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Mass Effect Andromeda: un western del futuro in cui abbiamo già visto tutto

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Mi sono avvicinato a Mass Effect Andromeda con mente e cuore aperti. Le polemiche sulle animazioni bruttine e il conseguente sciacallaggio su una ragazza che aveva gonfiato la sua posizione in EA e che portava su di sé il marchio infamante del cosplay avevano avuto su di me l’effetto di farmelo risultare simpatico. Odio le ... Mass Effect Andromeda: un western del futuro in cui abbiamo già visto tutto

Mi sono avvicinato a Mass Effect Andromeda con mente e cuore aperti. Le polemiche sulle animazioni bruttine e il conseguente sciacallaggio su una ragazza che aveva gonfiato la sua posizione in EA e che portava su di sé il marchio infamante del cosplay avevano avuto su di me l’effetto di farmelo risultare simpatico.

Odio le polemiche a priori di quei gruppetti che non vedono l’ora di cavalcare la critica videoludica per sparare contro un bersaglio grosso come EA, catalizzare l’attenzione delle masse e solleticare i bassi istinti dei lettori con il solo scopo di fare personal branding e guadagnarsi un pugno di Like.

Tolto questo sassolino dalla scarpa, analizziamo Mass Effect Andromeda.

La saga di Mass Effect ha avuto un grandissimo merito: prendere gli spunti tipici della Space Opera in stile Star Trek, dargli una passata di vernice e costruirci sopra un universo che sapeva giocare al limite tra epico e farsesco, esattamente come le storie di Kirk e Picard.

L’eroe umano che deve portarsi sulle spalle il peso della salvezza del mondo, ma trova comunque il tempo per andare al bar a rimorchiare un’aliena, razze strane con usanze e caratteri completamente diversi, una grande minaccia che sembra inavvicinabile, se non con la collaborazione e la comprensione reciproca, drammi, battute e un mondo che nel suo insieme sembrava totalmente sensato.

Mass Effect si chiudeva con un finale che forse non è stato capito, ma che ho trovato sublime nella sua stranezza, un tentativo di andare oltre la voglia di appagare sempre il giocatore, di giocare con i suoi sentimenti e fargli vivere realmente un’esperienza pari a quella avuta dal Comandante Shepard. Peccato che poi le necessità di marketing abbiano costretto Electronic Arts a piegarsi alle esigenze di chi voleva il finalino edificante.

Andromeda si appoggia su tutto questo e lo fa senza poter contare su un personaggio carismatico, ma ha dalla sua un universo già familiare al proprio pubblico. Non ha bisogno di perdersi in tanti spiegoni, può entrare subito nel vivo della storia, il problema è che è una storia con meccaniche che conosciamo benissimo.

Se la trilogia di Mass Effect ci parlava di lotta e difesa del proprio mondo, qua il tema è quello della frontiera, della scoperta, della sopravvivenza in un ambiente ignoto. Fondamentalmente Andromeda non è altro che una versione fantascientifica del Vecchio West: basta sostituire la frontiera con un nuovo pianeta e i banditi con i Kett, strani esseri poco soggetti al dialogo. Per il resto i temi ci sono tutti: bar pieni di fuorilegge, coloni in pericolo, storie d’amore, assalti alla diligenza, storie d’amore (ancora) e panorami sconfinati.

Casomai il paragone non fosse chiaro

L’idea di fondo di Andromeda è pensata soprattutto per un pubblico nuovo, giovane e meno legata alla classica figura dell’eroe. Ryder è un ragazzo che si trova suo malgrado a vestire il ruolo di Pathfinder, una sorta di comandante in capo per le operazioni di ricerca di un nuovo habitat da civilizzare. Nessuno crede in lui o nelle sue capacità, anzi, alcuni suoi sottoposti sono fermamente convinti che avrebbero saputo fare di meglio al suo posto. Il parallelo con una generazione priva di punti di riferimento e che vive uno scollamento forzato dai proprio genitori è abbastanza immediato.

Questa idea non è male, anche se viene rapidamente abbandonata non appena mettiamo a segno i primi successi, ma questa incertezza, tipica di chi si avventura sia metaforicamente che realmente in un territorio sconosciuto, si limiti a qualche dialogo e tensioni superficiali.

Il grande problema di Mass Effect Andromeda è che manca totalmente di epica.

In un prologo drammaticamente frettoloso vengono introdotti i primi compagni di avventura e i nemici. Sono soltanto pochi minuti ma comunque sufficienti a capire che Andromeda non ha una componente fondamentale per ogni titolo basato sull’ignoto e sulla scoperta. I Kett, generici brutti ceffi spaziali a metà tra un orco e una lucertola, vengono svelati senza il minimo pathos, senza alcuna epica, non sono minacciosi, sono semplicemente dei bersagli da inserire nel mirino che parlano strano e tali rimarranno per gran parte del tempo.

