STAI LEGGENDO : I Trope, luoghi comuni che non sono affatto scontati

I Trope, luoghi comuni che non sono affatto scontati

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Oggi parliamo di luoghi comuni, codici narrativi condivisi, di situazioni che sappiamo riconoscere subito e che ci mettono immediatamente in contatto con la storia, di scene e scenette che conosciamo benissimo ma che ci appassionano comunque. Insomma, i trope!

Lo shipping è uno sport estremo, fatto di evoluzioni acrobatiche, slanci che sfidano la gravità del canon e in barba ad ogni limite che vorrebbe far notare che no, non si può, non è così, non si fa, non ha senso o semplicemente che chiede “perché?”. Ed è oltraggioso, scanzonato, spudorato, ma a volte si prende tremendamente sul serio.

Lo shipping è anche un modo per esplorare, quasi di nascosto, senza nemmeno rendersene conto, il concetto stesso di narrativa, di tastare i contorni delle storie, di farsi domande su cosa voglia dire cambiare le carte in tavola quando si parla di immaginario comune, di cultura, rappresentazione, letteratura, fino a diventare uno strumento di introspezione sociale e addirittura politica.

Insomma, dentro lo shipping ci sono due lupi, via.


Entrambi, comunque, hanno problemi d’ansia.

Ecco, questo dei due lupi, da meme e gag ripetuta che era, è ormai diventato un piccolo artificio da usare come modo di esporre qualcosa, come mezzo per raccontare, si potrebbe quasi dire uno stratagemma letterario, una figura retorica, insomma.

Alla fine i meme non sono altro che luoghi comuni diventati così palesemente comuni che il loro esser reiterati diventa divertente di per sé, e non serve quasi più ripeterli del tutto, nella loro interezza per arrivare a raggiungere il risultato che si vuole, basta l’inizio, basta accennare, e tutti sanno a cosa ci stiamo riferendo.

È lo stesso identico meccanismo che sta alla base delle figure retoriche, è quello che succede con i luoghi comuni, con i cliché o quelli che nel mondo dello shipping e del fandom vengono più comunemente chiamati tropes.

I tropes, o tropi, non sono altro che questo: luoghi comuni, situazioni, convenzioni, espedienti narrativi che vengono usati e comunemente riconosciuti per raccontare una storia e il mondo dello shipping ne fa un uso abbondantissimo e creativo, sin dall’inizio.

Cosa sono quindi i tropes? Proviamo a dare una definizione semplice e diretta; sono tutti quei luoghi comuni narrativi che vengono utilizzati come premessa per raccontare.

Possono essere una situazione di partenza, come per esempio, il classico “chiusi in una stanza” dove due o più personaggi di una storia si trovano forzatamente a convivere per un certo periodo di tempo, o un’ atmosfera generale di ambientazione, come nel caso del trope "post apocalittico", oppure possono avere a che fare con gli sviluppi dei rapporti tra personaggi, come nelle storie che stanno sotto l'ombrello dell’ "enemies to lovers”.

I tropes sono tematiche, situazioni, presupposti, a volte sono dei gimmick, dei trucchetti fatti per attirare l'attenzione, sono quella parte della narrazione che si ripete, che trovi in questa storia e anche in quella, e in quell’altra, fino a che ne riconosci il pattern, sai anche probabilmente dove andrà a parare, ma non ti dispiace, anzi. It’s not a bug. It’s a feature.

I tropes sono quindi cliché? Sì e no, perché alla fine, nella parola cliché c’è una connotazione di critica, di giudizio negativo, che implica che siano triti, banali, scontati in maniera sgradevole e condannabile. Invece il trope è sereno nel suo essere prevedibile, gioca con lo stereotipo a carte scoperte.

Trope, insomma, ma perché si chiamano così e da dove viene il termine? È una parola inglese, tanto per cambiare, ma viene, come spesso succede, dal greco e dal significato di volgere, girare all’indietro… insomma, rigirare, rivoltare la frittata, ed è un modo per riferirsi, simbolicamente al dire qualcosa per aver un altro effetto, una cosa per l’altra, una figura retorica, insomma.

In italiano forse useremmo più facilmente e ci è più familiare il concetto del topos letterario, per spiegare cosa sia un trope, e del resto passare da tropo a topos è un attimo.
Topos in greco vuol dire posto, luogo, e i topoi (plurale di topos, sì, oggi vi beccate una botta di lezioncina di greco da due soldi che il signor Gus col suo vetrix sarebbe fiero di me) sono quei “posti” narrativi che si visitano come punti di partenza per discutere, per trovare qualcosa, per dare una base ai propri ragionamenti, sono le case basi della retorica, insomma sono, letteralmente (e stiamo usando la parola letteralmente in maniera letterale, oh sìssingore!) i luoghi comuni.

L’espressione “luogo comune” viene da qui, dal topos greco che diventa locus communis in latino e che indica quel modo di sviluppare un argomento in retorica partendo da una base, da un “luogo” appunto che sia comunemente dato, conosciuto. Insomma, un trope.

Va bene ma a cosa servono questi trope e perché sono tanto utili e cari allo shipping e al mondo delle fanfiction?
Prima di tutto servono a raccontare una storia senza focalizzarsi troppo sulla premessa, attraverso il fantastico espediente di mettere la premessa in primo piano e togliersela così dalle scatole, una volta per tutte!

Confusione?
Proviamo a spiegarci meglio.

