Neon Genesis Evangelion - L'opera che ha cambiato tutto
Neon Genesis Evangelion - Cosa è stato, cosa ha portato nel mondo dell'animazione giapponese e perché dovete vederlo per forza!
Neon Genesis Evangelion debuttò ufficialmente il 4 ottobre 1995 su TV Tokyo. Riprendiamo da questa frase il lungo excursus che ho preparato in relazione all’annuncio di Netflix circa la trasmissione di Neon Genesis Evangelion sulla sua piattaforma (aprile 2019). Ma soprattutto, è la continuazione di quanto ho detto la volta scorsa, ovvero che Evangelion è “la serie animata degli anni novanta”.
Come detto, la serie è stata trasmessa su TV Tokyo, e più precisamente su Tokyo Channel 12. Ma come ricorda Wikipedia, l’emittente giapponese non trasmise Evangelion in tutte le 47 prefetture giapponesi, ma solo in 13 di esse. E nonostante l’opera andò in contemporanea anche sul TV Osaka, TVQ Kyushu Broadcasting, TV Hokkaido e TV Setouchi (tutte consociate di TX Network, titolare di TV Tokyo), non si riuscì ad avere una piena copertura nazionale. Ed è facile immaginare perché.
Evangelion fu trasmesso in una fascia oraria molto competitiva, ovvero quella delle 18:30. Per farvi capire chi aveva “contro” Evangelion, vi basti pensare che quasi in contemporanea venivano trasmessi Chibi Maruko-chan (Fuji TV), Mobile Suit Gundam Wing (TV Asahi), le prime puntate di Detective Conan (Yomiuri TV) ed anche Dragon Ball GT (che iniziò praticamente una settimana dopo Evangelion, di cui andavano in onda le prime repliche delle ultime puntate). Considerate inoltre che quello è un orario molto particolare in Giappone, perché coincide con il ritorno da scuola di molti studenti. Ed anche di qualche lavoratore.
Una competizione molto, molto difficile per Hideaki Anno e soci. Forti dell’esperienza economicamente disastrosa ma altamente formante di “Nadia e il mistero della Pietra Azzurra”, gli animatori dello Studio Gainax sapevano già come dovevano lavorare per produrre una serie in tempi strettissimi. E tutto sommato ce la fecero. Ma non senza qualche problema.
https://www.youtube.com/watch?v=t-QSmNReDyI
Evangelion piacque, ma non senza alti e bassi. Non ci fu il classico “boom” di alcune serie culto dei giorni nostri, ma una lenta e misteriosa altalena. In primis perché Evangelion era un prodotto originale, non derivato da nessuna opera. Non c’erano light novel o manga da cui Evangelion fosse tratto e che i giapponesi avessero già letto e quindi assimilato. Non c’era una fanbase pronta a supportare la serie (cosa che in Giappone fa tantissimo). E soprattutto, non c’erano aspettative su Evangelion. Forse qualche vecchio fan di “Nadia e il mistero della Pietra Azzurra” poteva ricordarsi dello Studio Gainax, ma erano passati più di quattro anni dall’ultimo episodio di quella serie. E questa era una produzione totalmente nuova.
Per farvi capire: la prima puntata di Evangelion registrò qualcosa come un 7,1 di share, che equivale a più o meno sette milioni di spettatori. La serie proseguì bene, tra pochi picchi degni di nota e qualche deludentissimo basso (lo 0,9% della 14ma puntata è veramente pesante, sicuramente segnato dai noiosissimi dieci minuti iniziali dell’episodio). Ma il finale della serie ha portato a casa un buonissimo 10,3% di share (quasi dieci milioni di telespettatori), nonostante le censure e i tagli a cui l’anime è stato sottoposto. E come non citare (lo fa anche Wikipedia) la prima replica della serie che, mandata in tarda serata, ha raggiunto picchi dello 5-6% di share in un orario dove anche un semplice 2% sarebbe stato più che ottimo.
Come ha fatto Evangelion a crescere così tanto proprio verso la seconda parte della serializzazione? Il merito va tutto attribuito ad Anno che, e non mi stancherò mai di ripeterlo, ha realizzato un vero e proprio capolavoro. E per dare merito a quello che sto dicendo, dobbiamo finalmente entrare nella trama di Evangelion.
Neon Genesis Evangelion narra le vicissitudini del quattordicenne Shinji Ikari che, in un giorno maledetto della sua vita da tipico adolescente giapponese, viene convocato dal padre (Gendo Ikari) con una proposta che suona più come un comando: pilotare un enorme robot umanoide chiamato “EVA-01” per difendere la Terra dagli “Angeli”, esseri misteriosi che mirano a distruggere l’umanità (o forse no).
