Stranger Things: Arte del Sottosopra
Stranger Things visto attraverso lo specchio della realizzazione del Sottosopra, dei mostri che infestano le sue lande anni'80, del font e del tema principale
La serie di Stranger Things ha molti pregi dalla sua parte e ormai ne siamo tutti ben consci dopo tre stagioni di divertimento e nostalgia. Tra queste qualità, la riconoscibilità è stato uno dei fattori che più ha condotto il marchio dei fratelli Duffer alla gloria, portandoci un prodotto molto originale e, allo stesso tempo, costruito su una montagna di citazioni ed easter egg.
La riconoscibilità risiede in molte cose e per Stranger Things una grossa fetta dell’apporto visivo deriva proprio dalla sua anima artistica, la quale però è ben più concentrata e dosata rispetto alle produzioni hollywoodiane. Mentre per Godzilla o Il Trono di Spade abbiamo avuto modo di vedere un intenso lavoro di concept artist, VFX staff e disegnatori esperti, la produzione di Netflix è relativamente giovane e basata più sul reale che sulla finzione. Non ci sono storie pregresse del marchio e solamente negli ultimi anni ha iniziato a circolare la voglia di realizzare contenuti ad hoc per la serie, come lo Starter Set di Dungeons&Dragons a tema uscito di recente.
Questo rende l’arte di Stranger Things un concetto molto circoscritto almeno per ora, ma che scopriremo avere eguale importanza nel successo della serie. Del resto, il Sottosopra non si costruisce mica da solo e per inventarlo c’è voluto un bel po’ di brainstorming e bozzetti prima di arrivare a una definitiva conclusione.
Più che l’ambientazione in sé, ciò che è stato studiato nel dettaglio è stato il design dei mostri che tutti conosciamo. Demogorgone, Mind Flayer e altri costrutti dell’orrido provengono da un attento studio di un team di artisti variegato e che vede al suo principio la figura di Aaron Sims, il quale ha effettivamente creato il primo mostro della serie. Questo artista è stato anche autore di alcuni soggetti e bozzetti per Ready Player One, Lost in Space e L’incredibile Hulk, come è possibile vedere sul suo portfolio di ArtStation.
Il Demogorgone nasce chiaramente prendendo spunto dalla tradizione di Dungeons&Dragons e la serie non nasconde affatto questo suo punto di partenza, rendendolo anzi un elemento cruciale per la narrazione. Tuttavia il design fantasy avrebbe stonato non poco con il feeling dello show e così si è cercato di optare per un’opzione che potesse rendere quantomeno plausibile l’aspetto del Demogorgone. Esso ci appare con una forma umanoide priva della testa, sostituita con una gigantesca bocca che si apre come un fiore e che ha indelebilmente costruito uno dei marchi della serie. Questo è un design che più rende l’idea di essere di fronte a un divoratore di sanità, a un organismo che va fuori dalla nostra comprensione e con cui è impossibile ragionare. L’assenza di un volto o di un viso è stata cruciale per determinare la natura predatoria dell’essere, permettendo a chi lo vede di capire fin da subito che si tratta di una minaccia.
La natura umanoide al tempo stesso è ciò che più lo ancora alla nostra realtà, rendendolo un mostro quasi metafisico e non puramente brutale. A livello psicologico questa rappresentazione è utile per evitare quella sensazione di essere davanti a un animale ferale che, naturalmente, si predispone per la paura e la ferocia. Dandogli delle caratteristiche umane si fa passare la paura attraverso altri significati, portandoci a chiederci se il suo aspetto non fosse in qualche modo collegato a sperimentazioni o riflessi del nostro mondo all’interno del Sottosopra.
Per arrivare a questo azzeccato risultato si sono passate diverse fasi più o meno simili tra loro. È interessante notare come la partenza fosse già più o meno strutturata intorno all’idea di renderlo simil-umano, utilizzando la carne e una pelle priva di alcun segno caratteristico, vicina quindi al nudo corpo della nostra specie. Il cambiamento su cui si è più lavorato è stata la forma della testa, lasciando ad essa il compito di distaccare la similitudine con l’uomo e portandoci verso una nuova tipologia di creatura.
Anche il Mind Flyer, all’inizio trattato come ombra, è stato successivamente reso come un mostro fatto della stessa sostanza di cui sono fatti gli umani. Essendo però un nemico molto più temibile e malvagio del Demogorgone – il quale era più istintivo che senziente – la sua apparenza è molto più deforme, cadaverica e orrida rispetto ai suoi compagni minori. Un occhio di riguardo ce l’ha il Democane, la piccola creaturina che Dustin decidere di far crescere nella sua stanzetta. Quest’ultimo è forse il più classico tra i tre e non è altro che una forma più bestiale del Demogorgone, il che ci suggerisce che potrebbe essere un sorta di stadio biologicamente precedente al mostro della prima stagione. Quantomeno però è l’unico che effettivamente osserviamo nel suo completo sviluppo, simile proprio a quello di un animale privo del raziocinio.
In ogni caso, lo studio della natura del Demogorgone è stato accompagnato a stretto contatto da quello del modo in cui il sottosopra si manifestava nel mondo reale, coinvolgendo quindi il team VFX per capire come e quali effetti andassero tenuti in considerazione. L’apertura della Porta e le sequenze girate sotto Hakwins (sia in senso letterale che dimensionale) ci presentano delle manifestazioni principalmente tentacolari con flora e fauna che assumono colori scuri e tratti decadenti/corrosivi. Niente di super astratto o totalmente estraneo alla nostra realtà, evitando così un totale distaccamento dalla Hawkins del presente. Il Sottosopra deve infatti essere uno specchio e allo stesso tempo incompatibile, senza questi due concetti Stranger Things non avrebbe avuto la stessa presa che viviamo oggi.