Si torna a quel concetto della fissazione per l’originalità, per il trovare il modo di raccontare qualcosa ma col terrore che qualcuno ci possa dire che lo abbiamo copiato, e a come questo influenzi tantissimo il mondo dello shipping e dei contenuti creati nella fandom culture come fanfiction e fanart.

Se voglio raccontare una storia, dicevamo, e quello che mi interessa magari è focalizzarmi sul rapporto tra i personaggi, sull’evolversi della loro relazione, di qualunque tipo sia, prendere un “setting” già dato, partire da una situazione nota e codificata, mi permette di saltare una serie di passaggi che altrimenti avrei dovuto raccontare, illustrare, giustificare.

Se io che leggo so già che partiamo da una premessa, che tu che scrivi mi accenni, comunque, mi dipingi un minimo, non è che mi abbandoni così, a me stessa, e quella premessa è conosciuta e comune, allora posso dimenticarmi di avere già letto altre cento storie che hanno quella premessa, quel trope, senza che questo sia un problema e anzi usandolo come trampolino per saltare con l’attenzione verso quello che è il vero focus del racconto.

Insomma, i tropes servono, tanto per cominciare, a farci raccontare storie partendo da punti in comune, senza fissarsi per forza con l'interesse ossessivo per raccontare qualcosa di nuovo, inedito in ogni suo dettaglio, ma sfruttando invece il ricorrere, il ritornare di temi e situazioni comuni per portare alla luce cose diverse.

Per esempio un trope letterario molto usato nelle fanfiction di tutti i tempi, i fandom e i generi è quello della stanza chiusa, dell’isolamento, dei personaggi che, per una ragione o l’altra si trovano a dover passare forzatamente del tempo insieme, senza poter interrompere questa convivenza. Si può declinare in tanti modi, dalla prigionia vera e propria, alla cella frigo che si chiude, può essere una situazione di pericolo o di noia, può esserci un mistero da risolvere per uscire o i personaggi potrebbero dover stare in perfetto silenzio per non essere scoperti, può essere una situazione comica, frustrante, spaventosa.

Di sicuro è un trope che non sorprende e sicuramente l'avrete visto risalire in cima alla lista dei più popolari, in particolare dal 2020 in poi, quando sono fiorite centinaia e poi migliaia di storie in cui i personaggi di una ship si trovavano improvvisamente a condividere un lockdown.

Di sicuro, però, non è stata la prima volta in cui il trope della stanza chiusa ha dato vita a una moltitudine di storie e l’esempio più eclatante e decisamente attinente anche al tema pandemico è una gloria letteraria nostrana che dei topoi narrativi fa davvero la sua forza: una cornice in cui dieci giovani, per sfuggire alla peste. si ritirano lontano da tutto, e si raccontano storie per passare il tempo. Boccaccio, con il suo Decameron è decisamente il nume letterario tutelare dei tropes, e le accuse di immoralità che all’epoca si sprecarono e l’ispirazione presa da innumerevoli fonti altre, ne fanno un esempio perfetto da portare in questo contesto.

Ma i tropes possono essere anche molto diversi, possono riguardare l'ambientazione, ma anche il tono, o un evento specifico, una singola situazione come quello, molto simile a quello già visto della prossimità forzata che abbiamo visto prima, ma che la declina in un modo talmente popolare ad esser diventato veramente un meme è quello dell’ “Oh no, c’è un solo letto!” o più comunemente noto, in inglese, come “there is only one bed”. Due personaggi, che normalmente non sono usi stare vicini, che magari non si possono (apparentemente) soffrire, che fino a quel momento hanno tenuto ampiamente le distanze, fisicamente e metaforicamente, vengono spinti dalle circostanze a cambiare drasticamente questa condizione.

E come questo ce ne sono migliaia, da quello del matrimonio combinato a al “mate or die”, dall’amnesia al fake dating, sono tanti, diversi e sono parte integrante del raccontare e sono i mattoni che tengono in piedi la struttura stessa dello shipping.

Riconoscerli e identificarli, rendersi conto di quali tropes ci sono in una storia è una delle tante capacità che diventano una seconda natura quando ci si inoltra nel mondo del fandom e diventa poi inevitabile riconoscerli e scovarli in tutta la narrativa di ogni genere, dai romanzi alle serie tv, i fumetti, film, videogiochi e ovunque si raccontino storie, i tropi proliferano e una volta che ce ne si accorge è impossibile non vederli e riconoscerli.

Siti come TVtropes.org sono una miniera di spunti per approfondire e al tempo stesso un vero buco nero capace di risucchiarvi per ore saltando da un link all’altro a caccia di topoi narrativi, cliché così utilizzati da essere imprescindibili, insospettabili pollini magici e tutti gli esempi, maledetti e subito.

E così, quando avrete dato la prima occhiata dietro la tenda e visto che faccia ha davvero il Mago di Oz (Pay no attention to the man behind the curtain, va da sé che anche questo è un trope) difficilmente riuscirete a tornare indietro e a non andarlo a stanare ogni volta, ormai siete trope detective, li vedrete ovunque, dalla letteratura più paludata all’ultimo romance scala classifiche, dove peraltro ultimamente gli editori hanno cominciato a indicare trope e tag in copertina, capendo che a volte sono tutt’altro che un deterrente e richiamano invece lettori e lettrici verso quello che interessa in maniera più che efficace.

Insomma, ora che avete visto che ci sono, non vi resta che divertirvi e scovarli tutti, in quello che leggete, guardate, ascoltate e ovunque si raccontino storie.

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