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Guerre Stellari: una storia ordinata e personale

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La storia di Star Wars corre parallela alla vita di un fan e, come nella vita, anche per Star Wars è arrivato il momento di confrontare Memoria e Realtà. Analizziamo alcune scene cult per vedere come sono invecchiati i film della saga più famosa della fantascienza cinematografica.

It's the most wonderful time of the year.

E non solo perché è Natale ma perché è di nuovo quel periodo dell’anno in cui si può parlare liberamente di Star Wars.

Anzi, si è invogliati a farlo per una straordinaria concorrenza di cose mosse in sincrono dall’uscita di Rise of Skywalker, Episodio IX, ovvero la fine, almeno per adesso, di un mondo che nel bene e nel male ci ha traghettato dall’infanzia all’età adulta.

Quando si inizia a parlare di Star Wars, i più fortunati hanno un bagaglio di ricordi risalenti ad un’epoca antecedente la prima rimasterizzazione.

Quella che cercando in rete diventa  THE ORIGINAL THEATRICAL CUT  (OTC, per praticità) che pare la Disney non abbia intenzione di rilasciare.

Sono un fan di Star Wars di seconda generazione, nel senso che io sono cresciuto con la OTC ma ci ho avuto accesso per vie parallele.
La mia versione theatrical di Star Wars era una VHS registrata da Mediaset, che probabilmente divenne il motivo della mia dimestichezza nell’impostare il videoregistratore fin dalla tenera età.

Il mio Star Wars si chiamava ancora GUERRE STELLARI, non aveva indicazioni di capitolazione e le pubblicità in mezzo. L’Impero colpisce ancora era diviso in addirittura tre tempi, come se fosse di una lunghezza eccessiva per i ritmi televisivi dell’epoca, contenente anche un’edizione speciale del TG.

Ricordo anche le etichette.  Mio padre curava molto la grafica delle etichette, giustamente dato che proveniva da un momento storico in cui piratare musica significava registrare le tracce interessate mentre girava l’LP a casa di un amico. Come Alta Fedeltà ma senza l’Inghilterra, i drammi emotivi e la prosa scorrevole.  La scritta sull’etichetta de L’Impero colpisce ancora prendeva tutto lo spazio, era verde con un’ombreggiatura nera a darle spessore, in netto contrasto con la scritta sottile e in stampatello sull’etichetta blu ingrigita de Il Ritorno dello Jedi.

Nel coltivare la mia passione fui nuovamente avvantaggiato con la release cinematografica della “Special Edition” nel 1997.
Non c’è niente di più figo che avere 6 anni e avere al cinema Guerre Stellari. Non ci andai, non ricordo la magia, il buio della sala e tutto il resto ma quello che mi prese in pieno fu l’ondata di merchandising e la mia droga era l’accoppiata Micomachine e Star Wars.
 Avevo il Millennium Falcon e la Morte Nera con quel meccanismo che la faceva aprire completamente con un solo movimento oltre a un mare di piccole astronavi e mini personaggi. 

Qui i ricordi iniziano ad essere nebulosi.
Sarà stato in prima elementare che per Natale ricevetti il Nintendo 64 accompagnato da due giochi: Super Mario 64 e Star Wars: Shadow of the Empire, ovviamente. Era ambientato a cavallo tra L’impero e il Ritorno, iniziava con una livello spaccamascella dove bisognava difendere la base Ribelle su Hoth (per me Base Ghiaccio) e alternava livelli “a piedi” con quelli alla guida di astronavi, interpretando il dimenticato Dash Rendar.

 Quello che andai a vedere sicuramente al cinema fu La Minaccia Fantasma. Avere 8 anni e al cinema un nuovo film di Star Wars è una cosa bellissima, significa non avere barriere mentali, essere completamente acritici ed entrare perfettamente in sintonia con la versione infante di Anakin Skywalker: chiunque sia cresciuto con il Mito di Guerre Stellari ha almeno una volta sognato di essere uno Jedi, ideali di nobiltà come potevano essere quelli dei Cavalieri della Tavola Rotonda, quella appartenenza ad un ordine di sodali che mantiene la pace nella Galassia.
Veder muovere i primi passi di un bambino in quel mondo è intenso perché l’immedesimazione è totale.

