Solo, una storia di Star Wars nell'era del "pensavo peggio"
Il film dedicato ad Han Solo visto attraverso due punti di vista: quello del fan e quello di un'analisi che cerca di non saltare sulla sedia per ogni riferimento alla saga
“M’aspettavo peggio” è una frase che ho detto io e che ho sentito ripetere ai molti che erano con me a vedere l’anteprima di Solo: A Star Wars Story. Vuoi perché l’anteprima di Cannes l’aveva massacrato, vuoi perché come dice come dice Harrelson nel film "Parti dal principio che ti tradiranno e non rimarrai mai deluso".
Tanto ormai i film sono una sorta di reazioni a catena di sensazioni altrui. Prima l’élite che va alle anteprime statunitensi per vip, poi la stampa/youtuber/influenzatori vari, poi chi va il primo giorno e infine chi recupera quando ha tempo.
Una specie di Human Centipede in cui il film passa come una sorta di bolo predigerito e tu devi capire se chi ha espresso il giudizio prima del tuo è un coglione o un genio in base al tuo gusto personale, mentre passi il tuo giudizio a quelli sotto di te.
M’aspettavo peggio non vuol dire bene ovviamente, vuol dire che in Solo ci sono meno difetti di quelli che pensavo di trovare, che non ho sentito quello strisciante senso di fastidio che ti prende quando vedi qualcosa che non riesci a guardare se non cambiando le carte in tavola (Thor: Ragnarok va benissimo se la butti sulla commedia totale, altrimenti è un supplizio) e che ogni tanto l'emozione è venuta fuori, potente e cristallina.
Solo segue la doppia linea produttiva dei film di Star Wars: quelli che portano avanti la storia sono pensati per pescare nel pubblico più giovane, questi spin-off invece per chi da piccolo era curioso di saperne di più, si leggeva i fumetti, i romanzi e si comprava ogni possibile enciclopedia sul tema (non fate quella faccia ci siamo passati tutti, il nozionismo è il miglior amico del nerd). E se nella saga principale il fan di vecchia data si sente ormai sperduto è negli spin-off che può assaporare l'aria di casa.
Anche se ormai questo bombardamento di film sta iniziando a rendere Star Wars una cosa che capita, come le stagioni, e non un evento in grado di modificare la realtà attorno a sé.
Ecco perché ho sentito il bisogno di scindere il mio giudizio su Solo, da una parte l'uomo, dall'altra il fan, due recensioni brevi: una con l’emisfero dell'amante di Star Wars in maniera viscerale e una senza il motivatore dell’iperguida attivato, da quasi quarantenne equilibrato e postmoderno.
La recensione del quasi equilibrato quarantenne postmoderno
Han Solo è l’archetipo di tutti gli sbruffoni spaziali venuti dopo di lui, è il pirata, la simpatica canaglia, l’antieroe che fa la cosa giusta ma la nasconde sotto una coltre di cinismo. Avevamo proprio bisogno di spiegare il mito, rendendolo umano? Probabilmente no, soprattutto perché nessuno può essere Harrison Ford, neppure l’Harrison Ford di oggi. Non sapremo mai che film avevano in mente gli autori prima di Ron Howard che qua non dimostra alcun guizzo particolare, è stato scritturato per attenersi al piano e si vede. Tutto è molto semplice, preciso, mai un guizzo, ma un'identità visiva. Una regia con la vibrolama di Kathleen Kennedy puntata alla gola.
Fondamentalmente questo è un film con cui Disney cerca di far pace coi fan di Star Wars dopo Gli Ultimi Jedi dandogli tutto ciò che vogliono: le battute che citano altre battute, i momenti topici, il cameo illustre, la continuity spessa e attenta, persino con le serie animate. Avete presente quando del Trivial Pursuit facevano le edizioni dedicate a un solo tema? Ecco, questo è il Ready Player One dei fan di Star Wars che distilla fanservice non appena rischia di perderti.
Sorprendentemente mi sono ritrovato a non divertirmi più di tanto nelle scene d’azione, perché l’unico vero divertimento era appunto la scoperta delle strizzate d’occhio.
