Metaphor: ReFantazio, riscrivere per sempre il Fantastico
Metaphor: ReFantazio non è solo uno dei migliori RPG sulla piazza, ma anche una delle più belle riflessioni sulla nostra immaginazione.
Prima chiamato Re:Fantasy e poi trasformato in Metaphor: ReFantazio, questo è uno dei progetti di ATLUS che aspettavo da una vita e che segna per il team di Shin Megami Tensei e Persona un nuovo percorso con un universo inedito. Potrei dire che avevo dei timori al riguardo ma mentirei, la mia fiducia per tutte le persone coinvolte nello sviluppo è sempre stata totale e non ricordo di essere mai stato deluso da qualsiasi dei loro titoli.
E infatti non c'è motivo di avere alcun tipo di timore: Metaphor: ReFantazio è un capolavoro sotto numerosissimi punti di vista, una masterclass di come i giochi dovrebbero essere fatti dall'inizio alla fine.
Voglio però premettere che al momento in cui scrivo queste righe non ho ancora completato il gioco nella sua interezza. Un tempo, come quando ho recensito Persona 5, avrei fatto uno sprint pazzesco invogliato dalla trama e dalla continua scoperta che il gioco propone nelle sue 80/100 ore di lunghezza.Purtroppo non è un'impresa possibile per il sottoscritto, nonostante la dipendenza che il flusso di gioco crea in me, e perciò mi riservo di parlarvi ancora una volta di Metaphor più in là nel futuro, perché ce ne è da snocciolare.
Adesso invece, anche per via del fatto che si può parlare del gioco solo fino ad un certo punto, voglio concentrarmi su quelli che per me sono gli aspetti più belli, unici e caratteristici del gioco, sperando di convincervi e coinvolgervi in quello che, a mio giudizio, è il candidato più papabile per il Gioco dell'anno. Oltretutto, continua anche il trend della localizzazione italiana partito con Persona 5 Royal, quindi veramente accessibile a chiunque.
Sovvertire la Fantasia
A differenza di altre saghe longeve, ATLUS ha sempre prodotto giochi che potevano essere vissuti indipendentemente gli uni dagli altri. Certo, gli ultimi tre Persona sono in qualche modo connessi e hanno generato pure spin-off crossover, ma è possibile goderseli senza problemi anche non conoscendo niente dell'universo o delle storie pregresse.
Metaphor però è inedito, indipendente e allo stesso tempo molto familiare per chi ha già esplorato gli altri mondi creati finora dal team, specialmente se si viene fuori da Shin Megami Tensei piuttosto che dagli ultimi Persona.
Per approcciare Metaphor: ReFantazio credo sia giusto mettersi nella prospettiva di interrogarsi sulla domanda: “Che cos'è, davvero, una Fantasia?” Il nome “ReFantazio” può sembrare uno strano vezzo frivolo e pubblicizzabile, ma in realtà il significato del gioco è tutto inserito in questa inesistente parola, come forse sarà stato evidente a chi ha giocato la Demo prologo e avrà già capito l'antifona che fa da base a tutta l'opera.
Le interviste agli sviluppatori, l'impostazione di trama e la caratterizzazione dei personaggi ci raccontano di una profonda ricerca di ciò che vuol dire calarsi davvero nell'immaginazione, nel vedere questi luoghi fantastici che per anni sono stati per noi rifugio e desiderio - dai videogiochi, ai film o tra i tavoli di Dungeons&Dragons - come il punto di partenza da cui proiettarsi e non il fine ultimo di realizzazione dei sogni.
Metaphor Re:Fantazio si apre infatti con un omicidio, un regno in tumulto e il racconto dell'identità di un continente di elfi, maghi e creature magiche dove c'è un forte divario sociale, discriminazione e intrighi politici tra fede e governo. Molti di questi elementi, specie sul fronte sociale, arrivano direttamente dal contesto culturale giapponese per stessa ammissione degli sviluppatori stessi e, del resto, come non potrebbero? Molte delle nostre fantasie rispecchiano i conflitti o dilemmi che viviamo nel mondo di oggi, spesso perché in quel contesto fantastico riusciamo a realizzare il sogno di vedere spazzati via i problemi delle nostre società fatte di grattacieli e giornate di lavoro.
