La gestione del ritmo: l’esempio di Katsuhiro Ōtomo in Akira
Una piccola lezione di regia basata sulle capacità dell’autore di Akira di raccontarci una scena d’azione
Penso spesso che uno degli aspetti principali che separa i registi veri da coloro che fanno finta sia la padronanza nella gestione del ritmo.
Vi faccio un esempio preso da un maestro in queste cose. Non scelgo però un film, ma un fumetto. Nel terzo volume della raccolta AKIRA, l'autore, Katsuhiro Ōtomo gestisce la tensione e la scansione delle inquadrature (vignette in questo caso) in maniera esemplare. Studiamolo dai.
Verso la fine di quel volume ci sono tre tavole semplici ma magistrali da questo punto di vista. Quello che accade, a livello narrativo, è quasi banale: due personaggi sono in fuga. Il ragazzo (Kaneda) sta scappando trascinando con se un bambino (Akira). Arrivano all'uscita dell'edificio ma la porta è chiusa. Non fanno in tempo a trovare una via di fuga che una guardia li sorprende alle spalle. Sono in trappola, ma oltre la porta a vetri c’è una ragazza (Kei) con l’arma spianata. La guardia fa fuoco, ma manca il bersaglio. La ragazza risponde e uccide la guardia. Kei apre la porta e libera i due. Fine.
Come lo racconta Ōtomo? Lo fa in tre tavole, eccole:
Letto tutto? Bene, ora separiamo le vignette e scopriamo cosa fa Ōtomo. Pronti? Via.
Vignetta 1
La scena inizia con un esterno largo. Vediamo una piscina. L’acqua è calma. Silenzio e attesa.
Vignetta 2
Restiamo fuori, ma ci avviciniamo alla porta a vetri. Udiamo il clangore degli infissi chiusi. Kaneda e Akira non possono uscire! Sale la tensione.
Vignetta 3
La reazione di Kaneda è raccontata dall’interno dell’ambiente. L’inquadratura è alta. Perché? Perché in questo modo ci viene anticipato il punto di vista successivo ...
Vignetta 4
“HALT!” Ecco la guardia. Li tiene sotto scacco. Lo fa da una posizione vantaggiosa. Sono in trappola. La tensione aumenta.
Vignetta 5
La pagina seguente si apre con uno stacco in asse. Ci viene mostrata la risposta sbruffona di Kaneda.
Vignetta 6
Controcampo sulla guardia. Il taglio è più stretto. La guardia non dice nulla di rilevante, serve solo a dilatare il tempo mentre la tensione sale.
Vignetta 7
Inserto sul bambino Akira che si nasconde.
Vignetta 8
Primo piano strettissimo del volto della guardia sorpreso. Qua è importante capire che Ōtomo mostra la reazione della guardia DOPO la sua soggettiva e non al contrario. In questo modo noi pubblico/lettore siamo leggermente in anticipo rispetto al “nemico”. E questo va bene perché stiamo dalla parte dei buoni e anticipare il reveal del bambino ci fa gelare il sangue un attimo prima che il cattivo se ne accorga.
Vignette 9 - 10 - 11
Se fosse un film la macchina da presa qui non fa un carrello in avanti, ma uno stacco in asse e poi uno zoom a stringere sull’uomo che scende le scale. Quando il volto entra nell’inquadratura riesce a scorgere oltre la vetrata. “ULP!” Il cattivo è sorpreso! Ma questa dato non ci viene offerto con un primo piano, ma con un piano americano perché Ōtomo ci mostra che l’arma è in posizione di riposo.
Vignetta 12
Kaneda reagisce alla reazione della guardia. Anche lui è sorpreso. Ma alle sue spalle c’è qualcuno. Noi lo sappiamo, ma non Kaneda. Ōtomo qui fa sua una delle grandi lezioni del cinema di Spielberg: il pubblico deve conoscere appena un po’ di più di quello che sanno i personaggi nel film. Solo così l’empatia diventa speranza, solo così si parteggia davvero per il protagonista. Steven Spielberg lo racconta bene in questo filmato per la tv giapponese.
Vignetta 13
Dettaglio. È Kei! La sua arma, al contrario di quella della guardia, è già puntata. Quindi lei è in posizione di vantaggio.
Vignetta 14
La guarda imbraccia il fucile. Kaneda urla il nome della ragazza. Se fosse un film a livello di scena abbiamo la reazione della guardia e in audio abbiamo il richiamo al nome, poi con una panoramica a schiaffo verso destra ...
Vignetta 15
... vediamo il vetro esplodere. Sentiamo il colpo e, per mostrarci chi ha sparato, Ōtomo fa schizzare le schegge verso l’esterno.
Vignetta 16
Il proiettile finisce in acqua. Kei si ripara, ma immediatamente dopo …
Vignetta 17
... BAM! Il nemico viene colpito alla testa. Non vediamo mai Kei far fuoco e Ōtomo può permettersi di risparmiare una vignetta: la postura plastica del corpo della guardia ci suggerisce che il colpo lo spinge all’indietro (e che proviene da fuori).
Vignetta 18
Dettaglio del bossolo di Kei che rotola. In conflitto si è concluso e questa inquadratura serve a sgonfiare la tensione. È, in sostanza, il punto in coda alla frase.
Vignetta 19
Fase di decompressione. La minaccia è risolta. La guardia rotola goffamente lungo la scalinata.
Vignetta 20 - 21
Kei fa saltare serratura. Segue un taglio medio. Vediamo entrambi i ragazzi. Battuta. Sono liberi.
Qui la lezione di Ōtomo è che ogni scena, in particolare quelle di azione, non è altro che una collana continua di carico e scarico della tensione. Nelle vignette che abbiamo appena visto ci viene più volte mostrata la fase di scarico contestualmente a quella di carico.
- Scarico: Kaneda urla “Kei”,
- Carico: il cattivo imbraccia il fucile.
- Scarico: il proiettile va a vuoto
- Carico: Kei prende la mira.
… e così via.
Girare una scena come questa richiede una forte intenzionalità nel far convergere i numerosi aspetti del fare cinema in un percorso unico. Ecco perché l’approccio solito di tanto cinema italiano (e cioè “giriamo mastershot + campi + controcampi + dettagli che poi ci pensiamo in montaggio”) è un approccio sciatto con il quale si ottengono risultati, beh, sciatti.