Belli alcuni personaggi, come il mentore di Han, ovviamente Lando, altrettanto ovviamente Chewbacca, mentre la Clarke come al solito è rigidissima. Peccato per il cattivo usato poco e male e per il solito personaggio un po’ diversity inserito più forzatamente del solito.
C’è molta meno ironia di quanto mi sarei aspettato, si ride quasi sempre con un ghigno beffardo, come si confà al personaggio. Però gli manca comunque qualcosa, gli manca una identità visiva tutta sua, quella che aveva Rogue One, da cui rubacchia la vita di trincea, gli manca di farci vedere cose che non abbiamo già visto dentro Star Wars in tutte le salse. È un film che vive di alcune belle scene attorno a cui c’è ben poco che non sia l’equivalente visivo di una voce di Wookiepedia.
Colonna sonora? Quasi non pervenuta, tranne qualche suggestione citazionista, peccato, il tema dei trailer era bello.
Dobbiamo entrare nell’ordine delle idee che ormai i film di Star Wars non sono più eventi epocali che ci cambiano l’annata e forse la vita (non a noi almeno) sono film che possono essere anche medi, né capolavori da osannare né oscenità da crocifiggere in rete. Solo: A Star Wars Story è medio. Ti intrattiene, ti diverte, a volte ti annoia, poi lo metti sullo scaffale, assieme agli altri, come succedeva per i fumetti, conservando alcune buone scene che ti riguarderai saltando tutto il resto.
La recensione del fan che s'è appena comprato il Millenium Falcon di Lego
Toccare Han Solo vuol dire fare un pesantissimo atto di lesa maestà e infatti neanche per un secondo questo mascellone piacione riesce in qualche modo a farcela, ma proprio no. Non è colpa sua eh? Ci prova ma è come cercare di soppiantare in cinque minuti una relazione amorosa durata anni. Prima conosciamoci meglio, parliamone, non è che entri subito in casa mia, ti metti in mutande e ti servi dal frigo.
Superato questo scoglio iniziale BOOM, si capisce subito che chi ha scritto questo film si è studiato perfettamente i riferimenti necessari per creare qualcosa che fosse in sintonia con i fan e desse loro tutti i dettagli necessari per godere come ricci.
Ecco Han che riceve la sua pistola, Han che incontra Chewbacca e che parla persino in Wookie! Han che conosce Lando, il Sabacc, l’allacciamento con le serie animate, il Falcon. Tutto è fatto per riempire vuoti, creare una base solida e raccontare la genesi del personaggio che alla fine matura così tanto da riuscire a sparare per primo.
È come se qualcuno durante la produzione avesse cercato in tutti i modi di rispondere alla domanda “Cosa vorrebbero vedere i fan di Star Wars nella storia di Han Solo?” Cosa che probabilmente è successa. Manca soltanto la vestizione col gilet nero e poi c’è TUTTO. Quando vedi per la prima volta lui e Chewbacca che si siedono ai comandi del Millenium Falcon non ti possono non venire i brividi se ami questa saga.
Ma poi come se non bastasse hanno messo anche un sacco di chicche visive, i rodiani, le vibrolame, il Teras Kasi, Corellia, le armature mandaloriane e la Rotta di Kessel! Signori abbiamo la Rotta di Kessel! Alla fine, vorresti che questo fosse solo il primo capitolo di una nuova trilogia che ci porta dritti dritti a quel tavolo su Tatooine di fronte a Greedo. Anche stavolta il droide è azzeccato, quelli gli vengono sempre benissimo, dovrebbero fare un film solo su di loro.
Questo è un film che o lo ami o lo odi, ma se sei un fan di Star Wars, se ti sei letto tutti i fumetti, se ami l’universo espanso non puoi non godere nel collegare tutti i puntini. È la stessa soddisfazione che provi quando un pezzo del puzzle che stai facendo scivola dolcemente al suo posto.
Tranne la faccia di Alden comesichiama.