King's Field 3 - La retrospettiva di Studiofrizzy
Continua il viaggio di Studiofrizzy nella saga di From Software che ha preceduto i Souls e che ne ha tracciato la rotta. Eccoci all'ultimo capitolo per PlayStation 1!
Citando Winston Chapelmount, il simpatico spiritello aiutante di Medievil 2, “I tempi sono cambiati, ma i problemi sono sempre gli stessi’’. Ecco, King’s Field 3 può essere sintetizzato così.
Cambiano i tempi, cambia la consapevolezza della potenza dell’hardware, ma i problemi sono sempre gli stessi. Anzi, forse sono ancora più gravi. Ricordate che, per diminuire quel terrificante lag presente nel secondo capitolo, ho dovuto giocare con i settaggi grafici dell’emulatore? Qui per farlo girare a una velocità giocabile ho dovuto addirittura mandare in overclock l’emulatore. Ma non solo: il problema del lag influisce sulle hitbox dei nemici.
Giocando senza alcun tipo di miglioramenti, sia grafici sia a livello di prestazioni, su 10 colpi sferrati, solo 6 vanno a segno (se siete fortunati).
Ma se riuscite a passare sopra a questi evidenti difetti, allora vi ritroverete tra le mani una perla del genere Dungeon Crawler, secondo solo a King’s Field IV (ma di questo ne parleremo in seguito).
La formula è sostanzialmente la stessa del primo e del secondo capitolo, ma moltiplicata per 3: il mondo di gioco è triplicato, idem i nemici e i segreti. Lunghissimo, dei 4 giochi è quello che mi ha richiesto più tempo per essere completato: circa 50 ore passate tra lande (dis)abitate e castelli maledetti.
La trama funge da capitolo conclusivo della trilogia, riallacciandosi al primo capitolo e rispondendo ad alcuni interrogativi del secondo capitolo: Il re Jean (o John), protagonista del primo King’s Field, è improvvisamente impazzito, lasciando il regno di Verdite in balia di forze oscure e maligne. Toccherà a suo figlio (e nostro avatar), il principe Lyle, scoprire le ragioni dietro la sua follia.
La storia ci viene raccontata con il solito mix di chiarezza narrativa e speculazione, ma stavolta la bilancia pende maggiormente verso la comprensibilità. Caratteristica che, come nel secondo capitolo, permette di godersi pienamente il gioco senza che la fatidica domanda ‘’adesso cosa faccio?’’ infesti i nostri pensieri.
A inizio gioco ci viene subito data un’arma, La Excellector, lasciataci da nostro padre in uno dei suoi ultimi momenti di sanità mentale. Si racconta che questa spada, se allenata per bene, sia in grado di rilasciare una grande potenza. Più si combatte, più la spada diventa potente, evolvendosi sia nella potenza d’attacco che nell’aspetto.
Il nostro obiettivo è trovare i 3 pezzi del sigillo di Ichrius, sparsi per i vari Dungeon presenti sulla mappa. Trovati i pezzi e raggiunto il livello massimo della Spada, potremmo finalmente essere degni di affrontare la gigantesca fortezza posta al centro della mappa. Semplice, no?
Eppure, è qui che King’s Field 3 fa un ulteriore (e assai apprezzato dal sottoscritto) passo in avanti: possiamo scegliere di limitarci a seguire la strada principale, raccogliere l’oggetto essenziale per proseguire nella nostra avventura e tornare indietro, oppure indagare più approfonditamente, farci guidare dalla nostra curiosità. E questa qualità, la curiosità, viene premiata dal gioco.
Andare alla ricerca di muri illusori, aprire un forziere protetto da trappole mortali diventa essenziale per sbloccare il Vero Finale del gioco. Infatti, oltre alla trama principale, abbiamo tante quest secondarie, che richiedono di trovare oggetti specifici, spesso posti in strade nascoste o insidiose.
Se apparentemente queste quest sembrano scollegate, man mano che andiamo avanti si rivelano intrecciate tra loro. Gli abitanti del Regno, una volta spaventati e diffidenti nei nostri confronti, cominceranno a guardarci con ammirazione e gratitudine. Abbiamo dimostrato loro di essere degni del nostro titolo e soprattutto (forse avete già intuito) della Moonlight Greatsword.
Nelle primissime ore di gioco è infatti possibile trovare la spada spezzata a metà e completare le quest secondarie sblocca un filmato con un personaggio familiare, che ci permetterà di riportare la spada alla sua forma originale. Sarà infatti Guyra, il nemico principale di KG 2, a far tornare la spada al suo antico splendore.
Ma se questo era, in fin dei conti, perfettamente prevedibile, la vera sorpresa sta alla fine della Fortezza. Un’ultima prova prima dello scontro finale attende il nostro protagonista. Tornare alle origini, tornare dove tutto è iniziato, tornare nel primo King’s Field.
Esattamente come per Anor Londo in Dark Souls 3 (coincidenza?), In KG 3 affronteremo il primo Dungeon del capostipite della serie. Tutto è rimasto intatto, come se non fosse cambiato nulla…tranne il nostro spirito. Siamo maturati, siamo diventati dei veterani della serie. Se prima i nostri passi erano incerti e goffi, adesso sono fieri e sicuri.
Mentre veniamo guidati da una sensazione di Deja Vu, il gioco aggiunge un’altra piccola sorpresa: per proseguire dovremo affrontare un cavaliere equipaggiato con l’armatura finale del secondo capitolo, compresa la spada di Guyra.
Sconfitto, verremo teletrasportati nella stanza finale del boss del primo capitolo, dove un albero di cristallo ci racconterà tutta la verità: Dio (qui chiamato Vallad) aveva inviato Guyra e Seath tra gli uomini con lo scopo di ‘’comprenderli’’.
Guyra era l’araldo dell’oscurità, Seath quello della Luce. Ma se Guyra per qualche ragione venne sin da subito odiato, Seath invece, venerato (ricordate le statue da posizionare nella fontana di KG 2?).
Se questo ci veniva rivelato nel secondo capitolo, qui però c’è un cambio di prospettiva. Seath, infatti, ebbro di preghiere del popolo, ambiva a un potere sempre maggiore, convinse i suoi seguaci che Guyra era una minaccia e che doveva essere distrutto. Raggiunto il suo scopo e appropriatosi del suo potere, Seath soggiogò il Re John, portandolo alla follia (adesso rileggete quello che scrissi all’inizio, e riflettete sul personaggio di Seath nel primo Dark Souls).
Una verità ‘’riscritta’’ rispetto alle rivelazioni del secondo capitolo, ma che comunque fa capire come la From Software avesse in mente il personaggio del drago senza scaglie molto prima della sua incarnazione più famosa.
Finito il momento delle rivelazioni, l’albero di cristallo ci donerà l’armatura finale e ci incoraggerà a sconfiggere Seath, che qui ricorda molto il Darklurker di Dark Souls 2. Il resto del gioco è molto lineare: affronteremo nostro padre e, alla fine, Seath.
Se lo sconfiggeremo (e qui la Moonlight sword ci tornerà molto utile, è un nemico parecchio tosto) vedremo il finale positivo, il classico ‘’e vissero felici e contenti’’. Se invece moriremo, il finale annuncerà un’era di oscurità e miseria per il regno di Verdite.
Adesso che la trilogia per Ps1 si è conclusa, è arrivato il momento di parlare del quarto capitolo, quello che tutti stavano aspettando, un gioco che ha lasciato, suo malgrado, una ‘’TRACCHIA’’ profonda nel mondo di Internet.