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Venom: La furia di Carnage – La recensione

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La nostra recensione del secondo capitolo di Venom, in cui fa la sua comparsa uno degli antagonisti storici del simbionte, Carnage.

Il secondo capitolo della saga del simbionte più amato dai fan della Marvel è approdato al cinema il 14 ottobre. Tom Hardy torna quindi a vestire i panni di Eddie Brock e di Venom nel sequel del film uscito ormai nel 2018.

Stavolta alla regia c’è Andy Serkis, che negli ultimi anni si è cimentato la macchina da presa – con alterne fortune, va detto –, mentre a impersonare l’antagonista, il ferocissimo Carnage sulla cui furia si concentra il titolo, c’è una garanzia, quando si parla di personaggi sciroccati, ossia Woody Harrelson.

Sono entrato in sala con ancora vivido il ricordo del primo capitolo: dialoghi imbarazzanti, attori potenzialmente dotati ma poco impegnati nella parte, scene d’azione confusionarie, antagonisti evanescenti e tutto il corollario di un film che vorresti aver dimenticato subito dopo averlo visto.

Vi farò uno spoiler, con il secondo capitolo non è andato meglio.

Le mie aspettative erano basse: mi ero predisposto alla visione in modalità domenica pomeriggio, ossia quel giusto misto di attenzione allo schermo e stravaccamento sulla poltrona, in cui quello che passa davanti agli occhi è piuttosto relativo. Non volevo rimanere deluso di nuovo, perché confesso di essere un discreto fan dell’MCU e di tutto quello che ruota intorno a questo mondo.

Cominciamo dal protagonista, anzi dai due protagonisti: Eddie Brock e Venom.
Considero Tom Hardy un attore di spessore, che ha dimostrato in più occasioni il suo talento: dall’interpretazione di Bane fino a quella per Mad Max, passando per The Revenant a Locke, la sua voce, il suo fisico e le sue espressioni sono sempre state al massimo della potenza. Non in Venom, in cui pare aver messo il pilota automatico facendo il minimo sindacale.

La sua controparte, ossia il nostro amato simbionte extraterrestre, va analizzato da due punti di vista: la resa su schermo, ossia la cgi, e l’interazione con il suo ospite umano, ossia i dialoghi.

Il primo punto è leggermente migliorato rispetto al primo film. Sarà che gli incassi non sono andati malaccio e che il grande piano della Disney ormai comprende anche Venom, pare che questa volta la produzione abbia deciso di investire leggermente di più nella computer grafica necessaria a rendere meno finto il nostro simpatico Venom. E quindi il film ha portato a casa un aspetto positivo.

Il secondo, ossia i dialoghi tra i due personaggi – e che compongono buona parte del film – li ho trovati a tratti fastidiosi. Per farvi capire, tutta la parte del film in cui Eddie e Venom parlano tra di loro può essere paragonato a un buddy movie in cui uno dei due è un adolescente perennemente insoddisfatto e che con voce lamentosa non fa che chiedere qualcosa. Oppure uno di quei film in cui un giovane padre viene a sapere di avere un figlio ormai grande e deve cominciare a prendersene cura e non sa come interagirci e tutto il tempo non fanno che litigare.

Però io avrei voluto vedere altro.

Gli altri tre attori che hanno sullo schermo tempo a sufficienza da meritare una citazione sono Michelle Williams, Naomie Harris e Woody Harrelson.

Di questi tre, solo Harrelson spicca. La Williams e la Harris fanno il loro lavoro al minimo indispensabile, accordando quello che fanno con lo spirito di Tom Hardy. Harrelson, invece, almeno nella prima parte del film – quando lo vediamo nella parte del killer e non ancora col simbionte – dà il suo contributo di follia alla riuscita del film. Niente di paragonabile alle sue migliori interpretazioni ma almeno si vede che ha capito cosa deve fare, ossia il killer folle e imprevedibile.

Francesco Tanzillo
Aprile 1992: David Michelinie non è una cima di scrittore ma alla guida di Amazing Spider-man ha trasformato la testata in uno showcase per disegnatori talentuosi. Todd McFarlane prima, Erik Larsen poi e alla fine arriva Mark Bagley nel numero 351. Le storie di questo periodo sono dimenticabili se non fosse per la forza dei disegni, per la voglia di stupire il lettore con disegnatori sempre più rappresentativi di questi montanti anni ’90. Alla ricerca di uno spunto per stordire di nuovo il pubblico, Michelinie decide di ricalcare il successo di Venom facendo confrontare Spidey con una nuova minaccia simbionte e nasce Carnage, una versione eccessiva, violenta e distorta della cretura di McFarlane caratterizzata da una insensata passione per l’omicidio e l’iconica colorazione rossa. Nonostante dialoghi tremendi e un intreccio pari a zero, il nuovo simbionte avrà uno smodato successo, aprendo alla proliferazione di queste creature nel corso degli anni e all’inizio del processo di “redenzione” di Venom che lo trasformerà da villain ad anti-eroe.

Mi rimaneva da sperare nella regia. E invece anche su quel fronte, poca soddisfazione.

Il film si muove su binari tracciati e superati ormai da tutti i cinecomic dal duemila a oggi, non provando nemmeno a innovare dal punto di vista stilistico o narrativo. Gli incontri, gli scontri, le motivazioni, appaiono pretestuosi e a volte con pochissimo senso se non quello di convergere il più velocemente possibile verso lo scontro tra i due simbionti e la fine del film.
Gli autori si sono anche molto limitati – forse volutamente, visto il target molto giovane a cui è rivolto il film – con la origin story di Carnage, che poteva fornire un tocco splatter e fuori dall’ordinario a tutta la pellicola.

Nessun colpo di scena, nessuna emozione.

In conclusione, sono uscito dal cinema con il sopracciglio alzato per due motivi: da un lato il disappunto di un film di un’ora e mezza che procede in maniera spedita e prevedibile verso la sua conclusione, dall’altro la curiosità per quello che sarà in futuro.

Perché ci sarà un futuro e sarà – spero – più interessante di quanto visto finora.

 

 

 

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