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Eddie Munson ero io e non vi stavo così simpatico, però se volete giocare ci sto

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Troppo facile amare i nerd quando li vedi in tv, soprattutto se sei uno di quelli che si ricorda com’era la vita ai tempi. Ma il rancore è per gli stronzi.

Ho iniziato a pensare questo articolo con una rabbia ben precisa.

 

Sono giorni in cui Eddie Munson, dopo aver dominato la scena in Stranger Things appare più o meno in ogni storia della mia bolla social, le donne lo amano, gli uomini vorrebbero essere come lui, in alcuni casi sono stati lui (anche alcune ragazze lo sono state, siamo onesti).

 

Giorni in cui un tizio metallaro, amante dei giochi di ruolo, vittima consapevole del panico morale e del pregiudizio che ha deciso di arredare e rivendicare lo spazio in cui la società lo ha rinchiuso diventa improvvisamente l’idolo delle folle, quello a cui lanciare cuoricini e attestati di stima.

 

Ed è questo che ha reso la mia rabbia precisa, perché non sarà stato il 1986 (avevo cinque anni) e non sarà stata una high school americana, ma considerando lo scarto culturale tra USA e Italia Eddie Munson lo potevi trovare serenamente in un liceo italiano e per un rapido calcolo statistico buona parte della gente che oggi lo esalta all’epoca l’avrebbe schifato.

E inutile girarci troppo attorno, oggi molti idolatrano ciò che all’epoca non avrebbero toccato manco con un bastone e lo so perché all’epoca ero un ragazzino un po’ troppo appassionato di videogiochi, fantasy, fantascienza e giochi di ruolo che ne parlava pochissimo per evitare di trovarsi addosso l’ennesima etichetta.

 

Attenzione, non sto dicendo che se uno oggi scopre Kate Bush, ascolta i Metallica o gioca a Dungeons and Dragons è uno stronzo perché non è un “vero fan”, non sto cercando di trascinarvi dentro un rant da gatekeeper, anzi, sono un fiero sostenitore che più siamo meglio stiamo, sto solo cercando di ricordare effettivamente come stavano le cose. Perché magari guardando Stranger Things uno finisce per identificarsi nei protagonisti ma la verità è che tanti di voi erano quelli sullo sfondo, gente pronta a ridere di te perché almeno non si rideva di loro.

 

Ricordo bene l’Eddie Munson che avevo in classe io, era un tipo taciturno, vestiva sempre un giacchetto di jeans e una maglietta metal, ogni tanto mi passava i dischi e fu grazie a lui se improvvisamente mi trovai a mescolare la dance italiana degli anni ’90 con Master of Puppets e The Number of the Beast. Ci trovavamo a casa mia a giocare a basket in cortile, dove avevo fatto mettere un canestro. Spesso ci raggiungeva un altro degli outcast della classe con cui montavamo PC e mini4WD, un vecchio amico con cui scoprii Doom per la prima volta.

 

A quanto pare, se qualcuno ci avesse visto nel 2020 saremmo stati quelli fighi e un po’ teneri da imitare e su cui fare le fan art, ma vi assicuro che all’epoca eravamo dei reietti e probabilmente non avreste voluto starci troppo vicini.

 

Per questo oggi mi fa un po’ ridere questa ode a Eddie Munson, il king of the nerd, il metallaro che gioca a Dungeons and Dragons e che “mio dio, ma parla di me”. Mi fa ridere anche perché attorno a voi è pieno di Eddie Munson, ma siccome non sono avvolti nella patina di nostalgia, allora li schifate comunque. Perché le cose sono divertenti solo se ve le racconta una serie TV. Eddie non rappresenta la rivincita dei nerd, ma l’ennesima vittoria dell’ipocrisia.

 

Perché un sacco di gente metterà quella maglietta dell’Hellfire Club senza aver mai provato quello che si prova a mettere una determinata passione rispetto al bisogno di piacere a tutti o a non capire perché uno dovrebbe essere preso per il culo se lancia un dado invece di dare un calcio a un pallone.

Sarebbe un po’ come dire di far parte del Club dei Perdenti di IT se non v’hanno mai menato, se non siete mai scappati da qualcuno, se non avete mai saputo cosa si prova quando

Ma perché tanta gente ha amato quel personaggio senza aver alcun tipo di apprezzamento per i veri “Eddie”? Beh innanzitutto perché, appunto, è un personaggio. Eddie non esiste, è creato per stare simpatico nel contesto di una storia ed è interpretato da un attore caruccio, è scritto per stare simpatico e ispirare empatia. Le persone vere non sono così, non hanno il lusso del filtro di una serie tv e spesso neppure possono giocare la carta dell’avvenenza.

