Spider-man: into the Spider-Verse, un inno al tessiragnatele, in tutte le sue forme
Spider-man: into the Spider-Verse è un film d'animazione che che farà scuola. La nostra reazione a caldo, dopo aver visto sei versioni dell'Uomo Ragno in azione, insieme.
Spider-man è uno dei personaggi più iconici e conosciuti della Marvel: le sue storie sono state fonte di innumerevoli riadattamenti, trasposizioni e citazioni. Ha un tema musicale tutto suo, una serie di videogiochi notevoli (l’ultimo vi farà volteggiare tra i grattacieli di New York, vero sogno proibito di ogni amante del tessiragantele), una serie di cartoni animati, varie apparizioni in show televisivi, merchandising come se piovesse e una folla oceanica di fan adoranti.
Complici le sue caratteristiche, dalla bontà dei suoi propositi fino alla famosissima citazione Da grandi poteri derivano grandi responsabilità, passando per le battute a raffica che spara durante i combattimenti e i suoi tormenti tipici di ogni adolescente, l’Uomo ragno è stato capace di unire generazioni di appassionati, dai pochi anni di vita fino all’età più avanzata.
Gli stessi fan potranno ritrovarsi insieme il 25 dicembre, nella bellissima tradizione natalizia di passare qualche ora al cinema in famiglia, per vedere Spider-man: into the Spider-Verse, un film che – sono piuttosto sicuro – accontenterà tutti. Perché gli adulti riusciranno a cogliere i sottotesti più impegnativi, le citazioni, le metabattute e gli inside jokes di cui il film è disseminato, mentre i più piccoli seguiranno col fiato sospeso la crescita di questo nuovo eroe (anche gli adulti si appassioneranno, fidatevi!).
Andiamo con ordine, però. Cosa serve per produrre un buon film? Un solido cast, una storia appassionante, una regia coraggiosa, una colonna sonora orecchiabile. Cosa serve per produrre un ottimo film? Gli stessi elementi, ma memorabili.
In quale categoria si inserisce il nuovo, attesissimo titolo dedicato al vostro adorabile Uomo ragno? Vediamo tutti i punti, più qualche bonus.
Il cast
Ieri sera sono stato fortunato, perché l’anteprima era in lingua originale. Non che preferisca sempre i sottotitoli, sia chiaro: quando però devo rapportarmi a un’opera la cui produzione ha messo in campo i nomi del calibro di quelli per scelti per Spider-man: into the Spider-Verse, allora preferisco andare sul sentiero originale.
Shameik Moore (attore e rapper), Hailee Steinfeld (attrice e cantante, già nominata all’Oscar nonostante la giovanissima età), il premio Oscar Mahershala Ali, Jake Johnson, Liev Schreiber, Brian Tyree Henry, Luna Lauren Velez. Tutte grandi certezze, tutti con una solidissima professionalità alle spalle. E vi dirò, la qualità della loro recitazione è talmente tanto alta da far sembrare anche Nicolas Cage – anche lui ingaggiato per il film – un attore al di sopra della media (ma lo è! NdLorenzo).
La storia
In questo caso, il pericolo (e quindi il vantaggio, in caso di successo), valeva il doppio.
Quando si tocca un materiale che proviene da un altro medium, sia esso un libro, un fumetto, un videogioco o un qualsiasi altro prodotto dell’intrattenimento, si corre sempre il rischio di ritrovarsi davanti alla porta la folla dei puristi inferociti che brandiscono forconi e torce in una mano e il materiale di partenza in un’altra.
Gli autori del nuovo film animato su Spider-man (il primo lungometraggio animato dedicato al supereroe in questione) si sono mossi su questo terreno delicato con un’attenzione notevole. Il pretesto del multiverso, su cui si basa l’impianto e la ragion d’essere di tutto il film, ha permesso loro di tenere fede alle storie dei singoli universi coinvolti e al contempo plasmare del materiale nuovo, buono per i prossimi anni.
La trama, in più, è affascinante e non si discosta da un virgola dal percorso di crescita che ogni eroe deve affrontare. Il nostro adorabile Uomo ragno di quartiere lo fa su un palcoscenico pop, colorato e multiforme ma la sostanza è una solidissima storia di accettazione di sé, di scelte che volenti o nolenti la vita ci mette in condizione di dover fare e della successiva e inevitabile evoluzione.
La regia
I tre registi, Bob Persichetti, Peter Ramsey e Rodney Rothman hanno alle spalle esperienze in alcuni dei film animati, commedie brillanti e show televisivi di maggior successo degli ultimi anni, chi nelle vesti di sceneggiatore, chi di autore, chi di animatore. La combinazione di fattori così variegati, evidentemente, ha prodotto un risultato più grande della somma dei singoli, perché Spider-man: into the Spider-Verse ha una regia meravigliosa.
La combinazione tra il fumetto e il cinema ha dato vita a un’opera crossmediale che farà scuola: l’utilizzo delle onomatopee per sottolineare alcuni passaggi ha un gusto che al contempo omaggia i primi esperimenti in questo senso (compreso la pop art di Roy Lichtenstein e la sua personalissima texture) unendoli alle moderne tecnologie dell’animazione digitale. Le didascalie come manifestazione del pensiero del protagonista, il giovane Miles Morales, non sono mai ridondanti ma anzi danno una strizzatina d’occhi all’appassionato di fumetti che inevitabilmente è seduto in sala.
