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X-Men: Dark Phoenix - Sorpresa Finale

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L'ultimo film dedicato ai mutanti prima dell'era Disney si congeda dal suo pubblico con un interessante racconto a base di supereroi

Mica male”. Sono due parole semplici che forse chi scrive di cinema in senso critico, specie nella frenesia e in mezzo alle tendenze estremistiche della comunicazione 2.0, secondo cui tutto quello che si vede deve rispondere solo alle categoria di capolavoro assoluto o avanzo escrementizio, potrebbe imparare a usare più spesso.

Si confanno bene per esempio a X-Men: Dark Phoenix, che rischia di diventare, per una serie di ragioni che forse nemmeno è il caso di stare troppo a specificare, uno dei film di supereroi più sottovalutati della storia. Mettiamola subito lì: non siamo di fronte a una rinascita assoluta, non ha la forza di un Bryan Singer d’annata, però sorpassa brillantemente il Bryan Singer di Apocalisse, tornato coi bozzi e il capo chino di fronte agli studios alla saga che gli aveva dato successo e notorietà dopo il fallimento – anche lì, comprensibile fino a un certo punto – del Superman Returns per cui l’aveva abbandonata.

E per certi versi, a parere di chi scrive, supera anche tante pellicole contemporanee di genere analogo, lavorando meglio e con più strategia, calma e intelligenza sulle icone supereroiche e su quello che rappresentano, sull’uso dei loro poteri e delle loro caratteristiche, sulla materia d’origine (Claremont in particolare) ma anche su quella d’arrivo, dimostrando che si può essere fedeli ai fumetti senza risultare pedissequi e pedanti, che si può lavorare di modernità senza dover necessariamente decostruirla, che si può ambientare una storia negli anni ’90 senza necessariamente inserire un pezzo degli Offspring ogni cinque minuti.

Certamente non è un film perfetto, e l’asset da ‘reboot mancao’ è la cosa che maggiormente gli pesa. Doveva rilanciare tutto il franchise e presentarlo alle nuove generazioni, pronto a combattere agguerritamente contro la concorrenza Marvel/Disney come i mutanti farebbero contro una gigantesca ‘sentinella’ a caccia di individui con il fattore X. Ma la sentinella ha vinto prima di iniziare la battaglia, dato che Disney ha comprato Fox e dunque anche l’intero franchise mutante.

Prima di cinque anni, comunque, dice Kevin Feige, non vedremo i ragazzi di Xavier sullo schermo e comunque quando compariranno saranno molto diversi da quelli che conosciamo. Questa, dunque, è un’occasione buona per salutarli.

La costruzione del film è stata travagliata, e recentemente sono arrivate anche notizie circa un repentino cambio di finale perché si è scoperto – spie Marvel sul set? – che “era troppo uguale a un altro film di supereroi uscito di recente”. Comunque, senza spoiler anche se non c’è molto da spoilerare – non è che questo finale sia malaccio. Fa quello che forse proprio Singer avrebbe dovuto fare anni fa, rendendo Jean Grey la protagonista effettiva della saga e anche, sostanzialmente, il villain, che si mangia – e il carisma dell’interprete Sophie Turner la aiuta – gran parte della scena, mettendo gli altri mutanti, buoni o cattivi che siano, in secondo piano.

Ci sono anche degli alieni di contorno, ma considerarli gli antagonisti della storia sarebbe un errore. Sono sostanzialmente carne da macello, utile per le scene di azione, ma non il punto di interesse. Che invece sono i superpoteri, viva Dio utilizzati con criterio e non in una confusionaria zuffa dove tutti menano tutti e ogni bilanciamento di forze e peculiarità va a farsi benedire. Picchiarsi in un film di supereroi non dovrebbe essere mai trattato come se ci trovassimo nel Signore degli Anelli (soldato contro soldato, arma contro arma) ma come un continuo ‘carta sasso forbice’ e questo film in qualche modo lo fa, anche giocando sulle caratteristiche della squadra. Forse Tempesta fa un po’ troppo spesso il ruolo dell’Uomo Ghiaccio, ma sono dettagli. Resta una delle caratteristiche del film più apprezzabili.

L’altra è il tono. È un film cupo, dark e dai toni drammatici. Non è un bene in senso universale. Si può approcciare alla materia supereroistica in molti modi e anche, perché no, con del sano umorismo, ma è bello vedere che si scelga una strada piuttosto che alternare scene da tragedia greca a demenziali in maniera quasi schizofrenica nell’intento – va ammesso, quasi sempre riuscito – di accontentare tutti. Insomma, il film si presenta con una sua credibilità. Prendere o lasciare ma questo è lo stile.

La fattura, in sé, è decorosa. Non ci si possono aspettare grandi virtuosismi registici da Simon Kinberg, ma piuttosto una mano sicura e una conoscenza ampia della materia, dato che alla serie ha partecipato più volte come sceneggiatore. Inoltre, e qui se siete proprio maniaci potreste considerare questa cosa SPOILER, ma siamo sicuri che non lo siate perché i lettori di N3rdcore pensano al pratico, è il primo film degli X-Men coraggioso abbastanza da liberarsi dall’imbarazzo di dover chiamare in causa a tutti i costi Wolverine, che per carità ci piace un casino ma nelle prime storie dei mutanti nemmeno esisteva, ed è diventato protagonista anche e soprattutto grazie al cinema.

Insomma, mica male. Siamo sicuri di non dover aggiungere troppo, perché conoscete e amate gli X-Men avete già imparato da voi a non fidarvi dei pregiudizi.

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