Immaginate lo sbarco in Normandia senza percepire il peso del conflitto mondiale, senza tutta la tensione delle giornate precedenti e senza sapere chi sono i tedeschi che vengono ridotti a gruppetti di sagome da Luna Park.

Purtroppo è un problema che si presenta anche quando incontriamo la seconda nuova razza di alieni, stavolta socievoli. Dovrebbe essere un momento misterioso e solenne, ma tutto viene liquidato in poche battute, come se fossimo a una riunione di condominio interplanetaria. Tanto ci pensa il traduttore automatico.

Terminato il prologo Andromeda si apre in una struttura che rimarrà più o meno standard fino alla fine: andare su un pianeta, esplorarlo con un mezzo da ricognizione, sbloccare alcune strutture aliene che permettono il verificarsi di condizioni ideali per la vita, completare qualche missione secondaria e ripartire. La trama procede a strattoni, un secondo prima siete preoccupatissimi per vostra sorella, quello dopo non vi ricordate manco più che esiste e siete pronti a fare altro.

Sul fronte puramente ludico niente da dire, quando c’è da sparare il gioco è fluido, ricco di variabili e divertente. La struttura open world permette di creare vere e proprie imboscate e gestire il gioco seguendo la propria inclinazione, ma la saga di Mass Effect è sempre stata qualcosa di più di un titolo in cui piantare una pallottola al plasma in faccia a qualcuno che non parla la tua lingua, è un gioco fatto di relazioni, dettagli, chiacchiere, decisioni ed epicità.

Anche sotto questo punto di vista abbiamo alti e bassi. Da una parte potremo perderci in chiacchiere di ogni tipo, ascoltare storie tristissime, risolvere crimini o aiutare a rendere le colonie posti migliori, ma col tempo la noia prende inevitabilmente il sopravvento perché alla fine quel che c’è da fare si riduce a poche interazioni di base: scannerizzare un oggetto/uccidere qualcuno.

Le missioni secondarie di Andromeda sono un florilegio di team di ricerca che vanno dispersi, piante da analizzare per l’ufficio botanico, terminali da sbloccare o cose da recuperare in giro. Inizialmente è ok, poi alla lunga ti annoia.

Piacerà probabilmente a chi ama tantissimo spezzettare la storia attraverso tanti incarichi lineari, ai completisti e a chi valuta i videogiochi in base al tempo che ci spende sopra, ma dal punto di vista narrativo è abbastanza assurdo che spettino a noi certe incombenze, così come è assurdo che in un mondo di IA senzienti dobbiate ancora guidare.

Per quanto riguarda l’idea di sbloccare antichissimi edifici sotterranei con dei sudoku in stile alieno preferisco non commentare.

A rompere questa monotonia ci pensano le missioni personali dei nostri compagni, che spesso faremo solo per il gusto di corteggiarli anche se non brillano per carisma e la trama principale, che però non riserva grandissimi colpi di scena o situazioni particolarmente innovative.

Tuttavia nel finale finalmente si raggiunge quel senso di epica e grandiosità troppo a lungo atteso. Il problema è arrivarci prima che la noia prenda il sopravvento ed è un vero peccato. Perché sotto tutti i difetti batte il cuore di una buona fantascienza, batte un mondo ricco di dettagli che varrebbe la pena curare un po’ meglio.

La colpa forse però in questo caso ricade più su chi ha affrettato la chiusura del progetto, imponendo ritmi assurdi e tagliando via chi la pensava diversamente, rendendo lo sviluppo un vero inferno.

L’unica cosa che mi ha veramente portato ad andare avanti è l’ottimo sistema di scelte nel dialogo. Invece della consueta dicotomia buono/cattivo potremo modellare il Pathfinder in base alle nostre inclinazioni, scegliendo via via la risposta più cazzona, seria, romantica o neutra possibile. La scelta se creare una figura in stile Star Lord o Picard sta solo a noi.

In conclusione

I difetti di Mass Effect Andromeda non risiedono tanto nelle espressioni facciali rigide o in una recitazione tutto sommato piatta, quanto piuttosto nell’eccesso di cautela che ha portato il gioco a non voler uscire troppo dall’ombra dei suoi predecessori ed essere fondamentalmente una prosecuzione di cose già viste e riviste.

Dal lato puramente ludico niente da dire, perché il gioco fa ciò che deve fare. Visivamente offre panorami spettacolari e gli scambi di battute tra e con i compagni sono sempre divertenti, ma oggi a Mass Effect e Bioware è lecito chiedere qualcosa di differente. I giochi si sono evoluti rispetto a qualche anno fa, non tanto nella tecnica, quanto nella scrittura.

Non è però un gioco da affossare completamente. Pur con tutti i suoi difetti e le sue goffaggini, Andromeda poggia su basi solide. ti fa divertire nelle sue sparatorie e, come spesso accade con la fantascienza sequenziale, sono sempre curioso di sapere cosa mi aspetta sul prossimo pianeta.

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