The Last of Us - Recap del quarto episodio
Dopo le emozioni della terza puntata è il momento di prendere fiato, ma non troppo, perché è arrivato il momento di conoscere Kathleen.
Nei videogiochi, soprattutto in un videogioco come The Last of Us e in generali in titoli fortemente narrativi, sono necessari dei momenti di decompressione dall’azione.
A volte questo momento è semplicemente il tempo di caricamento tra un livello e l’altro, penso a Doom, a volte è la classica fase di un gioco di ruolo in cui torni al villaggio e fai acquisti.
In The Last of Us questa parte è quasi sempre gestita dallo spostamento, accompagnato dal dialogo. Lo spostamento nello spazio, alla faccia di chi guarda male i Walking Simulator, è visto come occasione per appropriarsi dello spazio stesso, elaborare le emozioni appena vissute e prepararci a quelle che verranno.
Questo "teatro in movimento" è un'occasione per fornire al testo ludico tutte quelle informazioni che il giocatore dovrebbe conoscer per ampliare il proprio contesto e sarebbe meglio che non fossero affidate alla scoperta casuale, come può ad esempio capitare con le note di un diario trovato passando per un punto piuttosto che per un alto.
Lo abbiamo visto bene nella seconda puntata nel momento in cui Tess, Joel e Ellie arrivano fino al museo e quella medesima struttura si ripete nel quarto episodio. D’altronde il terzo è servito sia come trampolino di lancio verso il viaggio in auto e la costruzione di un nuovo legame tra i due, ma si sono visti poco.
Ecco perché la prima metà del quarto episodio, Please hold my hand, ci regala quasi solo l’esplorazione del territorio che si accompagna all’esplorazione del rapporto tra i due. Stavolta non camminando ma in un altro grande classico della narrazione statunitense: il viaggio in auto, con tutte le sue fasi di contemplazione (malinconica, viste le carcasse di auto), di noia e divertimento. Questa sovversione del viaggio turistico prosegue con un classico momento di campeggio che contiene in sé la chiave di volta del cambiamento di Joel.
Prima cucina, poi scherza con Ellie (che nel frattempo sta mentalmente facendo il viaggio opposto, nascondendo una pistola), poi al rassicura e infine, nascosto, la protegge. Forse l’unica aggiunta a una parte che ricalca quasi del tutto il gioco, copertina del manuale di battute inclusa.
La fine della serenità arriva col passaggio in città, metaforone sul male dell’uomo che si annida nell’urbano? Forse. Di sicuro, se l’equilibrio narrativo prevede una decompressione è anche il momento di far salire i battiti con un momento di azione prolungata.
Il momento dell’imboscata, è una svolta narrativa abbastanza importante nel gioco e lo stesso vale per la serie tv. È il primo momento in cui vediamo Joel e Ellie da soli contro il pericolo, non sono ancora un team affiatato, i loro ruoli sono ben definiti tra chi difende e chi scappa. Joel si carica sulle spalle tutto lo scontro ma il momento più importante è nelle mani di Ellie che compie, per quel che ne sappiamo la sua prima uccisione.
Ah, non so quante volte ho riascoltato "Alone and Forsaken" in questi giorni dicendo "Mio dio, ma parla di me"
Questo momento rappresenta una simbolica perdita di innocenza di cui entrambi i protagonisti sono ben consapevoli. Sia Ellie che nasconde lo shock di aver visto qualcuno implorala di risparmiargli la vita, sia di Joel che la guarda, roso dalla colpa per averla costretta in quella situazione. Siamo in un territorio umano completamente diverso rispetto al Joel che sorvegliava il sonno di lei col fucile che abbiamo visto solo pochi minuti prima.
Questa tensione viene rilasciata più avanti, quando i due si confortano a vicenda. Ellie rassicura Joel sul fatto che non era la prima volta che sparava, Joel decide di darle fiducia e superare la colpa di averla costretta ad andare oltre l’innocenza. E la fiducia è una pistola. Ma anche un “lo so” quando lui dice “Ce la faremo”. Da notare che Joel non sa quasi trovare le parole per il conforto emotivo, il suo mondo è un mondo di violenza dove quel conforto arriva insegnandoti a sparare bene.
Nel gioco di The Last of Us la situazione viene giocata in modo diverso, molto più “paterno”, ma se vogliamo anche assurdo. Ellie deve difendere Joel con un fucile, a rivedere oggi suona strano pensare che Joel possa aver affidato la sua vita a lei, e dopo le viene data una pistola perché si è dimostrata degna del rito di passaggio.
C’è una funzione ludica (quella del classico momento in cui da cecchini copriamo un compagno) che si mescola a quella narrativa, qua invece era arrivato semplicemente il momento di far sparare questa pistola (sia di Chechov che letterale).
L’episodio è anche quello in cui Druckmann e Mazin si rendono conto che l’occasione è ghiotta per dare un po’ più di corpo ai predoni, ovvero l’ennesimo gruppo di violenti nati dopo i soprusi della FEDRA, ma visto che nel gioco era tutto molto più rarefatto qua serve una figura simbolica, non basta lanciare contro Joel e Ellie cattivi senza nome. Ed ecco Kathleen.
Il personaggio di Kathleen è interessante, soprattutto per come viene mostrata. Donna dall’aspetto ordinario, quasi un personaggio che potresti vedere fare la spesa in un supermercato. Gli passi accanto e non la noti. Sto interpretando perché a oggi non ho una intervista sotto mano, ma in Kathleen vedo la cattiveria di cui sono possibile le persone ordinarie, quelle che nelle situazioni estreme fanno uscire qualcosa che covava sotto la cenere.
L'estremizzazione della rabbia di una persona comune che ha abbracciato il suo lato peggiore. Ce la vedo su un social network a scrivere commenti orribili e allo stesso tempo a chiedere di pregare per le vittime di qualche disastro.
Kathleen sembra l’ennesima persona traumatizzata da questo mondo orribile ma i modi calmi e quasi ironici in cui interroga, uccide, tortura e gioca con le sue vittime mi dicono che, tutto sommato, c’è qualcosa che va oltre il trauma.
C’è una leader che regna con assertività e paura e che ha completamente gettato la maschera imposta dalla società. Non sappiamo come sia arrivata là, ma sembra il suo posto naturale, nonostante l'aspetto e la voce acuta. Ha le capacità manipolatorie di una vera capopopolo (di gente normalissima, tra l'altro) che ha accentrato decine di persone contro un obiettivo comune, ma che conta solo per lei: l'ennesimo ciclo di vendetta.
Un obiettivo così totalizzante da fargli perdere di vista le altre minacce che gravitano attorno .
Resta solo il tempo per una delle battute più iconiche del gioco, il momento in cui Ellie chiede a Joel come aveva capito che quella era una imboscata. Joel risponde semplicemente che è stato da entrambe le parti in passato, sia di chi ha fatto imboscate sia di chi ne ha subite.
Nel gioco era uno degli indizi che ci volevano far capire che Joel non è proprio il protagonista positivo che speriamo di impersonare. Qua già lo intuiamo più facilmente, ma l’occasione è ghiotta per ribadirlo.
Forse Druckmann stavolta vuole evitare dubbi, ma per farci male ci dà quella tenerissima risata tra i due, prima del nuovo colpo di scena.