E poi, beh perché là fuori c’era più gente così di quanta da ragazzini potessimo immaginare, tanta gente che oggi si vede finalmente rappresentata sullo schermo da qualcosa che non è una patetica serie tv con le risate registrate. A volte mi capita di parlare con amici e colleghi di altre città ed è curioso vedere come, senza alcuna coordinazione, in tanti e tante abbiamo seguito lo stesso percorso, come guidati da una stella polare.

 

E adesso finalmente vediamo quel misto di figaggine e fragilità che si prova a perseguire la passione della propria nicchia a qualunque costo messa là, nero su bianco. Anche se ammetto che io sono sempre stato più Dustin: perennemente alla ricerca di fratelli maggiori con cui condividere le mie passioni, sempre pronto al gioco di squadra.

 

Quindi, insomma, io sta gente che oggi fa il dito medio a tutti quelli che fanno gli occhi dolci a Eddie la capisco.

 

Ma se c’è una lezione che ho imparato nei miei anni di Eddie Munson (o Dustin), lezione che è passata anche attraverso gli anni in cui, pur di non venire bullizzato, bullo lo sono diventato anche io, è che se chiedi al passato un risarcimento l’unico che può pagarlo sei tu col tuo atteggiamento che hai oggi.

 

Quindi, sapete che vi dico? Che la rabbia con cui avevo iniziato questo pezzo preferisco scioglierla in una linguaccia con le dita che fanno le corna. Non sono il diavolo né sono qui per fare il lavoro del diavolo, ma per fare sì che il prossimo Eddie Munson da ragazzino non debba essere pestato nei bagni come succedeva a me, che qualcuno non gli butti per terra i libri o lo prenda in giro per aver chiesto se qualcuno volesse giocare di ruolo.

Quindi facciamo così, voi oltre a mettere i cuoricini a un attore con la parrucca guardatevi un po’ attorno, sono sicuro che siete circondati da gente che ha delle passioni che non sono le vostre, i cui occhi si illuminano se gli chiedete di parlarvene, persone miti ma risolute, appassionate ma schive che magari non vedono l’ora di coinvolgervi e farvi tirare un dado da 20, spiegarvi come è quel videogioco che è uscito, parlare per una volta di qualcosa che non sia la serie tv che piace solo a voi, il calcio, il gossip. E mi rivolgo qua soprattutto ai maschi: attorno a voi ci sono tante ragazze che vorrebbero semplicemente parlavi di passioni considerate "da maschi" senza sentirsi delle extraterrestri.

 

Guardatevi attorno perché di Eddie è pieno il mondo e vi assicuro che ogni tanto può anche essere gente simpatica. Io, dal canto mio, continuerò a fare ciò che faccio, sapendo come è andata, che il passato è passato, e che non ho bisogno dell’approvazione di chi non apprezza ciò che amo, mi basta esser lasciato in pace.

 

Sono stato schernito, isolato e pure menato, mi sono sempre sentito strano e diverso, ma non quell’isolato e diverso che fa tanto figo nei video motivazionali, quello in cui ti senti veramente solo e vorresti semplicemente capire che hai fatto di male nell’amare più i dadi da 20 del calcio.

 

E visto che quelle passioni sceme mi hanno salvato la vita, portarmi dietro quell’astio nel presente non mi serve a niente, è solo zavorra che mi impedirebbe di godermi il bellissimo momento che è l’oggi. Siamo sempre stati dei reietti ma oggi sappiamo di non essere soli ed è bellissimo che un sacco di altra gente ci chieda consiglio.  E visto che non siamo come loro quel consiglio glielo daremo.

 

Ma se ogni tanto mi scappa di raccontarvi perché mi sto esaltando mentre dipingo una miniatura, ricordatevi che non fareste quelle facce se fossi dentro una serie tv Netflix. E se lo faccio non è perché voglio la vostra approvazione, ma perché condividere le nostre passioni è semplicemente bello.

 

E mentre qualcuno la maglietta dell’Hellfire Club fra qualche anno la userà come straccio per spolverare là fuori c’è tanta gente che non se la potrà togliere mai, perché è sotto la pelle.

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