Stormfront, il superpotere del meme
Stormfront, nuova arrivata in The Boys, è senza dubbio il personaggio più riuscito della seconda stagione, anche grazie ai cambiamenti rispetto alla versione originale
The Boys è una serie di Amazon tratta da un fumetto di Garth Ennis e Dick Robertson che fino a poco tempo fa interessava solo a chi navigava con una certa consapevolezza nelle nicchie del fumetto, un po’ come The Umbrella Academy e, esattamente come la serie Netflix, prende l’idea originale per farne un adattamento consapevole di non potersi permettere la stessa potenza visiva ma consapevole di poter danzare intorno all’idea originaria per poter dire qualcos’altro.
Tuttavia, rispetto a Umbrella Academy, che è pura evasione disfunzionale a uso e consumo di un pubblico che vuole innamorarsi dei personaggi e operare un transfer sui propri problemi personali, come se i Tenenbaum incontrassero gli X-Men, The Boys sfrutta l’occasione per fare il dito medio ai cinecomic, così come Garth Ennis provocava il fumetto supereroistico, e, soprattutto, satireggiare sul mondo dello spettacolo.
Ecco, la prima stagione era esattamente questo: una sorta di grande presa in giro dello star system in cui al posto di attori, influencer e vip vari ci sono dei supereroi. Le interviste, i sorrisi di facciata, i segreti, gli odi sotterranei, i contratti di non divulgazione, la modellazione di una immagine per soddisfare gli appetiti del pubblico, gli abusi sessuali, la sensazione di intoccabilità data dal (super)potere e dalla fama. È tutto là. Vedendola ho ripensato a tutte le interviste fatte in questi anni e il brividino dell’autocritica mi ha fatto venire voglia di coprire meglio i miei dubbi.
La seconda ovviamente si inserisce lungo questo filone e per il momento sembra voler innestarci due temi: la caccia ai “terroristi” e la creazione di finte minacce per distogliere l’attenzione dalla notizia che gli eroi non nascono in quanto tali ma vengono creati a tavolino (come la maggior parte dei talenti mainstream) il secondo è Stormfront.
Nel fumetto Stormfront è così:
Un ragazzo cresciuto nella Germania nazista, frutto degli esperimenti di Hitler con il Compound V, l’equivalente di The Boys del siero del supersoldato, che adesso lavora per gli americani, senza aver perso neanche un po' dell'ideologia originaria. Lo Stormfront di Ennis è un nazista fatto e finito (Anche perché il nome è quello di un popolare forum dedicato ai suprematisti bianchi) un rimando forse agli scienziati che dopo la Seconda Guerra Mondiale furono normalizzati oltreoceano, una macchietta che fa il saluto romano e sproloquia sul Fuhrer. La sua è una figura fuori contesto nel mondo di oggi, quasi caricaturale. Servirebbe, anzi, serve, solo a fare da ombra a fenomeni molti più subdoli. Quelli che sfruttano pensieri come “Ma quelli di oggi mica sono veri fascisti! Non vogliono mica marciare su Roma o ricostituire il partito! Si muovono nel contesto democratico!”, come se ci fosse bisogno del fez, delle marcette o di avere in casa il busto di Mussolini per meritarsi l'appellativo di fascista.
Quello Stormfront forse avrebbe fatto la sua figura sullo schermo, ma sarebbe risultato scollegato dalla realtà, fin troppo cattivo e troppo poco subdolo per la politica odierna e per il tono della serie. Ecco quindi che il personaggio è stato sapientemente rimodellato per inserirsi nella satira contemporanea che tiene in piedi The Boys ed è diventato lei:
Ovvero l’alt right dal volto umano, quella che si batte per gli interessi degli ultimi, dei "fatti e logica", che fa la spesa sociale, che parla a quelli che non arrivano a fine mese e si sentono minacciati ma, ops, quella che non è che odiamo gli immigrati, odiamo chi delinque, ma soprattutto quella che ha preso d’assalto internet e gli Stati Uniti coi meme, tipo O’Bannon, teorico adesso ripudiato della destra moderna, che è riuscito pure a truffare chi lo stimava, fregandogli i soldi per tirare su un muro col Messico.
Nel suo ingresso nella serie Stormfront replica perfettamente le strategie utilizzate per lo spostamento a destra dell’asse politico. Si presenta come un personaggio di rottura col passato, pronto a smascherare la pigrizia e le incapacità dell’establishment, utilizza senza problemi mezzi di comunicazione contemporanei come le dirette su Instagram, ha uno stile di comunicazione che spezza il teatrino delle interviste preparate, parla alla gente comune nella lingua della gente comune, è "una di loro" e accenna addirittura l’idea di essere “woke” puntando sulla sorellanza tra supereoine.
