Yellowjackets - It’s only teenage Waspland…
Recensione della serie televisiva Yellowjackets tra ottimo cast, personaggi ben strutturati e l'inevitabile attesa per la prossima stagione.
Una liceale squadra femminile di calcio (non a caso uno sport da sempre sbeffeggiato dal maschio americano medio) a causa di un incidente aereo si ritrova sperduta nei boschi del Canada. Cosa potrebbe mai andare storto direste voi ironicamente? Beh, niente di quello che vi aspettate.
Perché è questo uno dei maggiori punti di forza di questa serie scritta e ideata da Ashley Lile e Bart Nickerson (non a caso marito e moglie). Tutto sembra già banalmente scritto e prevedibile. E invece…
A cominciare dalla premessa stessa del racconto, che trae spunto dalle storie truculentemente vere della spedizione Donner, del disastro aereo sulle Ande e ovviamente dal capolavoro di William Golding “Il signore delle Mosche”. Ci immaginiamo già regressione selvaggia, mentalità da branco (nonostante qualcuno abbia detto che le donne non potrebbero mai regredire allo stato tribale) e l’immancabile cannibalismo. Cose che forse sono avvenute, o forse no.
Sappiamo solo che dei quasi 20 sopravvissuti all’incidente solo cinque quattro sono tornati a casa. E che nessuna di loro ama parlare di come siano sopravvissute. Il resto del mondo invece è morbosamente attratto dallo scoprire la verità.
Svelare altro della trama sarebbe inutile e persino ingiusto nel confronti dell’ottima sceneggiatura e della solida regia degli episodi (affidati sia a grandissime artiste come Karyn “Jennifer’s Body” Kusama che a veterani del genere come Eduardo “Blair witch project” Sànchez).
Sappiate solo che ci metterete pochissimo ad empatizzare con ognuna delle protagoniste, a prescindere dalle cose che faranno per tutta la serie. Ogni volta che cerchi di inquadrare una di essere come villain, come cattiva, come scorretta, ci si ritrova invece sempre di più dalla loro parte.
Merito anche delle interpretazioni fuori scala di Juliette Lewis, Melanie Linskey, Christina Ricci e Tawny Cypress (ma anche delle loro rispettive controparti “giovani”), come pure della precisa descrizione di un mondo femminile in età adolescenziale visto davvero come una giungla survivalista dove regna una gerarchia e una corsa al potere da far invidia ad una corte medioevale.
Aggiungo solo che oltre all’ottima rappresentazione di quel mondo abbiamo anche una delle migliori descrizioni della controparte maschile, non rinchiusa del binomio Bullo-Loser (vedi tutto il tema dell’ansia da prestazione da prima volta, anch’essa un vero incubo teenager di cui non si parla molto).
Ed infine. Forse. Speriamo, la definitiva archiviazione dei “favolosi anni ‘80”. La golden age della serie è infatti il ’96, popolato da teenager (i miei coetanei) perennemente depressi ed incazzati come la musica che ascoltavano (l’intera colonna sonora sembra davvero uscita da una musicassetta compilation di quelle che ci si scambiava come un dono prezioso). Quasi fossimo tutti come la Lottie della serie, sapevamo in anticipo l’inferno post 11 settembre che ci aspettava da adulti.
Resta da vedere come si evolverà la trama, per adesso ancora, flebilmente ancorata ad una forte ambiguità sulla svolta paranormale (o non) che dovrà prendere. Aspettando la season 2 già confermata.
Proprio come la vespa comune (che negli Stati Uniti è chiamata genericamente yellowjacket) questa serie punge quando meno te l’aspetti, anche se non provocata. Di certo una delle cose migliori viste quest’anno quindi per quanto mi riguarda imperdibile.
La serie è stata trasmessa in Italia sulle reti del circuito Sky ed è disponibile in streaming sulla piattaforma NowTv.