Quando si è così piccoli, con gli occhi pieni di meraviglia si guarda solo alla meraviglia, e tanto basta e adesso è impossibile non sentire un po’ la mancanza di quella predisposizione di spirito che ci faceva prendere tutto come veniva, senza preconcetti, senza ragionamenti, senza eccessive elaborazioni.

La Minaccia Fantasma era l’età dell’innocenza.

Alla Special Edition arrivai come al solito dopo con la tv, nel momento storico di avvicendamento del VHS con il DVD, mi sentii in obbligo di riprendere la tradizione paterna e registrare tutte le versioni aggiornate della trilogia classica più La Minaccia Fantasma.

 Credo sia in quel momento che io assorbii almeno parzialmente la necessità che ha la Saga di Star Wars di essere tramandata, che alla fine è la necessità che un decennio dopo verrà accettata e accolta da tutti i Film Importanti della storia del cinema che verranno progressivamente riproposti in edizioni aggiornate, come le varie rimasterizzazioni, riedizioni in Bluray, cofanetti da collezione.  C’è un fortissimo contrasto tra l’obsolescenza programmata del supporto fisico e la voglia costante di perpetrare il ricordo dell’opera.

Alla fine si tratta sempre di tramandare una storia.

Per una coincidenza di fattori quali l’assottigliarsi della mole di Bluray acquistati e mai nemmeno spacchettati, la scarsezza di uscite appetibili al cinema per colmare il vuoto delle domeniche pomeriggio e la disponibilità a piazzarmi egoisticamente davanti al 4K con annessa Playstation 4 Pro ho approcciato quella che per me è l’unica possibile Versione Definitiva delle Trilogia Classica e della Trilogia Prequel di Star Wars.

[IMMAGINE 3 - cofanetto blue ray the complete saga]

Sto parlando dell’ultimo  cofanetto Bluray rilasciato dalla 20 Century Fox prima dell’acquisizione del marchio da parte della Disney , quello ingenuamente chiamato THE COMPLETE SAGA risalente al 2011, regalo di una mia ex per i miei 23 anni, sogno bagnato di ogni collezionista, costava un botto all’epoca ma evidentemente me l’ero meritato.

Mi piace considerarlo romanticamente l’ultima versione definitiva possibile perché è l’ultimo a conservare il logo 20th Century Fox in apertura e l’ultima sotto la supervisione di George Lucas, dato che ogni release ha comportato una percentuale di aggiustamenti e a volte di vere e proprie aggiunte ex novo che hanno sensibilmente alterato la visione della saga attraverso gli anni.

Alcune sono famosissime.

Per esempio Jabba the Hutt fa la sua comparsa nel primo film interpretato da Declan Mulholland piuttosto che dall’essere viscido che abbiamo imparato a conoscere e odiare ne Il Ritorno dello Jedi.
 Ma ancora, la famosa questione su chi ha sparato prima tra Han e Greedo nella Mos Eisley Cantina (Han Shot First, per la cronaca) e che la Disney ha pacificato solo con la release della versione digitale per il suo canale streaming Disney+, facendo sparare i due personaggi in contemporanea. 

Più banalmente, la completa digitalizzazione degli effetti speciali già iniziata con la Special Edition della fine degli anni ’90 o il remixaggio del sonoro ad opera della THX di George Lucas, il ribilanciamento di alcuni colori…

Sostanzialmente, quello che si può vedere oggi su Disney+ è incredibilmente distante da quello che videro gli spettatori di GUERRE STELLARI nel ’77.

Non sono un amante della liturgia legata a Star Wars, o a qualsiasi altra serie di film in generale, trovo spesso opprimente quel ripercorrere tutte le tappe degli episodi precedenti per l’uscita di un nuovo episodio. I miei peggiori nemici sono, ad esempio, quelli che all’uscita di ogni nuovo film MCU organizzano un vero e proprio calendario dell’avvento con tanto di date da rispettare precisamente per rivedere tutti i film della saga in tempo per l’uscita del nuovo film.

Su Star Wars la questione è anche discussa in relazione all’ordine di visualizzazione dei suddetti film.