C'è anche un punto interessante che mi faceva notare Claudio Cugliando in una prima discussione su questo pezzo: Stormfront è scelta dall'azienda, senza consultare gli altri, è una imposizione dall'alto pensata per equilibrare il team non tanto dal punto di vista dei poteri o dell'efficienza ma per il suo utilizzo comunicativo. Anche se la Vought conosce molto probabilmente chi sta inserendo nel team, questo non è un problema perché è la pedina che serve in quel momento.
Il trucco ormai è noto: dici una cosa orribile e poi una tutto sommato condivisibile. Quella orribile e un test per vedere quanto ti puoi spingere in là e catalizza l'attenzione su di te, quella condivisibile serve poi a calmare chi ha paura degli estremismi, presentandoti come un interlocutore affidabile. Così facendo riesce rapidamente a conquistarsi l’affetto del pubblico, oscurando Homelander, che rappresenta la vecchia destra repubblicana che deve fare spazio al nuovo.
Mi sono letto un po' di commenti in giro tra le persone che seguono la serie, la prima reazione di molti è stata nei toni di "Hey mi piace questa tizia che mette in imbarazzo Homelander, è troppo simpatica".
Tutto secondo i piani.
Nella quarta puntata scopriamo che Stormfront è in giro da parecchio tempo e che prima si limitava a uccidere qualche poveretto di colore isolato, accusandolo di crimini mai commessi, dopo averlo fatto accostare con la macchina. Vi ricorda niente?
Però poi ha cambiato nome, ha modificato il suo stile di comportamento e di comunicazione.
L’apoteosi di questa metafora, o la sua sottolineatura col pennarellone nero, è la scena di confronto fra i due supereroi. Stormfront ha appena fatto una strage totalmente gratuita per eliminare una minaccia e mascherando la cosa come danni collaterali dovuti a un inseguimento. La propaganda ovviamente attribuisce i morti ai famigerati “terroristi” e la esalta come eroina.
Homelander, il complessato, infantile, egomaniaco, psicopatico Homelander, vede i memini brutti e normaloni fatti contro di lui e sbotta. Anche se sono immagini veramente basiche, fatte senza alcuna abilità che servono solo ad arrivare a tutti per generare massa critica sono più che sufficienti per minare l’autostima di un semidio che cerca subito il confronto.
Il risultato è una sorta di gigantesco “Ok Boomer” che segna la linea di confine tra cartelloni e meme, tra Morisi e Publitalia.
“Hai speso 273 milioni di dollari per quel cazzo di “Salvare l’America e ti sto facendo mangiare la polvere con cinque tizi che sfornano meme dai loro portatili. Praticamente li pago con buoni di Arby’s (una catena di fast food)”.
E ancora
“Non hai bisogno di 50 milioni di persone che ti amino, ti serve la rabbia di cinque milioni di persone. Le emozioni vendono, la rabbia vende. Tu hai fan, io ho soldati”.
https://www.youtube.com/watch?v=cLF3-6ZRJsM&t=108s
Con le uscite condivisibili mescolate a comportamenti orribili, la capacità di buttarla in caciara per inquinare il dibattito rilanciando sempre senza mai giustificarsi, giocando sempre al limite tra scherzo e reale, tra layers e zero layers, e la totale mancanza di morale abbinata a una completa conoscenza di come amplificare nel modo giusto il proprio messaggio, Stormfront ci ricorda quanto può essere complicato il lavoro di decrittazione di ciò che abbiamo davanti e quanto sia facile riuscire a sdoganare concetti orribili usando il Cavallo di Troia del qualunquismo condivisibile.
La sua esistenza è un piccolo e utile bignami che tutti possono consultare senza dover per forza leggere un saggio contemporaneo come Contro la vostra realtà, La Guerra dei Meme o Cortocircuito. Come politica, social media e post-ironia ci hanno fottuto il cervello.
Adesso bisognerà vedere come andrà avanti questo arco narrativo, che per il momento promette benissimo, anzi, personalmente mi pare la parte più interessante della seconda stagione. Forse Stormfront si aprirà un canale Twitch per giocare a Fortnite e parlare come una “libera pensatrice contro la dittatura del politicamente corretto”, forse aprirà un profilo Onlyfans, forse farà balletti su Tik Tok, per adesso mi godo i meme, anche se non c’è niente da ridere.