Il Portale degli Obelischi - Ritorno sulla Terra Spezzata
È appena arrivato in Italia Il Portale degli Obelischi, secondo capitolo della pluripremiata Trilogia della Terra Spezzata che conferma N.K.Jemisin uno dei nomi da tenere d'occhio per tutti gli appassionati di fantasy contemporaneo.
L'Immoto è un luogo terribile dove vivere.
La narrativa fantasy è piena di posti terribili, ostili per natura o per popolazione, ma allo stesso tempo anche geograficamente differenziati e quindi in una Terra di Mezzo per ogni Mordor c'è anche una Contea.
Ma l'Immoto rientra legittimamente tra i peggiori posti dove il fantasy mi ha portato.
L'Immoto che poi tanto Immoto non è.
Padre Terra, Terra Spezzata, altri nomi con i quali è conosciuto dai suoi lettori il mondo forgiato (è il verbo corretto) da N. K. Jemisin nella sua Trilogia della Terra Spezzata.
Le Quinte Stagioni sono l'evento meno auspicabile nella vita di un individuo
Se non conoscete questa saga che ha riscontrato un eccezionale successo di critica e pubblico (3 premi Hugo di fila è un risultato mai conseguito prima) vi basti sapere per iniziare che questo è un mondo ostile.
Lo è socialmente, con la popolazione divisa in caste d'uso che sostanzialmente ne definiscono il futuro, e in razze, che stanno ad indicare appartenenza geografica a regioni più o meno ricche, o fortunate.
Ma principalmente è un mondo inospitale per una caratteristica indipendente dalla popolazione.
L'Immoto è soggetto a periodici sconvolgimenti geologici che sconquassano l'unico grande continente che rappresenta le terre emerse di questo mondo.
Simili a quelle che anticamente modificavano la crosta terreste quando la Terra che conosciamo era molto più giovane, questi immani cataclismi danno origine alle Quinte Stagioni, l'evento meno auspicabile nella vita di un individuo: terremoti, maremoti, eruzioni vulcaniche rendono la vita difficilissima e ogni organizzazione statale precaria.
E la popolazione di questa continente cerca con tutte le sue forze di resistere, attaccata alla vita, impotente al sopraggiungere delle Quinte Stagioni, terribili manifestazioni della rabbia ancestrale di Padre Terra.
Ma potrebbe andare peggio.
In questo quadro già di suo terribile si potrebbe nascere Orogeni (o Rogga, volendo essere dispregiativi), nati con grandissime capacità di controllo tellurico, unici esseri umani capaci di arginare i terremoti, di spostare le montagne, di chiudere faglie in procinto di spaccare il continente ed estinguere milioni di misere vite umane.
Nascere Orogeni non è bello perché in un mondo così ostile, così sottomesso ad una natura capricciosa e indocile gli Orogeni non sono ritenuti esseri umani, sono temuti e odiati da un mondo che non è lontanamente in grado di capirli. Ma del resto, non si capiscono nemmeno loro, troppo impegnati ad essere addestrati come strumenti potenti eppure così limitati dal Fulcro, un centro di addestramento per Orogeni posto al centro della capitale di un vasto Impero.
Ma questo era lo status quo di un mondo antecedente all'inizio del primo libro di questa trilogia, alcune note di continuity che lascio ad uso del lettore che si avventura su questa pagina senza sapere di cosa stiamo parlando.
La World building di un mondo così instabile è un concetto estremamente volubile.
La Jemisin aveva passato tutto il primo romanzo a raccontarci della formazione di Syenite come Orogena
Se la Jemisin aveva passato tutto il primo romanzo a raccontarci della formazione di Syenite come Orogena e delle ragioni che l'hanno portata a trasformarsi in Essun, la madre e l'insegnante, Il Portale degli Obelischi prende il la dal suo nuovo incontro con Alabaster, suo ex amante e maestro per mettere nuovamente in discussione tutte le sue convinzioni su un mondo che poggia le sue fondamenta su un passato di segreti occultati dalle Elite dominanti dell'Impero e forse ancora più indietro nel tempo.
Cosa sono veramente i Custodi? Cosa vogliono i Mangiapietra? Quale è la vera natura dell'Orogenia?
Domande che sono state abilmente lasciate in sospeso dalla scrittrice.
Ma ogni lezione sulla Terra Spezzata si impara attraverso un grande dolore.
Non è una narrazione facile quella che sceglie consapevolmente di giocare sul non detto.
Si ha sempre la sensazione che i protagonisti pongano le domande sbagliate, che facciano di tutto per non affrontare l'enorme elefante nella stanza sul quale è costruito e funziona il loro mondo e, nel momento in cui cerca di trovare una spiegazione soddisfacente per lo svolgimento organico della trama, quando bisogna pur dare informazioni ai suoi personaggi è quasi come se non trovasse le parole, come se risultasse vago.
E nell'impegnarsi a spiegare questa vaghezza ci si incammina per un sentiero ripido e tortuoso.
L'Immoto è la Terra con qualcosa di sbagliato.
L'Immoto è la nostra Terra ma con qualcosa di sbagliato, sicuramente con qualcosa in meno, e su di esso sono ancora visibili le tracce dei resti una civiltà da un passato remoto che affiora tra le ere geologiche.
Questo comporta un curioso alternarsi di assenze e di presenza del nostro mondo nel loro, come l'utilizzo dell'energia elettrica ma una scarsa attitudine alla metallurgia e pochissimi elementi meccanici che non arrivano al livello della prima industrializzazione.
