

Dampyr - Lucca Comics & Games
Dampyr è il primo tassello dell'Universo cinematografico Bonelli. La storia di un eroe riluttante che affronta i suoi demoni, abbraccia il suo destino e combatte i vampiri nei Balcani.
Il cinema italiano è preso tra due fuochi, campanilismo e provincialismo.
Un mondo che per anni è stato schiacciato tra "molto italiano" e "americanate" senza nessuna possibile via di mezzo, per un paese che non accetta eroi suoi nazionali, che non sa prenderli con serietà, non accetta di sospendere la credulità e accettare un salvatore che non sia messianico, ma che soprattutto parli italiano. E quando ha fatto film di supereroi veramente buoni li ha smontati del mito per abbracciare la loro parte più fragile e umana, come in Lo chiamavano Jeeg Robot, che dell'uomo d'acciaio non aveva niente, se non il cuore, seppellito in mezzo a tutta quella storia brutta di periferia.
Per almeno 20 anni della mia vita da spettatore, il cinema di genere non è esistito. Non che non ci fossero incoraggianti segnali di ripresa, ma questi erano sparuti elementi antisistema. Credo che la prima volta che abbia visto un film italiano e l’abbia davvero apprezzato fosse Romanzo Criminale di Placido. Ero molto giovane, inesperto delle cose della vita e dell’arte.
Sta di fatto che, tornando a parlare di genere, il grande miraggio contemporaneo è trasporre fumetti per il cinema.
In un'industria all'estero che ha visto implodere la DC sotto le sue aspirazioni multimediali e ha consacrato la Marvel per il tentativo, artisticamente discutibile ma economicamente ragguardevole, di tenere tutte le fila di personaggi, stili e narrazioni spesso agli antipodi della paletta cromatica del supereroismo.
In questo complesso quadro contemporaneo arriva Dampyr, un caso praticamente unico cinecomic Bonelli (a parte un oscuro film di Tex del 1985 con Giuliano Gemma), decisa di avviare un universo, non si sa ancora quanto condiviso, di film e serie televisive tratte dai suoi personaggi.
Dampyr è uno dei personaggi più giovani della casa editrice, nato del 2000 dalla penna di Mauro Boselli e Maurizio Colombo, una scelta sotto diversi punti di vista azzeccata per fare da apripista a Bonelli al cinema, che pur sacrificando qualcosa in termini di iconicità (sotto il profilo estetico formale non è uno degli personaggi Bonelli che sono immediatamente riconoscibili come i suoi fratelli maggiori con un look storicizzato).
È facile fare Dampyr per due motivi contingenti: la prima, i vampiri al cinema tirano sempre. È un mostro facile da portare a schermo, le persone lo accettano facilmente, non presenta complessità “linguistiche” che fanno da barriera allo spettatore, è una creatura che il pubblico ha assorbito abbastanza da conoscere le regole cosicché queste non debbano essere nuovamente raccontate: i vampiri in questo mondo esistono, stateci.
La seconda cosa importante è l’ambientazione. Le prime storie di Dampyr, quelle sulle quali si basa in larga parte la pellicola uscita al cinema, sono ambientate nei Balcani e lì è facile, se non facilissimo, abbattere i prezzi di produzione e comunque dare un respiro di realistico e stilisticamente corretto al film.
Per il resto è stato un costante lavoro di bilanciamento dei costi tra lo scegliere un regista esordiente per un cast internazionale e recitarlo tutto in inglese per farlo distribuire da Sony in tutto il mondo, sempre perché i vampiri e gli ammazzavampiri sono parte di un linguaggio comune.
Fatti i dovuti presupposti, smosse le giuste leve per avere un posto all'anteprima al teatro Astra esclusiva per Lucca Comics & Games, partecipo alla proiezione con cast, regista, i produttori e i capoccia della casa editrice in attesa di capire se i frutti dell’albero del Bonellicoomics (cit.) sono maturi. Eravamo talmente dentro alla serata che senza farlo apposta di fianco a noi ci sono i cosplayer ufficiali vestiti come il cast.
È sempre brutto stroncare un film al quale qualcuno vuole bene, perché la prima cosa percepibile è che in termini produttivi non sembra un film raffazzonato, nonostante il risultato finale sia comunque altalenante sotto alcuni punti di vista e assolutamente insapore sotto altri.
Il comparto visivo è stato sì, incredibilmente curato, ha una serie di location scelte con cura adeguata cura per restituire l’esatto feeling delle tavole del fumetto, convincentemente, secondo me più nelle location di esterni che interni che, nella seconda metà del film patisce eccessivamente la scelta di chiudere gli ambienti, con un sovrabbondante uso del nero per nascondere l’effettiva profondità dello spazio, e un tracollo sul finale segnato anche cromaticamente da una sequenza onirica completamente virata al rosso quasi ad indicare un passaggio dal secondo al terzo atto, quello forse meno riuscito del film.
Perché fino a che poggia su una base tutto sommato realistica, lo scenario bellico dei balcani con la sua variegata popolazione di feccia, mercenari e traditori, è secondo me convincente e coerente con il genere di racconto che è Dampyr, quella connessione "credibile" tra orrore sovrannaturale e azione per mezzo del folklore, ma nel momento in cui concede troppo al sovrannaturale cede sia in termini proprio di connessione causa-effetto che quello visivo, con una ingiustificata insistenza sugli effetti speciali che forse era meglio scegliere a tavolino di aggirare, forse concedendo meno ai fan del personaggio che chiedono sempre e comunque un'opera che sia federe al "canone" in termini formali più che in termini sostanziali.
I personaggi sono un altro punto nevralgico, con un protagonista interpretato da Wade Briggs sostanzialmente impalpabile, contro un co-protagonista, Stuart Martin che invece porta a casa un dignitosissimo e funzionalmente ruvido Kurjack. Tesla, la protagonista femminile sfoggia un ruolo pesantemente dipendente dalle movenze sedimentate da anni di Vedova nera, scontata ma non dimenticabile. Chiude il cast principale, Gorka, il villain interpretato da Morrissey “uno straordinario Giorgio Panariello nel ruolo di Renato Zero”, ci abbiamo messo tutto il film per capire che Gorka e il padre di Harlan erano due personaggi diversi, ma entrambi scappati da un Castlevania a scelta.
La concessione più grande che fanno al fumetto originale è strizzare l'occhio al folklore balcanico del Mangiatore di sudari, almeno sotto il profilo estetico formale, facendo somigliare i vampiri al Conte Orlock interpretato da Max Schreck per il Nosferatu di Murnau.
Tirando le somme di una pellicola che non mi ha convinto a pieno, forse per la sua voglia di abbracciare un pubblico internazionale con l'ennesima storia dell'eroe riottoso alla chiamata del destino, avrei preferito un diverso dosaggio dei mezzi produttivi per "contenere" il film, magari raccontando una storia meno aderente, più licenziosa ma nello spirito coerente al fumetto piuttosto che sforzarsi nella rincorsa alla totale aderenza formale al materiale di partenza.
Andate a vederlo solo se pensate di volergli bene sul serio, se la vostra passione per le creature Bonelli è smodata e acritica, o anche solo se volete finanziare il progetto e sperate nel futuro della Bonelli al cinema. Per tutti gli altri, tra dieci giorni esce al cinema il nuovo film di Diabolik.