STAI LEGGENDO : Tre modi (sbagliati) di vivere le Guerre Stellari

Tre modi (sbagliati) di vivere le Guerre Stellari

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Analizziamo, attraverso l'eterno conflitto tra fan e critici delle guerre stellari, lo sfaccettato rapporto tra gli amanti di Star Wars e Star Wars stesso.

Il 2019 è finito e, con esso, la nuova e più recente trilogia di Star Wars. L’ascesa di Skywalker è il nono, discusso, capitolo di una saga che ha vissuto non una né due ma tre volte. Le Guerre Stellari, passate dalle mani del giovane George Lucas degli anni ’70-’80 a quello più riflessivo degli anni '00, poi a quelle di Disney e di Kathleen Kennedy, hanno attraversato gli occhi di milioni di spettatori lungo mezzo secolo di cinema. Ora, “sotto scroscianti applausi”, è finita, come anche la Core Story che N3rdcore gli ha, inevitabilmente, tributato lo scorso dicembre.

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E cosa resta? Quali ceneri si animano al vento, all’indomani della battaglia finale? Discussioni, voci di corridoio, diatribe, forti approvazioni, delusioni cocenti, sciape indifferenze. Ecco cosa resta: un brusio che non accenna a quietarsi. Tra le moltissime dita puntate dai fan nel corso di questa reincarnazione Disney, nel bene e nel male di forte carattere transitorio, molte migliaia si sono accanite verso i fan stessi. Cresciuti con un mito fondativo, ora pesantemente ritoccato e, per alcuni, denigrato, per altri sconsacrato, molti sembrano incapaci di accettare il suddetto passaggio di testimone. Ma se poi quest’ultimi vengono ascoltati (la prova? Un nono capitolo che si rimangia quasi tutto quanto introdotto dall’ottavo, ugualmente contestato), si tratta davvero di “colpa”? Forse no, forse si è trattato solo dell’ennesimo capriccio che i genitori (adottivi) non avrebbero dovuto ascoltare. In fondo anche Lucas, dopo la pioggia di critiche torrenziali a La minaccia fantasma, qualche deciso colpo di spugna l’ha tirato. Vero, Jar Jar?

Colpa o non colpa, è un’istanza ciclica, il malcontento è reazione allergica tipica del raccontare unilaterale. È un tipo di narrazione che, di norma, si accetta e interiorizza più facilmente crescendo. Non a caso, l’infanzia è anche il periodo dell’educazione e del massimo apprendimento. Quando si cresce, a un certo punto, si esaurisce lo spazio. Bisogna farne di nuovo, ma è sempre più difficile: nessuna storia (o qualsivoglia elemento formativo) sembra così forte da dovere entrare per forza. In questo, la natura controversa e molteplice del rapporto che hanno i fan di Guerre Stellari con Guerre Stellari aiuta molto a fare chiarezza sulla secolare, viva e violenta guerra civile metacritica di amanti e critici contro se stessi.

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Chi concepisce Star Wars come un film

Esistono, da qualche parte, tranquilli ma più numerosi di quel che si crede. In fondo, potrebbero addirittura sembrare i più assennati, a un’analisi superficiale. È questo, Star Wars, no? Un film, e come tale viene da loro trattato: come un film. Già se lo considera il film non si appartiene più a questa categoria, che come ogni altra presenta bonus e malus peculiari.

Chi considera Star Wars un film come tanti, benché meritevole o meno, probabilmente non l’ha mai visto prima dell’età adulta e ha la “fortuna” di sopportare qualsiasi stravolgimento e nuovo racconto senza terrore o disgusto, come fosse la centesima puntata di una rinomata serie TV. Se continua a goderne, dichiara vittoria; se ne rimane deluso, conserverà comunque bei ricordi delle prime stagioni. Si dispiace, non è senza cuore né senza cervello, ma non ne è distrutto.

Quello che gli manca è la magia, il brivido, la fede in qualcosa che va oltre il medium, sia esso il cinema, il videogioco, il libro o il fumetto. Magari, anzi, sicuramente ripone quella fede in qualcos’altro, non sa cosa si perde. Con Star Wars, specialmente con le nuove iterazioni (meno pregiate ma più accessibili), ha un’intesa cordiale, nessun rapporto viscerale. A chi quei rapporti ce l'ha potrebbe consigliare di “esercitarsi a distaccarsi da tutto ciò che teme di perdere”, se appassionato abbastanza da ricordare l’esatta citazione.

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Chi concepisce Star Wars come una religione

Agli antipodi della prima categoria, sta chi riconosce a Star Wars valenza e potenza di mito fondativo, tassello inestimabile raccolto nell’infanzia (prima o seconda, non fa differenza) e portato dietro per un lungo ventennio di formazione. Star Wars per qualcuno è religione, un compagno spirituale senza il quale non si sarebbe cresciuti allo stesso modo; un fedele non potrebbe concepire se stesso, senza, se non immaginandosi completamente diverso. Tale è la profondità del legame di chi è in comunione con la Forza. La fede è appassionata e canonica, ostinata nel difendere qualsiasi difetto originario, estremista nello sconfessare qualsiasi pregio posticcio, successivo all’eresia, alla blasfemia.

A questa fermezza, che da una parte rende eterno il valore e l’amore verso i “testi sacri”, si contrappone l’altissima difficoltà ad accettare modifiche, narrazioni, integrazioni di quel mito. Ogni volta è come affrontare uno scisma e, per quanto si riconosca saltuariamente la possibilità di semi virtuosi piantati nelle nuove colture, l’atto stesso del dividere e dividersi è letteralmente diabolico (dal greco antico diabàllo, dividere). È difficile, da questa prospettiva, affrontare il fatto che ogni nuova incarnazione sarà il mito, l’antica religione di qualcuno, avanti giusto un paio di generazioni.

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Chi concepisce Star Wars come l’amore della sua vita

Dopo la tesi e l’antitesi, la sintesi, anzi, la semplice summa. D’altronde, è questa la nostra idea: che non esista un modo giusto, o quantomeno che non ne esista uno solo. Che tutti, presi singolarmente, si rivelino in qualche parte sbagliati. Se non si crede, si rinuncia alla magia, al brivido. Se si crede, si diventa ciechi. E se Star Wars lo si ama, incondizionatamente? Potrebbe sembrare simile al paragone religioso, eppure se ne allontana sensibilmente.

Una religione (effettiva o metaforica) è qualcosa che ci ha cresciuto, che ci accompagna e da cui formiamo i nostri dogmi, le nostre regole; l’amore è qualcosa che troviamo, cui arriviamo e che vorremmo non lasciare più, costi quel che costi. Dall’amore della nostra vita, per il solo fatto che ci rende felici con la sua esistenza, non pretendiamo nulla, semmai lo contraccambiamo, gli restituiamo amore in ogni modo possibile. E gli perdoniamo qualsiasi cosa, qualsiasi peccato e difetto, quand’anche ce ne accorgiamo.

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C’è chi ama Guerre Stellari e lo ama a prescindere, nella buona e nella cattiva sorte, in salute e in malattia. Ma, purtroppo, anche il più grande amore può spezzarsi, violentemente, o spegnersi con freddezza. Quando si è fortunati, la relazione si trasforma in rispettosa amicizia, o in aspra inimicizia. Nel peggiore dei casi, tramonta e non diventa niente, lascia solo un grande vuoto. Il silenzio. A quel punto, non resta che attendere una nuova speranza. D’altronde, “nessuno è mai davvero perduto”.

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