La Liturgia prevederebbe l’ordine Cronologico (1-2-3-4-5-6) al quale si contrappone l’ordine di Produzione (4-5-6-1-2-3).

Dal punto di vista filologico, l’ordine di produzione è il più corretto, mostra come la saga si è sviluppata anche attraverso il progressivo cambiamento di consapevolezza delle dimensioni del brand, nel’77 Guerre Stellari era un film “piccolo” se paragonato agli interessi economici che muove adesso, ancor di più se pensiamo che le cifre riscosse da Solo sono state ritenute talmente basse da far cadere nel dimenticatoio tutta la serie di interessanti film spin-off.

C’è anche un motivo narrativo, ovviamente: seguendo l’ordine cronologico un neofita perderebbe la meraviglia e lo stupore del colpo di scena finale de L’Impero Colpisce ancora. Certo, ora è diventata una nozione elementare di dominio pubblico, ma provate ad immaginare come sarebbe cambiata per voi, spettatori di vecchia data, avere questa informazione prima di vedere il film per la prima volta.
È con questo spirito che mi sono approcciato al mio cofanetto di Bluray, la voglia di confrontare il ricordo, dove tutte le cose sono perfette e immutabili, con l’assoluta oggettività dell’alta definizione.

Ciò che si vede, è.” recita una vecchissima traccia dei Banco del Mutuo Soccorso.

Molto spesso quando parliamo di videogiochi concordiamo tutti l’incredibile capacità di sintesi grafica operata dalla pixelart rispetto all’invecchiamento catastrofico della simulazione di realtà della grafica 3D.

Questo è un pensiero ricorrente per tutta la durata dei sei film.

Star Wars è stato rimaneggiato da Lucas con aggiunte successive in digitale che, nella nitidezza dell’alta definizione sembrano piazzati sulla pellicola con lo scotch.
È un discorso da un lato che parla degli albori dell’integrazione di effetti digitali ed analogici, dall’altro di come questi effetti sono invecchiati. Male.

Nella scena dell’arrivo a Mos Eisley c’è questa specie di enorme giraffa aliena che impenna al passaggio di uno speeder. Questa scena non aggiunge niente al film, è una chiara dimostrazione di potenza di quello che si poteva fare all’epoca con gli effetti digitali. Adesso è come vedere un anziano fare sollevamento pesi.

 Non solo, c’è un momento specifico ne Il Ritorno dello Jedi che scorrazza nel campo del cringe, una scena musicale nella Tana di Jabba con questi brutti alieni in cgi che ballano e cantano: tutto quello che ci è sempre rimasto in gola della trilogia originale comodamente ampliato per venire incontro ad una forma di disagio tutta nuova. 

“Posticcio” è il termine adatto e ricorrente.

Ma parlo anche di come queste aggiunte si muovano in maniera troppo più fluida rispetto al resto dell’immagine, della loro materialità (texture).

Lo stesso vale per la prima apparizione di Jabba, creatura completamente proveniente da un’altra epoca dove l’animazione di modelli poligonali 3D era agli albori.

Per la digitalizzazione degli effetti originali rimane il discorso della fluidità: tutto quello che ha avuto un trattamento chirurgico a base digitale ha una fluidità inusuale per l’epoca alla quale il film appartiene. A patire maggiormente sono le astronavi che schizzano letteralmente sullo schermo, accelerate.

Non solo, l’aumento della definizione dell’immagine mostra allo spettatore la profondità della realtà e della finzione soffermandosi sui dettagli.

Provate a guardare fisso la pancia di C3PO durante tutto il primo atto, è facile, per parecchio ci sono solo i droidi a schermo: è possibile notare come è composto il costume, si vedono i cavetti sopra il tessuto nero.

L’alta definizione rende visibili tutte quelle soluzioni di scenografia, costumi e trucco che nella bassa definizione passavano in sordina.
 La cartina tornasole di questo traghettare al presente l’opera è l’effetto a schermo di Yoda sguarnito della patina del tempo, la sua natura è completamente messa a nudo. Ma tra le aggiunte più eclatanti come non elencare la sostituzione di Sebastian Shaw con Hayden Christensen sul finale de Il Ritorno dello Jedi? Lo Jedi che ritorna come fantasma della Forza è quello sbagliato. 

