, è diventato lampate che qualcosa sta sfuggendo di mano.

In principio fu il Winner Taco, per citare uno dei feticci contemporanei da bancone frigo, un caso eclatante a cui seguirono anche diverse polemiche perché il ricordo del gelato scartocciato e morso nei pomeriggi estivi degli anni 90 non rispondeva alle sensazioni della sua riedizione contemporanea.

Ma ancora quello era un prezzo che si poteva definire popolare, per quanto l’inflazione si è abbattuta sul costo dei gelati Algida un 10 centesimi alla volta nel corso degli anni.

Il Soldino Mulino Bianco in steelbox deluxe numerate che guarda, ti cura anche il cancro la moneta di cioccolato in cima alla tortina, indica una direzione ben precisa nel marketing alimentare Mulino Bianco e del business della nostalgia tutto.

Mulino Bianco che passa da mito borghese a prodotto elitarista, adesso che il borghese si rifugia sotto l’etichetta bio e rifiuta l’olio di palma come il diavolo l’acqua santa in chiesa, per ripulirsi da una colpa inesistente la propria coscienza sociale.
La Mulino Bianco no, per quanto comunque si sia ripulita, e l’assoluta omogeneità di sapori tra i suoi biscotti ne è un indice.
Il mulino perde la sua identità di edificio agricolo per diventare un concetto che investe e nobilita tutte le famiglie che vengono toccate dalla grazia dei loro prodotti.

Non è una colazione, non è una merenda, è uno status symbol, è un bene posizionale.

Complici le milioni di pagine “noi degli anni 90” e “che ne sanno i 2000” che popolano il newsfeed boomer e che macinano like sfruttando proprio quel ridicolo gancio emotivo impresso nella nostra mente di bambini-consumatori a suon di spot che intervallavano i cartoni animati pomeridiani, associandosi quindi alle emozioni forti come può essere, che so? Il finale de Il mistero della pietra azzurra, la subdola pubblicità di un pacco di biscotti che così diventa per trasfert oggetto del desiderio.

Ogni like diventa un gettone nella grande indagine di mercato che sono i social network, ogni visualizzazione di spot d’epoca su youtube diventa tendenza di mercato e quando, all’apice delle 10 milioni di visualizzazioni dello spot del soldino, che se non lo hai mai mangiato la tua lingua è come se avesse solo toccato il fiele per trent'anni, la Mulino Bianco decide di far tornare tra gli scaffali del supermercato uno dei più desueti e stucchevoli dolcetti mai messi in commercio, che a confronto quel cazzo di Trancino era una passeggiata di salute per diabetici.

Non solo, incrociando i dati emerge un chiaro bacino di utenza.
A chi lo vendiamo questo nuovo vecchio prodotto? Chi è che pigia compulsivamente like sotto i post di “noi degli anni 70-80-90 che guarda il nuovo millennio è una merda senza valori”? Adulti, professionisti che magari pagano la rata di un GS, che spendono sovrapprezzo per una acquisto compulsivo perché devono tenere un costoso orpello in salotto tra il divano e una brutta veduta del golfo di Napoli, e quindi con una consapevole e considerevole capacità d’acquisto.

Nei loro carrelli metteranno la preziosa pietanza in un momento che diventerà unico e indimenticabile per tutto il resto della loro vita, perché in quella preziosa confezione metallica numerata in edizione limitata non solo ci troveranno otto stucchevoli merendine, ma troveranno un intenso attimo di pura felicità!

E che prezzo vogliono lor signori dare alla felicità? 24€.
E CHE VUOI CHE SIA?!

Dimmi come fare a non prenderla come una minaccia.

La nostalgia è diventato un bene di lusso, o meglio, lo è sempre stato e glielo abbiamo permesso noi, in ogni campo del commercio umano del superfluo.

Nei videogiochi Nintendo ha aperto la strada, piazzando le stesse ROM scaricate dai siti che faceva chiudere a botte di avvocati e cause milionarie in un pezzotto di plastica che riproduce le fattezze delle vecchie console, ad un prezzo tutto sommato razionale (adesso potete rivenderle online a tre volte tanto), per poi passare a far pagare a prezzo pieno “remastered” di vecchi giochi che su retroarch girerebbero uguali.
Non che la pratica delle remastered sia solo di esclusiva proprietà di Nintendo, ma almeno gli altri hanno il decoro di mettere i saldi, ogni tanto.

La stessa editoria del fumetto italiana è entrata in una spirale di confortevoli retro pubblicazioni.
Che fretta può avere a voler pubblicare nuovi manga in formato “economico” quando è così facile vendere a prezzo maggiorato in edizioni di lusso quelli di trenta anni fa? Del resto chi è che li compra se non lo stesso bambino che 30 anni fa faticava a mettere insieme i soldi per acquistarlo a botte di paghette, compleanni e lavoretti, e che adesso guarda la sua collezione maxi deluxe con sovracoperta numerata a mano comodamente seduto dal divano di pelle frau in salotto?

E che senso ha cercare nuovi lettori di fumetti tenendo gli spillati di 22pg ad un prezzo concorrenziale quando il tuo core business sono diventate le titaniche edizioni da collezioni di vecchie (quando non vecchissime) storie che viaggiano tra le 800 e le 1200pg, bellissime da tenere in mostra ma un incubo da tenere in mano per leggerle?

Dici nostalgia, dici lusso.

Che poi, quando nella calza della befana usciva il sacchetto di monete di cioccolato le lasciavo sempre per ultime perché sapevano di poco.

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