La natura umanoide è ciò che ancora il Demogorgone alla nostra realtà, rendendolo un mostro più metafisico che puramente brutale.
Allo stesso modo, la campagna promozionale è stato uno dei momenti vincenti per il marchio di Netflix, rendendola una vera e propria esperienza virale al limite dell’interattivo e del coinvolgimento. Il richiamo agli anni’80 e ai cult dell’intrattenimento è stata la chiave di volta per convincere le persone più adulte a dare una chance a una serie che, per impianto e narrazione, appariva molto più come per ragazzi. Il marketing dell’azienda ha quindi fuso le nuove tecniche comunicative con l’immaginario visivo del 1980, lasciando che l’unione tra i due potesse essere l’onda che avrebbe tirato fuori dal cassetto la voglia del pubblico di sfoggiare la propria anima retrò.
Nello scopo di questo articolo vogliamo sottolineare la bravura di Kyle Lambert, creatore di tutti i poster delle stagioni, nonché delle copertine dei diversi fumetti, libri e altri materiali legati esclusivamente al marchio di Stranger Things. La carriera di questo artista a Hollywood inizia proprio da Super 8 – film considerato di enorme ispirazione per l’opera dei Duffer Brothers – e un poster promozionale realizzato per esso. Sebbene sia nato come pittore, la sua voglia di mettersi in gioco e tentare la strada della lavorazione digitale gli ha permesso di ottenere risultati eccellenti, tanto da essere stato ingaggiato da Adobe per diversi video promozionali dei suoi prodotti.
Il lavoro con Super 8 permise a Lambert di essere notato da Netflix e di farsi nominare come l’unico artista a prendersi cura della principale immagine da utilizzare per i prodotti legati a Stranger Things. Il suo tratto caratteristico, come è evidente, è quello di riuscire a disegnare dei poster fotorealistici simili alle locandine più famose dei cult del cinema di un tempo. Il suo ingaggio con Stranger Things è sempre stato sotto gli occhi di ognuno di voi, a partire dalla copertina della nostra Core Story fino ai poster utilizzati alle anteprime stampa o sui cartelloni nelle metro. Ultimamente lo avrete potuto ammirare anche per il nuovo disco dei Muse o per il poster de La Bella e la Bestia. La sua tecnica è quindi un altro tratto caratteristico che permette a chiunque di riconoscere la serie a prescindere dal proprio interesse verso di essa, continuando a sottolineare quel gioco di alternanza tra passato e presente come fenomeno mediatico.
Allo stesso modo, il font è stato un altro simbolo che ha davvero polarizzato la rete, tant’è che alla fine lo hanno utilizzato quasi tutte le compagnie per accodarsi al periodo di rilascio della serie. Il carattere è l’ITC Benguiat, utilizzato proprio perché si trattava dello stesso che compariva sulle più famose copertine dei libri di Stephen King dell’epoca, oltre a essere stato adoperato anche nelle sequenze dei titoli di testa per i suoi primi adattamenti cinematografici e nei primi Librigame della storia editoriale.
Stranger Things vede in King una forte fonte d’ispirazione per il modo in cui il weird e il paranormale finiscono per immischiarsi nelle candide realtà rurali delle piccole cittadine americane, perciò era perfetto puntare a quell’effetto subdolamente horror che i titoli di testa dell’epoca avevano. Il neon rosso rappresenta proprio questa voglia di incutere ansia senza però dichiarare apertamente di essere davanti a un qualcosa di “spaventoso”, rimanendo quindi nel mistero e nell’inspiegabile. Un po’ come The Mist. Ma non la serie Netflix, quella vogliamo dimenticarla tutti.
La sigla di apertura e il suo design furono affidate a Imaginary Forces, lo studio che poi realizzò effettivamente la famosa sequenza che tutti amiamo e conosciamo, ispirandosi ai lavori di Richard Greenberg. Ci furono diverse prove prima di arrivare al risultato a noi conosciuto e alcuni bozzetti vedevano il carattere comparire nelle maniere più classiche, perfino vaporwave in certi aspetti. Alla fine ha vinto però il minimalistico contrasto del nero sul rosso, evitando troppi orpelli e permettendo di avere un impatto riconoscibile oltre che adattabile. Se Stephen King può mettere paura con due semplici frasi, allora ispirarsi a Greenberg può permettere ai nuovi creativi di ricreare la sua magia e incuterci terrore con una scritta, proprio come avvenne per Alien.
Ma, in tutto questo, esiste un Art of Stranger Things? O un artbook di qualsivoglia maniera dedicato alla serie? Escludendo ovviamente i fumetti ufficiali, la risposta è assolutamente no. O meglio, non ancora. Al momento un volume, chiamato Visioni dal Sottosopra, con 200 artisti coinvolti è in lavorazione presso la casa editrice Penguin e uscirà a ottobre 2019. Esso però non racchiuderà bozzetti ufficiali o analisi dei registi/sceneggiatori/artisti, ma sarà una semplice raccolta di illustrazioni dedicate al fenomeno di Netflix. Al momento però, non ci sono notizie riguardanti un artbook ufficiale, perciò dovrete accontentarvi delle illustrazioni presenti nei vari prodotti ufficiali del marchio, come Monopoly o i libri tie-in.