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A Yharnam, 7 anni dopo

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Bloodborne e la sua Yharnam hanno sempre esercitato un fascino speciale su di me, un fascino che è vivo oggi esattamente come ieri. Vediamo insieme perché.

Yarnham sette anni dopo è esattamente la stessa di sette anni fa: cupa, sanguinolenta, purulenta e perfetta. L’aria che si respira, rancida del sangue delle Bestie che ne popolano i vicoli nella sua notte più spaventosa, è pesante al punto da farmi tremare ancora di fronte agli uomini dissennati che eseguono le loro ronde funebri.

 

Yarnham è ancora lì, esattamente come l’avevo lasciata e come l’aveva lasciata Fionn sette ani fa. Disgustosamente affascinante, ebbra di storie e d’odio, gonfia di sangue e ricolma di tristezza. Una di quelle tristezze che ti entrano dentro, ti scavano a fondo nello stomaco e ti si avvinghiano al cuore per non lasciarti mai più.

 

Sì, è vero, quella sensazione di paura e di sconforto di fronte al Chierico Bestia che sbarra uno dei ponti chiusi della città ha lasciato lo spazio ad un più irriverente coraggio, ma quel senso di sconforto e di disperazione nel ricevere il carillon da Viola ed utilizzarlo per porre fine alle sofferenze di suo padre è ancora lì, nonostante Guascogne abbia smesso di incutere quel timore reverenziale di un tempo.

Quasi l’ombra di se stesso. Eppure trovare quel fiocco insanguinato nelle viscere di uno di quei sudici e sozzi maiali continua a stringermi il cuore.

 

La paura della gente dietro le porte sbarrate delle case che spera semplicemente di risvegliarsi il prima possibile da un incubo che sembra non avere più fine è ancora lì che se ne infischia del fatto che io abbia imparato ad affrontarla, a non temerla più.

 

Lì, esattamente come Gherman sulla sua sedia pronto a dispensarmi i suoi più sinceri consigli mentre nella mia testa continua a risuonare il sibilo della sua falce che compie il suo destino sulle mie carni.

 

Stanotte Gherman si unisce alla caccia”. Continuano a risuonarmi quelle parole, forti e vive nella testa mentre scendo nelle fogne e faccio piazza pulita dei ratti e dei cadaveri putrescenti di quelli che furono uomini.

 

Osservo compiaciuto Amygdala che prova ad afferrarmi nei pressi di Catedral Ward. Il mondo, agli occhi di Fei, non è lo stesso di quello che aveva imparato ad affrontare Fionn. Ma nella mia testa tutto è ancora come se avessi un ottimo livello di Intuizione, e quelle bestie lovecraftiane che popolano l’Incubo sono ancora visibili nella loro infinita imperscrutabilità.

Yarnham, così silenziosa in mezzo alle urla disumane dei suoi abitanti della Notte mi accoglie come se non me ne fossi mai andato. Quasi come se stessi rientrando a casa mia durante le ferie.

 

Mi saluta come se niente fosse, si presta al mio giocare, sadico, con lei e le sue creature. Con i suoi anfratti, le sue compenetrazioni tutte speciali e con quel modo tutto suo di insegnarmi “la vita”.

 

Ho passato un periodo meraviglioso, a suo tempo, in sua compagnia. Un periodo in cui oltre a legarmi indissolubilmente con uno dei videogiochi che mi hanno più segnato come videogiocatore, mi sono legato indissolubilmente a delle persone che continuano a ronzare nella mia vita.

 

Anni che porterò sempre nel cuore, assieme alle sue strade scure e a quei cadaveri penzoloni che mi hanno stretto il cuore in una morsa di sofferenza che raramente avevo provato con un pad alla mano.

Tutto è esattamente dove lo avevo lasciato e come lo ricordavo. Lei non è cambiata minimamente, è sempre la stessa. Sono io che sono cambiato, sono cresciuto, ho comprato casa, ho un lavoro fisso, una compagna per la vita e sono diventato un Lord Ancestrale.

 

Ho vagato nell’Interregno con la bocca spalancata dimenticandomi, per una manciata di settimane, quanto Yarnham fosse perfetta, sporca, immatura.

 

Sono tornato quasi per nostalgia. Quella dolce e tenebrosa sensazione che ti ricorda costantemente chi sei stato e cosa sei diventato ma soprattutto ti ricorda il perché. Yarnham e la sua maledettissima caccia sono al centro di tanti, troppi, miei “perché”.

 

Sono tornato come si ritorna da una vecchia amica, per fare due chiacchiere finendo col perdere tutta la sera a rievocare i bei tempi andati. L’ho trovata in forma splendente perché quella stramaledetta città non ha mai perso un colpo nonostante gli anni passati e i 30 fps che mi fanno male al cuore.

L’ho trovata perfetta, come lo è sempre stata. Irraggiungibile e inarrivabile, una delle massime espressioni dell’arte videoludica e non.

 

Sono disceso nelle sue viscere fino alla sua parte più vecchia, quella sigillata da tempo. Djura era li ad aspettarmi ancora con i suoi moniti e i suoi proiettili e nonostante la consapevolezza l’ho riascoltato ferirmi con le sue taglienti parole. “Devo pensare che ancora Sogni? Bene, la prossima volta che sogni pensa alla caccia e al suo scopo”.

 

E ancora il sangue mi si è gelato nelle vene, ancora. Nonostante Fionn abbia sentito e risentito queste parole fino a cedere lo spazio alla rabbia della sua ascia, sentirle pronunciate nuovamente 7 anni dopo ha avuto lo stesso identico effetto della prima.

 

Ah Yharnam, vecchia signora. “Piangevi/implorando l’aiuto di Dio,/un Dio di cui rimane/un cadavere vuoto,/ricettacolo per gli ululati del mondo.” scrivevo qualche tempo fa ripensando a te e oggi, come ieri, mi inchino nuovamente alla tua inebriante maestosità, vittima di quella malsana nostalgia che mi regala, ciclicamente, la voglia di accendere nuovamente quelle stramaledette lanterne e sognare.

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