Orfano di madre e sostanzialmente abbandonato da un padre troppo invischiato in strane ed oscure organizzazioni dai nomi tedeschi (la NERV su tutti), Shinji non ha alcuna intenzione di pilotare quella macchina da guerra color viola. Ma durante la “convocazione” di Shinji al cospetto del padre, un “Angelo” attacca Neo Tokyo 3, l’avanzatissimo conglomerato urbano sviluppato dopo il Second Impact, un cataclisma che ha cambiato la Terra nell’anno duemila sciogliendone i ghiacciai eterni e modificando l’asse terrestre.
Pieno di rabbia nei confronti del padre e per nulla intenzionato a combattere, Shinji rifiuta la proposta. Gendo non sembra affatto turbato da questo e, trattando il figlio con estrema indifferenza, dà ordine di preparare un secondo pilota: Rei Ayanami. Alla vista della ragazza completamente bendata portata in barella vicino al robot, Shinji accetta “la proposta” di Gendo. Ripetendo a sé stesso di “non fuggire” (proprio come Anno ha detto a se stesso durante la realizzazione della serie), Shinji si fa coraggio e sale a bordo dell’EVA-01. Ed è così che inizia Neon Genesis Evangelion.
Come confermato in diverse interviste, il personaggio di Shinji Ikari è quello in cui Hideaki Anno si rispecchia di più. La personalità del ragazzo è stata plasmata da Anno in base al suo vissuto, e la crescita di Shinji durante la serie attraversa diverse fasi molto difficili e dolorose. Fasi che Anno riesce a elaborare molto, molto bene.
Se avete visto “Nadia e il mistero della Pietra Azzurra”, saprete già che la serie aveva un forte contenuto filosofico. Anno è infatti un affamato lettore di classici della filosofia europea ed orientale, e sia in Nadia che in Evangelion si possono trovare molti rimandi ad Arthur Schopenhauer (la quarta puntata si chiama “Il dilemma del porcospino”, e non a caso), Søren Aabye Kierkegaard e tanti altri. Nel corso di Evangelion Anno ha anche approfondito la sua conoscenza della psicologia, cosa che ha influenzato moltissimo la sua opera e che l’ha resa molto più particolare ed interessante agli occhi di un pubblico maturo.
È infatti l’approfondimento psicologico dei personaggi una delle chiavi del successo di Evangelion, se non proprio il motivo principale per cui la serie è diventata un “cult” senza tempo. Grazie alla buonissima caratterizzazione dei protagonisti (Shinji su tutti), Anno ha potuto lavorarsi molto bene concetti psicologici importanti come l’Eros e il Thanos, il complesso di Edipo, la Destrudo e la Libido e la fase orale (solo per citarne alcuni). Concetti questi approfonditi moltissimo da Sigmund Freud e Carl Gustav Jung, padri della moderna psicanalisi da cui Anno ha tratto a piene mani. Ed è curioso annotare che, proprio durante la stesura del primo canovaccio di Evangelion, Anno ricevette in regalo un libro di psicologia da un amico. Episodio che, a quanto pare, è stato molto importante per la buona riuscita dell’opera.
Meravigliosamente caratterizzati sono i personaggi che gravitano attorno a Shinji, dove su tutti spiccano sicuramente Rei Ayanami e Asuka Sōryū Langley. La prima è stata universalmente riconosciuta come la “premium girl” dell’animazione giapponese anni novanta: personaggio popolarissimo in Giappone, Rei è l’incarnazione della ragazza disillusa e totalmente disinteressata al prossimo e alla sua stessa esistenza. Un personaggio che si scoprirà essere importantissimo sia durante la serie che in “The End of Evangelion”, dove avrà un exploit che dire esagerato è poco.
Asuka è invece il personaggio femminile più fragile ed allo stesso tempo più snervante dell’animazione giapponese tutta, e la sua storia personale è così interessante che ci vorrebbe un capitolo a parte di questo mio lungo excursus per analizzarla a dovere. Asuka infatti la si “ama” o la si “odia”, ed anche lei ha un ruolo importantissimo in “The End of Evangelion”. Oltre ad essere uno dei personaggi più popolari della serie “classica”, sia ben chiaro.
Asuka è inoltre uno degli achetipi classici della ragazza "tsundere" tipica dell'animazione giapponese. Il suo carattere, all'apparenza forte e deciso, nasconde una fragilità più unica che rara. Ed anche se le "aperture" verso Shinji sono troppo poche per definirla una "tsundere" al 100%, non v'è modo di definirla diversamente. Ma di tsundere ne parleremo sicuramente in qualche articolo, tranquilli!
https://www.youtube.com/watch?v=eq5tXnflvKQ
Un altro dei punti di forza di Evangelion sono i vari riferimenti esoterici e religiosi presenti nell’opera. Nonostante Anno e lo Studio Gainax abbiano ribadito più volte che questi sono stati usati solo come pretesto per dare alla serie un’ambientazione più intrigante, il buon uso fatto di questi simboli è concetti misteriosi merita sicuramente di essere menzionato tra i meriti del successo di Evangelion.
