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Il restyling del logo di Dylan Dog - Intervista a Fabrizio Verrocchi

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La meteora ha portato enormi cambiamenti nell'universo di Dylan Dog. Uno di questi è stato il restyling del logo: abbiamo chiesto a Fabrizio Verrocchi come ha fatto a realizzare l'impresa.

Gli ultimi anni hanno avuto un impatto notevolissimo sull'universo di uno dei fumetti più venduti in Italia, Dylan Dog: il mondo dell'Indagatore dell'incubo nato dalla mente e dalle penna di Tiziano Sclavi nel 1986 ha subito una vera e propria apocalisse, tanto voluta dal nuovo curatore della testata, Roberto Recchioni.

Il mondo - inevitabilmente cristallizzato - in cui Dylan Dog viveva le sue avventure è stato man mano sconvolto in un'opera di destrutturazione e ricomposizione degna dei grandi chef: tutti gli ingredienti sono ancora nel piatto, serviti mirabilmente con dovizia di classe e fascino, solo che il piatto non è più quello a cui il pubblico (o una parte del pubblico) era abituato. Ogni cambiamento è un trauma e quando parliamo di un fenomeno di costume come questo, il trauma diventa collettivo: tanto per darvi un'idea, assistiamo ancora oggi alla nascita di petizioni online nate per togliere il comando a Recchioni ( senza specificare in mano a chi metterlo, tra l'altro ).

Le modifiche sono cominciate in sordina (in fondo non è certo semplice approcciare del materiale ormai leggendario come quello legato al personaggio bonelliano di tal calibro), come l'arrivo della tecnologia o di nuovi personaggi, per farsi mano mano più decise - la pensione di Bloch - e approdare poi al cataclisma - non è un giudizio, è il ciclo della meteora.

Tutto questi sconvolgimenti non potevano che andare di pari passo con una modifica talmente radicale e al tempo stesso così delicata da essere sotto gli occhi di tutti e al contempo invisibile ai più.

Parliamo dell'oggetto di questo articolo, il restyling del logo di Dylan Dog.

Per parlarne compiutamente, abbiamo disturbato Fabrizio Verrocchi, grafico e art director, un passato tra l’advertising, la moda, l’editoria e la progettazione di UI/UX in ambito web e mobile.
Il suo legame coi fumetti è di lunga data e oggi è uno dei fondatori di ARF! Festival di Storie, Segni & Disegni. Dal 2009 cura la grafica di diversi volumi e collane per Sergio Bonelli Editore, BAOPublishing, Coconino-Fandango, Star Comics e Tunué.

Qual è il tuo rapporto con Dylan Dog?

È un rapporto che è cambiato mille volte, succede così coi miti, no?
L’ho scoperto da ragazzino, chiedendolo in prestito a un amico. Era Il mistero del Tamigi, 1990. Quei brividi davanti ai disegni di Corrado Roi li ricordo ancora adesso. L’atmosfera, in generale. Mi ero fissato con le onomatopee. Le lame affilate che arrivavano con quei “SSSZOCK!” Non avevo mai visto niente del genere.
 Da lì in breve ho recuperato tutti i numeri precedenti. Ho passato la fase del collezionista, quella del lettore occasionale e quella di chi legge “a scrocco”.  Da disegnatore mancato quale sono, la costante è sempre stata quella di scoprire chi avrebbe disegnato il prossimo numero. Dentro Dylan Dog è passata gente che ha contribuito a plasmare il mio immaginario. Roi, appunto, ma anche Piccatto (tuttora il mio preferito), Ambrosini, Casertano, Mari

Immagino che un lavoro del genere si porti dietro un carico di responsabilità  notevole: come ti sei sentito quando ti sei reso conto che avresti messo mano al logo di uno dei fumetti più venduti in Italia, vero fenomeno di costume?

Ho lavorato con decine di migliaia di persone che mi fischiavano nelle orecchie 🙂

È iniziato tutto dalla Meteora. Un giorno mi ha chiamato Roberto e mi ha raccontato di questa palla di fuoco che si avvicinava alla Terra, e che di lì a un anno l’avrebbe distrutta.
Il logo sarebbe dovuto morire con lei.  Una distruzione progressiva in dodici numeri. Un’esplosione al rallentatore. 

