The Last of Us - recap episodio 6
La famiglia, i suoi legami, le bugie, le verità e i confronti sono al centro di un episodio forse più calmo, ma non meno intenso.
The Last of Us funziona come il nostro respiro, compressione e decompressione, fiato trattenuto e respironi, contrazione e rilascio. Anche uno show come questo ha bisogno di qualche momento in cui fermarsi di fronte al fuoco e guardare le stelle. E visto che si chiama "Kin", palesemente il tema centrale sarà la famiglia.
E quindi dopo il tremendo finale del quinto episodio il sesto ci offre un raro momento ironico grazie a una tranquilla coppia di nativi americani che smontano tutte le mosse da duro di Joel con la serenità di una roccia che era là prima di te e che ci sarà anche dopo.
Come è già successo, l’occasione è ghiotta anche per innaffiare e far crescere ulteriormente la relazione tra Ellie e Joel spostando in maniera percettibile l’asse di forza tra i due. Un dolore al petto, un sonno che arriva troppo presto per lui, con lei pronta a sostituirlo, non senza mostrare una nota di orgoglio, in un carattere che resta spigoloso e cresciuto senza una vera educazione sentimentale.
Il termometro della loro relazione e del carattere di Ellie per me risiede in lei che, di fronte al suo attacco di panico (ma sarà solo quello?) gli chiede con aria un po’ scocciata “oh non starai mica morendo? Io ho bisogno di te”. Affetto e ruvidezza fusi assieme.
Un affetto, ma anche un bisogno di contare qualcosa, che si avverte perfettamente nel momento in cui Joel ritrova suo fratello e lei abbassa lo sguardo, improvvisamente consapevole di una distanza, di non essere “famiglia”.
E quella ragazza che spia di nascosto è già Dina, se lo chiedete a me, no. Ma è una strizzatina d’occhio consapevole.
Proprio attorno alla famiglia ruota tutto il siparietto successivo a tavola. Joel che fa il padre imbarazzato dai modi di sua “figlia”, ma che resta spiazzato di fronte alla relazione romantica del fratello. E nuovamente i ruoli si invertono.
E visto che siamo ancora sulla linea comica, godiamoci il momento “ma è il comunismo!”, “naaaa”, “si è letteralmente il comunismo”. Ci voleva una catastrofe mondiale che smantellasse il capitalismo (e forse da essa causato) per provarci.
Il groviglio di legami familiari e le strade prese dai due fratelli prendono fuoco di fronte a un rituale maschile fatto di bicchieri e banconi che sembra vuoto e assurdo in quel contesto. Una normalità che non esiste più e che viene ridefinita da una nuova normalità che fa i conti col passato.
Per Joel ciò che è stato fatto, per brutto che fosse, andava fatto, per Tommy forse è stato fatto perché non i due non conoscevano altre strade se non la violenza, ma oggi ne conosce altre. E poi c’è quel figlio in arrivo, che spaventa più di tutto.
E per quanto sia normale e giusto che i lutti e i traumi ci fermino non possiamo chiedere né sperare che fermino per sempre chi sta attorno a noi.
Famiglia, famiglia, famiglia e ancora famiglia anche nell’altro lato della barricata, quello di Ellie, che instaura con Maria un rapporto che non ha mai avuto con una figura materna, qualcuno che conosca il tuo corpo, tanto da consigliarti una coppetta mestruale senza troppe cerimonie, ma si prenda anche del tempo per tagliarti i capelli.
E ricordarci, ancora, che Joel è un violento e che le persone vicino a lui finiscono per comportarsi come lui. Proprio nell’unico momento in cui Ellie e Joel sono lontani per più di un minuto. Una distanza che entrambi avverto tantissimo.
La strana normalità dell’avamposto rende Joel ancora più deragliato, estraneo, lontano. Tutti sono al cinema, lui è a gestire i preparativi della partenza e la sua incazzatura.
Quello che arriva dopo è probabilmente la scena di The Last of Us che frutterà a Pascal un Emmy, il momento in cui la verità lo rende libero dalla sua corazza, in cui ammette tutto ciò che un uomo non vorrebbe mai ammettere.
Il decadimento fisico, il decadimento mentale, l’incapacità di proteggere gli altri, i sogni orribili, il fallimento, il trauma mai affrontato. In questi anni c’è stato un ampio filone narrativo che ha lavorato sulle classiche figure maschili e sul raccontarne la fragilità invece che celebrarne la forza. Credo che tutte quelle storie, per me, collimino qua, in questo dialogo. In tutta la forza, il fascino, la debolezza, il crollo e il pathos di Joel che improvvisamente non si sente più in grado di aiutare Ellie e l’affida al fratello.
Ma visto che non era abbastanza, perché non farci anche un bel confronto con Ellie (e anche qua sento l’Emmy in canna per Bella Ramsey) che cerca in qualche modo l’amore di un uomo di cui adesso conosce il passato e la sua incapacità di essere il surrogato della figlia.
Le carte sono tutte sul tavolo tra i due e non piacciono a nessuno. O forse sì, perché adesso che la verità ha reso tutti liberi possiamo scegliere e la scelta è continuare assieme, cavalcando verso un nuovo momento tra padre e figlia basato su un grammatica che entrambi possono gestire: imparare a sparare, parlare di un mondo che non esiste più.
Muoversi verso un’unica direzione, ma in modo violento, in un mondo che adesso ci ricorderà di non fare sconti.
Il sesto episodio di The Last of Us finora è stato un episodio “calmo” la cui violenza era compressa nei dialoghi. La parte finale è forse quella che stona di più, perché si piega al necessario cliffhanger e a un momento che ci ricorda la natura “action” del materiale originale.
Serve per anche a chiudere definitivamente l’inversione di ruolo iniziata in questo sesto capitolo, adesso tocca a te, Ellie.