Ad esempio, i nomi degli Angeli appartengono tutti alla “kabbala” ebraica, ed il loro aspetto rispecchia simultaneamente il significato esoterico e l’attribuzione moderna al disagio esistenziale della civiltà giapponese secondo Anno. Ma citare tutti i riferimenti sarebbe troppo lungo e didascalico, quindi mi limito a consigliarvi di guardare Evangelion e di trovarli voi stessi. Approfondendoli, se la cosa vi intriga.
Ma la cosa che mi ha sempre mandato “ai matti” di Neon Genesis Evangelion sono proprio loro, gli EVA. Per anni avevamo visto i “robottoni giapponesi” come divoratori ultra-tecnologici di “libri di cibernetica” ed “insalate di matematica”. Esseri di ferro senz’anima, a volte giganteschi ed unici (come Daitarn 3, ad esempio) a volte più piccoli e prodotti in serie (Gundam).
Gli EVA non sono niente di tutto questo. Gli EVA sono dei giganti di carne, ossa, nervi e denti con addosso delle pesanti armature, ed i suoi piloti (i “children” come Shinji, Rei ed Asuka) sono collegati a loro tramite un assurdo ed intricato sistema neurale. Il fatto stesso che gli EVA siano collegati loro stessi a degli enormi generatori di corrente tramite un cavo denominato “Umbilical Cable” li rende diversissimi dai tantissimi robottoni apparsi prima di Neon Genesis Evangelion. Ed è praticamente palese che all’interno di ognuno degli EVA protagonisti della storia ci sia un’anima, e non una serie di circuiti o progetti di ARDUINO in larga scala.
Se Netflix saprà ben gestire i diritti di Evangelion, alla pubblicazione della serie completa sulla piattaforma dovrebbero aggiungersi anche i film “Death&Rebirth” ed il superbo “The End of Evangelion”. Ed è qui che vi volevo portare.
Il finale di Neon Genesis Evangelion è stato in assoluto uno dei più criticati dell’animazione giapponese dal 1959 (anno in cui veniva trasmesso per la prima volta Astroboy, meraviglioso anime del maestro Osamu Tezuka) ad oggi. Tante sono state le ipotesi circa quei “taglia e cuci” mostruosi degli ultimi due episodi della serie. Ed Hideaki Anno, che pure era stato apprezzato da molti per quel finale introspettivo ed appassionante, ricevette addirittura delle minacce di morte. I fan non volevano che Evangelion finisse così.
I fan però ignoravano che lo Studio Gainax ebbe davvero poco tempo per concludere degnamente Evangelion. Ed ovviamente, come capitato anche per Nadia, i soldi stavano finendo. E vedendo cosa è “The End of Evangelion”, immagino che senza l’aiuto degli altri studios e il successo (post-serializzazione) della serie regolare, il “vero finale” non sarebbe mai stato realizzato.
Che poi, ragazzi, i due finali sono esattamente sovrapponibili. Non voglio fare spoiler, ma è davvero così. Sono lo stesso finale, ma visto da due punti di vista diversi. Evangelion finisce come dovrebbe finire in entrambe le opere. Stop. E se cercate risposte alle mille domande che si aprono in entrambi i finali, non le troverete mai. Perché Anno ha deciso che dovevamo essere noi a dare un senso a quello che abbiamo visto. Ci ha dato il “libero arbitrio” che, per un’opera con connotati vagamente religiosi come Evangelion, ci sta tutto.
https://www.youtube.com/watch?v=hsfPgtKstfc
Non è una scelta dettata dalla pigrizia, quella di Anno. Ne tantomeno un metodo facile per concludere una serie su cui sono stati spesi fiumi di parole dal 1996 ad oggi. O peggio, un modo per poter “mungere la vacca” all’infinito. Anno ha detto che dobbiamo essere noi spettatori a dare un significato alla fine di Neon Genesis Evangelion, punto. Io l’ho fatto. Fatelo anche voi.
Il nostro viaggio nella prima serie di Neon Genesis Evangelion si conclude qui. Probabilmente parlerò anche di “Rebuild of Evangelion” e di quello che Hideaki Anno ha intenzione di fare con “L’Evangelion del nuovo millennio”, ma non oggi. Aspettiamo che Netflix pubblichi la serie animata più importante degli anni novanta, prima di tornare a parlare di Shinji, Rei, Asuka e di tutti i protagonisti di Evangelion. E poi si vedrà.