Il taglio di alcune scene, infine, ricalca la struttura di una tavola, dando profondità, spessore e velocità all’azione. Quest’ultimo escamotage è stato usato anche durante gli inseguimenti e le scene di combattimento – alcune delle quali, soprattutto verso il finale, notevolmente complicate – assecondando la coreografia che a sua volta ha permesso di seguire tutto senza perdersi i punti di vista o la disposizione dei singoli personaggi (e credetemi, con sei Spider-man diversi in scena, il pericolo di confusione era altissimo!).
La colonna sonora
Alzarsi dalla sedia del cinema canticchiando il tema principale del film appena visto è un ottimo modo per sapere che le scelte musicali sono state azzeccate. Non sempre è possibile, però.
Nel caso di Spider-man: into the Spider-Verse siamo lontani dal famosissimo brano composto da Paul Francis Webster e Bob Harris per la prima serie animata dedicata all’Uomo ragno, ma per un semplice motivo: il film d’animazione è molto più vicino, per le scene d’azione, a Fast & Furious – perlomeno per il montaggio e la conseguente resa della rapidità delle azioni – di quanto lo sia a una serie di cartoni animati nata e pensata ormai cinquant’anni fa.
E la musica non può che seguire e assecondare il ritmo del film, andando incontro alle nuove generazioni: ecco perché la combinazione di rap ed elettronica è perfetto. Miles Morales, il nostro protagonista, ascolta quella stessa musica, ne canta qualche strofa mentre volteggia in aria, la pompa nelle cuffie mentre entra a scuola. Quindi non riusciremo (perlomeno, io non sono riuscito) a canticchiare le canzoni del film ma sono sicuro che siano la base ideale per questo genere di cinecomic.
I quattro elemento fondamentali per un ottimo film, ci sono tutti. Adesso passiamo alle chicche imperdibili, quelle che titillano i fan storici e fanno appassionare le nuove leve.
Spider-man: into the Spider-Verse è la storia di un ragazzino adolescente che si ritrova catapultato, suo malgrado, in un mondo più grande di lui. Che vogliate immedesimarvi nei suoi problemi con l’altro sesso o con i genitori o che vogliate leggerci la metafora del grande passaggio dall'adolescenza all'età adulta, poco importa: quello che conta è che il film vi tenga incollati per due ore alla sedia, facendovi divertire (sì, si ride tanto), commuovere (aspettate la prima scena post titoli di coda e poi mi darete ragione) e appassionare.
È anche una storia raccontata da diversi punti di vista – quello dei sei Spiderman che si ritrovano nell’universo di Miles Morales – , che ogni volta aggiungono un pezzo in più al mosaico finale, nel solco della tradizione. E lo fa prendendo in giro sé stesso e i cinecomic che ci hanno abituati a vedere, ogni volta, la backstory del protagonista di turno.
Infine è un lungometraggio impeccabile graficamente, che pesca piene mani nella tradizione fumettistica dell’uomo ragno, la frulla con quanto di più pop si possa trovare sul mercato e la ripropone sotto un’altra veste, che spinge sull'acceleratore della qualità dell’intero genere. Non solo: il dettaglio della cura grafica del film la si respira fino alla fine, quando partono i titoli di coda, un enorme affresco che omaggia tutti i protagonisti, quindi tutte le manifestazioni del tessiragnatele e le unisce in uno stile che vede convivere la psichedelia degli anni ’60 e '70 alla computer grafica moderna allo stato dell’arte.
Dicevamo, quindi, che gli ingredienti per un ottimo film ci sono, le chicche per i fan anche.
Questo film, però, non è solo questo. È la precisa volontà di omaggiare l’Uomo ragno, con un’operazione chirurgica: dividendo Spider-man in tutte le sue incarnazioni possibili e mettendole in scena tutte insieme, gli autori e i registi del film hanno trovato l’essenza vera del supereroe più amato di New York.
So che il paragone è azzardato ma appena uscito dal cinema mi è venuta in mente una mostra di Matisse che ho visto alcuni anni fa: il percorso espositivo aveva il preciso scopo di mostrare quanto il grande maestro avesse, nel corso della sua vita, ricercato sempre e solo l’essenzialità del tratto. Solo da anziano, ormai malato, aveva raggiunto la maturità artistica tale da poter rappresentare i suoi soggetti con pochissimi tratti, prendendone l’essenza più pura.
Ecco, Spider-man: into the Spider-Verse è questo: è l’Uomo ragno in ogni sua rappresentazione, è una cacofonia di colori, stili e comportamenti che man mano si riduce ai minimi termini e ci presenta solo l’essenziale.
L’essenziale è un eroe che non vuole esserlo, costretto a scelte dure, con dilemmi umani e piccoli che deve affrontare mentre sventa pericoli enormi e sovrumani. E riesce a farlo facendo divertire i suoi fan.
Se non è amazing questo, non so cos’altro possa esserlo.