Ma, in Metaphor, il sogno che verrà perseguito dal nostro emarginato protagonista nel suo viaggio verso la corona, spezzata nel cuore e nello spirito popolare, è invece attaccato alla nostra realtà: un libro, la cui firma ha un legame più che reale, che racconta dei nostri giorni in chiave utopica. Si parla dei nostri sistemi di governo, dei diritti universali e dell'uguaglianza tra i popoli, le nostre Fantasie che ancora non abbiamo realizzato.
E i personaggi del mondo di Metaphor si fanno carico di realizzare concretamente il nostro sognante avvenire all'interno del loro domani, guardando al mondo di noi Umani come quello in cui vorrebbero essere davvero.
In sostanza, Metaphor: ReFantazio si basa su una duplice distorsione, una fantasia che pone le basi sull'immaginifico per ricordarci a cosa dobbiamo aspirare, ai valori che cerchiamo di applicare nei nostri mondi inesistenti e che ci sembrano non appartenere alla realtà.
La premessa non si ferma di certo al fondo della trama e anzi, più si prosegue nella storia più il libro utopico assume una rilevanza maggiore nel dipanarsi degli eventi e nella crescita dei propri compagni di viaggio. Una vera e propria forza motrice che è il cuore pulsante dei tanti elementi che caratterizzano l'identità di Metaphor.
Comandare l'immaginazione
Tra gli esempi più significativi che posso portarvi in tal senso sono senza dubbio gli Archetipi, ovvero delle manifestazioni di potere magico appartenente agli Eroi Passati e che nascono dalla Magia Regale: la forza più potente e incontrastata del gioco, la quale diventerà la bilancia equa nel momento in cui il Re, ormai ucciso, si tramuterà in una gigantesca roccia fluttuante a mo' di Majora’s Mask e veglierà sulla volontà del popolo incoronando il suo successore tramite il vero desiderio della gente. Lontano quindi dagli intrighi e le cospirazioni.
Il gruppo, anch'esso finito nella corsa verso la regalità, può sfruttare delle manifestazioni che non saprei come descrivere se non concretizzazioni delle Classi di un RPG. Dal Guerriero, al Mago fino al Chierico, Metaphor: ReFantazio prende i Job di Final Fantasy come se fossero una sorta di immagine popolare presente nei cuori di ognuno di noi e poi convertisse il risultato dei nostri ricordi in un potere da utilizzare per combattere, trasformandole in armature viventi.
Anche qui, la Fantasia diventa altro, assume i contorni di una forza che di base dovrebbe essere presente in un mondo fantasy ma che in realtà non c'è, diventando invece qualcosa a cui “aspirare” con connotazioni quasi mistiche. E non a caso, come per Persona, gli Archetipi sono studiati da un misterioso personaggio in una dimensione parallela, che si rivela fin da subito essere l'autore del libro utopico a noi caro. Chi ha memoria della Velvet Room può subodorare quanto centrale sia questo luogo oltre lo scibile umano.
Ad accentuare il distacco dal canone ammissibile del fantasy c'è anche lo stato della magia e del cavalierato di Metaphor. Per castare magie una persona deve in qualche modo utilizzare il Magla che si trova nell'aria e questo può avvenire in diversi modi, ma il più comune è quello di sfruttare gli Inneschi Magici: pietre che fanno da canalizzatori e che possono essere indossati.
La magia, perciò, è innanzitutto un bene per i più facoltosi e in secondo luogo un qualcosa che, sì, permea tutto il mondo di gioco, ma che allo stesso tempo non è considerato naturalmente accessibile da chi lo abita: deve essere presa, rubata e riconvertita esattamente come una fonte materiale di qualsiasi delle nostre risorse reali. Che sia sempre stato così? Chiedetelo al Santismo.
I cavalieri invece assumono una connotazione prettamente politica, immischiati anche loro nel vortice del denaro sonante e della disugualianza, lasciando solo a pochi il pensiero di mantenere l'onore che ha sempre contraddistinto la spada.
Per "fortuna" però la società di Metaphor non è comandata solamente dai maghi e dagli agiati: ad affiancare il Re c'è infatti la religione, il Santismo, che riprende a piene mani tutta la tradizione cristiana nell'accezione giapponese del fantasy dov'è più l'aura sacrale che la fede in un'entità a farla da padrone.