Il doppiaggio è l’unica cosa che non è stata toccata: potremo ancora godere quindi dei termini appositamente inventati dal doppiaggio italiano come l’emblematica guerra dei QUOTI.

Ma se nella trilogia originale gli elementi in cgi sono solo aggiunte e ritocchi, a vedersela peggio sono i film della trilogia prequel.

L’utilizzo della computer grafica lì è massiccio, praticamente onnipresente e vedere la trilogia prequel è un vero viaggio attraverso l’evoluzione delle tecniche del Green screen.
Magari un giorno, guardando indietro, ci chiederemo come era possibile che passasse roba con fondali irrealistici come i primi film del MCU.

La cosa che invecchia peggio in assoluto sono le esplosioni. Sono misere. La sensazione che danno è che l’effetto non si muova nello spazio per volumi ma per piani che convergono in un punto. Effetti particellari come “fumo” e “polvere” portata dal vento sembrano piuttosto macchie che nuvole.

 Ancora: le texture sbiadite, stretchate. I fondali scialbi, la battaglia tra Gungan e Robot dei Mercanti sembra girata sul desktop di Windows XP. 

Guardando i personaggi interamente in cgi la prima cosa che viene in mente è Chi ha incastrato Roger Rabbit. Yoda in L’attacco dei Cloni ha una pelle perturbantemente liscia come non era in La Minaccia Fantasma perchè Episodio I è l’ultimo film dove hanno utilizzato uno Yoda Pupazzo.

Si vede che a combattere come Conte Dooku non è Christopher Lee ma una controfigura, volendo tralasciare dell’effetto dei fulmini e di come l’eleganza dell’attore e del personaggio, i suoi modi teatrali, mal si sposino con i fulmini della forza in cgi dando origine ad uno dei meme migliori della saga.

Ci sono alcuni fondali nell’Episodio II che sono sbalorditivamente fissi. Su Geonosis si vede distintamente come Obi Wan ad un certo punto non cammini attraverso uno spazio ma in un’immagine.

Ad essere invecchiato molto bene è invece La Vendetta dei Sith: la complessità della battaglia iniziale, tutte le sequenza di guerra (come quella di Kashyyk, per dire) e dell’ordine 66 tutt’oggi mantengono botta e mostrano come le tecniche si siano raffinate tra un episodio e l’altro.

 Chiariamoci, questo giocare alla caccia del pelo nell’uovo non ha la benché minima intenzione di compiere un lavoro di demolizione post moderna e disillusa di una serie di film che amo. 

È invece a suo modo un’analisi superficiale della strada percorsa, degli errori che sono stati commessi, dell’evoluzione della tecnologia. È una storia che corre parallela a quella dei film ed è la storia del sogno di George Lucas di rappresentare cose mai viste prima e del continuo rimaneggiamento di quella che per lui è diventata l’opera della vita. Ma anche un monito sulla consapevolezza su quando fermarsi nonostante alcuni ritocchi agli effetti hanno salvato Guerre Stellari da un invecchiamento precoce.

Consci di questo sarebbe veramente interessante una release, almeno per il mercato home video, della OTC per il suo valore di documento storico.

Non c’è da sorprendersi che la nuova trilogia scelga un approccio intermedio e non prema sulla cgi come accaduto con la trilogia prequel nonostante adesso la Disney sia diventata maestra nell’integrazione di personaggi con i fondali renderizzati e sia ormai capace di ringiovanire credibilmente gli attori suscitando nello spettatore solo un minimo di stranimento.

Probabilmente non sapremo mai l’effetto che ci farebbe adesso la OTC. Legalmente dobbiamo accontentarci solo di qualche povero video comparativo reperibile su YouTube situazione ben diversa rispetto ad un vero e proprio restauro dell’edizione originale.

 Resta il fatto che il valore di un’opera di questo tipo non sta nella sua veste grafica, che rappresenta solo il mezzo con il quale il messaggio viene inviato allo spettatore, mezzo che Lucas ha cercato di affinare apportando quelli che lui riteneva miglioramenti, ma nei suoi ideali intrinsechi, nella sua immutata capacità di sapersi ri-raccontare alle generazioni successive. 

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