La distruzione del logo durante il ciclo della meteora

Prima ancora di lavorare sulla testata regolare ho messo mano alla variant del n.387, che sarebbe uscita per Lucca Comics 2018. Era il numero che dava il via al ciclo della Meteora, in una versione speciale con copertina di Camuncoli “animata” in stampa lenticolare.

Copyright Sergio Bonelli Editore

Anche lì il logo doveva esplodere, seppur in modo completamente diverso.
Mentre ci scambiavamo idee su come sarebbe dovuta avvenire l’esplosione mensile (con l’unico imperativo di mantenere il logo leggibile fino al grande botto) Roberto ha buttato lì una frase: “Poi dal 400 dobbiamo fare il logo nuovo”.
 Lì per lì non ho realizzato. Diciamo che ci ho messo un po’ a metabolizzare 😉 

Come si è svolto il processo creativo? Da quale idea sei partito?

Sono partito da un confronto con Roberto. Ci siamo scambiati qualche reference in ambito fumetto e non. Poi ho iniziato timidamente a fare prove.

Rispetto al primo restyling di Paolo Campana (2014) avevo iniziato a lavorare sulla crenatura e sugli ingombri delle lettere ma lo stacco rispetto alle intenzioni era ancora troppo… soft. Mi hanno chiesto di osare di più. Allora mi sono detto “Ok, sarà pieno di gente che vorrà la mia testa”, e ho accelerato.

Ho un rispetto enorme per il lavoro di Cortez. Lo immaginavo chino sul tecnigrafo, intento a tracciare con un rapidograph quelle linee che si sarebbero impresse nella memoria di tutti.
La sfida ora era quella di far fare al logo un balzo di oltre trent’anni senza snaturarlo.
 È buffo rispondere a questa domanda in questi giorni, mentre sto chiudendo il progetto grafico del nuovo Dylan Dog - Oldboy su cui, al contrario, dal punto di vista grafico si tratta di un ritorno alle origini. 

Raccontaci il nuovo logo, le modifiche, le differenze tra il prima e il dopo, gli aspetti che reputi più importanti.

Il lavoro principale è stato quello sul kerning, la gestione dello spazio tra le lettere.
 Il logo originale aveva dei ‘vuoti’ che si prestavano ad essere rimaneggiati per restituire maggiore compattezza e pulizia, cosa che al colpo d’occhio avrebbe dato subito un’idea di modernità. Allo stesso tempo, quei vuoti erano parte integrante della sua riconoscibilità, quindi eliminarli completamente era impossibile, mi sarei allontanato troppo.  Trovati i giusti pesi tra le lettere, l’ombra è stata ridotta e portata in basso per semplificarne la gestione e per fare in modo che, nelle tante combinazioni di colore possibili, non pesasse mai troppo rispetto al disegno. Il logo di una testata viaggia ogni mese su una copertina differente e deve poter convivere con l’estro dei disegnatori coinvolti senza limitarli mai.
Un restyling di questo tipo è una specie di lifting. Per questo sono felicissimo quando qualcuno mi dice “ah, quindi questo è quello che hai ridisegnato tu? Ma è uguale!

Un excursus di tutti i loghi di Dylan Dog

Hai dei test che puoi mostrare?

Ti ho mandato tutte le cose presentabili che ho! Le cose più vecchie le ho frullate nell’oblio… [Nda Trovate tutti i materiali nel corpo dell'articolo]

Quali fonti di ispirazione hai avuto?

Confesso che dopo un primo giro di reference con Roberto - quella fase di brainstorming selvaggio in cui non si ha alcun timore a tirare in ballo gente come Chip Kidd o Saul Bass - ho scelto di utilizzare come fonte di ispirazione il lavoro originario di Cortez e nient’altro.  Ero concentrato su quello, una curva alla volta. 

Quale logo famoso ti piacerebbe rimaneggiare? Come lo immagini?

Acc… domandona.
La sparo grossa: PlayStation 5, veramente un’occasione mancata. Diciamo che al posto loro mi sarei divertito molto di più 😉

 

Grazie mille a Fabrizio per l'intervista!

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