Ad esempio, la casta dei Ferrigni utilizza balestre ma non spade, preferendo lame ricavate da pietra lavorate fino a renderle affilate.
Una delle idiosincrasie più interessanti che ho trovato e che donano a tutta l'opera una collocazione temporale peculiare, quasi da Nuova Età della Pietra seppure l'organizzazione sociale e tecnologica sia più progredita di quella del Neolitico che poggia i piedi sulle rovine del nostro futuro.
In questo mondo ostile, gli Immoti (persone normali) restano a guardare mentre su un piano a loro ignoto e di cui subiscono solo le conseguenze, gli Orogeni, i Custodi e i Mangiapietra sono attori di un confronto su scala planetaria che diventa sempre più diretto, nonostante anche qui tra i movimenti e gli obiettivi delle varie fazioni ci sia un'assoluta intelligibilità.
La Jemisin sa perfettamente dove piazzare i "non detto" del suo mondo ma nel momento in cui questi vengono rivelati non è detto che conservino il loro fattore di fascinazione.
Per questo motivo, forse, questo secondo volume, per il suo necessario meccanismo di rivelazione è per certi versi meno riuscito del precedente.
Purtroppo siamo in presenza di una storia per la quale scoprire la natura dei misteri del mondo è parte integrante della narrazione e i rapporti di forza tra i personaggi, le loro relazioni, sono intrecciate a tale scopo.
La caratterizzazione dei personaggi a questo fine è altalenante per cui è immediatamente riconoscibile un personaggio di serie A e uno di serie B e la storia tende sempre a focalizzarsi sui personaggi principali a scapito di una caratterizzazione minore e trascurabile di quelli secondari che funzionano esclusivamente da sfondo.
La consapevolezza dell'inevitabilità di un evento estintivo ha deformato con la sua pressione emotiva prima che fisica lo stile di vita dell'umanità trasformandolo in qualcosa di più strano e più pericoloso. Tutti hanno la radicata convinzione che con una Stagione i caratteri si induriscano e che la violenza diventa una via inevitabile per la sopravvivenza.
Sono come tutti avvolti da una gravitas, segnati dall'ineluttabilità dell'estinzione. È come se portassero il peso del mondo sulle spalle e per alcuni di loro è evidentemente così.
Essun è forgiata dal dolore e il suo percorso la porta ad essere la persona giusta per compiere le scelte affinché nessuno più debba patire il dolore che lei ha provato.
Ma questo non la rende necessariamente un personaggio "simpatico", senza alcun dubbio affascinante per la sua complessità ma non di quel fascino affabulatorio che cerca di piacere al lettore, è più il prodotto di fasi alternate di compressione e decompressione che hanno origine nei suoi anni di progressiva disumanizzazione al Fulcro.
Essun è un personaggio complesso con il quale entrare in sintonia anche a causa del modo in cui il narratore si rivolge al lettore con la seconda persona, come se fosse - ed in effetti è - un terzo personaggio a conoscenza di fatti che al protagonista stesso sfuggono.
Il dato di fatto più importante del romanzo e di questa serie in generale è l'uscire dalla centralità dell'Occidente nella narrazione fantastica: il mondo della Terra spezzata non è modellato sull'ennesimo regno medioevale post-tolkieniano ma su una realtà etnica più vicina all'organizzazione territoriale dell'Africa subsahariana.
A modo suo narra la distruzione di una struttura politica verticistica di stampo patriarcale oppressivo e la dissoluzione di un ordine costituito votato alla repressione delle minoranze.
Il vecchio mondo che la quinta stagione spazza via ha recrudescenze nel nuovo tramite un'etnia che si ritiene legittimata a sopravvivere a scapito delle altre.
Trasversalmente entra il tema della violenza domestica e dell'incolmabile spaccatura tra te e gli altri che si manifesta quando si è traditi da chi dovrebbe amarci di più.
Non tutto mi ha convinto di questo secondo libro della Trilogia, paga alcuni difetti che nel primo erano assenti.
In primis, l'azione è molto più statica che nel primo: anche qui la narrazione procede seguendo tre punti di vista, ma questa volta l'azione di tutti si svolge sempre nello stesso luogo, specie per quanto riguarda Essun che sembra proseguire ad ogni capitolo sempre la stessa struttura. Gioco che alla fine stanca perché ad ogni capitolo, scoperto il ritmo, sai già lo svolgimento degli eventi, oltre a patire il ristagnare delle situazioni raccontante e a tirare il lettore è il sopracitato "svelamento".
Altro punto critico dove a mio parere la storia perde fuoco è nei momenti in cui descrive gli impeti orogenici avanzati, è una prosa asciutta che cerca di arricchirsi senza aggiungere grossomodo nulla alla storia, lasciando al lettore un senso di spiazzamento, probabilmente voluto, ma che non definirei piacevole.
Ma tra tutto mi sembra patisca la volontà di spiegare qualcosa lasciando "non detto" altro.
Il lavoro della Jemisin è un genuino esempio di fantasy contemporaneo, assolutamente notevole negli intenti di narrare un mondo che sia veramente diverso dai soliti fantasy nonostante trovi suoi esiti altalenanti.
Ma nonostante ciò, non posso non ritenermi avvinto dalla forza dei suoi temi, dalla costruzione del suo mondo e dal fascino dei suoi misteri.