Il Santismo è una risposta all'instabilità politica imperante, un porto sicuro per gli abitanti di Metaphor e, a ragion di popolo, un concorrente valido anche per la corona. Ma è chiaro che più il talare è splendente, più il corpo sotto di esso è perverso e marcio.
Qui ATLUS è la stessa di sempre data la GRANDE importanza che i simboli religiosi hanno avuto in MegaTen. Direi infatti che Metaphor condivide tanti elementi, specie nel dualismo tra le forze opponenti, con Shin Megami Tensei IV, allo stesso tempo devo tuttavia ammettere che ha una pasta molto diversa per la natura della contesa politica in corso. Più che l'ammissibilità o la confutazione della fede, è il suo peso politico e sociale a diventare oggetto di scontro in Metaphor, dove la libertà delle persone è l'imperativo essenziale.
Marciare per i sogni
Ed è sulla coralità del gioco che forse risiede la più grande differenza e punto di forza di questo RPG. In Persona (tutti) è il riscatto a essere sotto i riflettori, la denuncia verso qualcosa che non va e la rivincita degli emarginati. In Shin Megami Tensei abbiamo l'umanità contro il divino e il maligno, alle volte senza un confine preciso e percorsi tracciati. In Metaphor: ReFantazio c'è ognuna di queste ispirazioni, direi Fantasie, ma nessuna di essa è il cuore di ciò che viene raccontato.
In verità è un viaggio solenne verso la trasformazione dei propri ideali, del volersi allontanare da un passato che ha calpestato tutti in una spirale da cui nessuno si è mai davvero preoccupato di uscire, smettendo di aspirare al meglio in favore del guadagno di pochi e delle loro menzogne.
Non c'è una società invisibile che schiaccia il prossimo, non c'è un male nascosto che va stanato. Né eventi apocalittici che hanno rimischiato gli equilibri di potere. Sono i meccanismi che il popolo pensa di non potersi togliere a essere l'ombra onnipresente, incatenati a idee e disuguaglianze senza pensare le alternative disponibili, senza sognare una fantasia di un mondo migliore.
Il protagonista, non più silente e non a caso, non è più un avatar di potenza e unica salvezza per un mondo morente, piuttosto è una bandiera che sta di fronte a tutti, un protendersi verso un ideale dimenticato o fatto dimenticare, bandito dal tempo e della memoria per far sì che tutto andasse esattamente come deve.
Un po' come quando ci dicono che fantasticare non ci appartiene più, che è un qualcosa di adatto solo al contesto del giocare e che forse crescendo dovremmo passare meno tempo a sognare e più a lavorare.
L'artisticità degli affreschi onnipresenti nei menù di Metaphor, la musica epica di Meguro e le prodezze eroiche di guerrieri che difendono i propri ideali un turno alla volta sono solo elementi di un quadro di esaltazione, che ci ricorda a noi quanto ci sia colore e possibilità anche in uno scenario disperato, del potere dell'immaginario che non può e non deve essere contenuto.
Non è la musica della rivoluzione sotto i riflettori di Persona 5 ma i canti corali di molti che si fanno più intensi a ogni passo verso il riscatto, un tripudio visivo e sonoro (come sempre) utile non solo per la bellezza estetica di chi i menù li fa da Dio, ma anche per far sedimentare nel giocatore dei precisi sensi d'appartenenza, conducendolo su una strada tematica coinvolgente senza spezzarne l'incanto.
Questa è, in somma ultima, la vera fantasia di Metaphor: ReFantazio. La promessa mantenuta di riflettere su cosa voglia dire davvero “immaginare” e farlo in una chiave che metta il giocatore in prima persona nel centro del processo.
Porsi in gioco, dubitare, vivere delle storie che arrivano dritte al cuore: i grandi pregi che regalano tutti gli RPG targati ATLUS rimodulati in un contesto che potremmo chiamare familiare, risonante con chiunque abbia mai idealizzato un mondo fatto di cavalieri e maghi. Solo che, in Metaphor, i mostri sono proprio gli Umani. Quelli che, forse, hanno smesso di immaginare un mondo migliore e sono deteriorati nel tempo, giorno dopo giorno.