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Un estratto di "Star Wars, il mito dai mille volti"

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Può Star Wars essere trattato come se fosse un mito di epoca classica? Cosa differenzia un mito di oggi da uno del passato?

Star Wars, il mito dai mille volti è un saggio di Andrea Guglielmino che vuole offrire una rilettura antropologica di una delle saghe più importanti della cultura pop con cui identificare ciò che la accomuna con i grandi miti e le religioni dell'uomo. D'altronde il sospetto che il cristianesimo e Star Wars avessero qualcosa in comune c'era già venuto.

Il libro esce in questi giorni e per darvene un assaggio abbiamo pubblicato qua un estratto, tanto per incuriosirvi.

Secondo lo storico delle religioni Angelo Brelich, e precisamente in Introduzione alla storia delle religioni, la funzione principale di un mito, presso le culture che miticamente si orientano, è quella di fondare, ordinare e conferire valore agli aspetti della realtà che quella determinata cultura ritiene importanti per la sua costituzione. Naturalmente, le culture variano nel corso della storia e dunque il mito deve poter variare esso stesso, perché la realtà storica cambia in continuazione, dunque ciò che per una cultura è importante oggi potrebbe non esserlo tra cinque, dieci o vent’anni. Figuriamoci nel corso di secoli di evoluzione umana. Non a caso il mito trovava la sua massima espressione nelle culture a tradizione orale, dove la variazione, di racconto in racconto, di generazione in generazione, risultava un processo più che mai spontaneo e naturale.

Nel saggio Antropocinema. La saga dell’uomo attraverso i film di genere, di cui il presente testo costituisce, volendo usare un termine cinematografico comune, una sorta di “spin-off”, abbiamo usato questo assunto per trattare alla stregua di miti antichi le moderne saghe cinematografiche, tra cui spicca, per aderenza al concetto, il complesso narrativo di Star Wars. Là notavamo la continua e incessante esigenza di cambiamento e adattamento di George Lucas del materiale originale, con riferimento soprattutto alle varie edizioni digitali della cosiddetta “trilogia originale”.

Un’esigenza che non si manifestava solo sul piano estetico ma finiva per influenzare considerevolmente anche lo sviluppo della trama e la caratterizzazione dei personaggi. Come nel caso di Han Solo, che attreverso varie fasi di montaggio e riedizioni, da spietato killer a sangue freddo che “spara per primo” al nemico Watto, diventa un eroe tout-court, costretto a rispondere al fuoco avversario per difendersi, generando il celebre meme internettiano “Han shot first”, e questo per adattarsi sostanzialmente all’esigenza di un pubblico sempre meno disposto ad accettare personaggi “sfumati” che non siano immediatamente caratterizzabili come buoni o cattivi.

Situazione che si è reiterata, ad esempio, nella campagna promozionale dello spin-off datato 2018 sul contrabbandiere stellare (interpretato oggi in versione più giovanile da Alden Ehrenreich) in occasione della quale, in alcuni manifesti, è stata rimossa la pistola da una delle pose più iconiche del personaggio. E in tale istinto “revisionista” individuavamo il corrispettivo moderno del carattere costantemente mutevole e cangiante del mito.

Ci siamo chiesti, però, e questo anche rispetto all’esigenza di una sostenibilità di un’antropologia del cinema, cosa fondasse, attraverso questi continui cambiamenti, un mito “disfunzionale” come Star Wars. Se infatti per le culture produttrici di miti il mito è “vero” come lo è per noi la Storia (benché verificatosi in tempi remotissimi… il “tanto tempo fa, in una galassia lontana lontana” del celeberrimo opening starwarsiano), e dunque ben atto a fondare aspetti rilevanti della realtà odierna con rimando a un arcaico passato, il cinema, per la cultura occidentale che lo accoglie, è chiaramente “falso”. È rappresentazione, finzione, immagini su celluloide e nient’altro. Quando si esce dal cinema, si “sa” di aver assistito “solo” a qualcosa di fittizio. Ma è veramente così? Ci lasciammo col proposito di approfondire, ed è quello che faremo nelle pagine che seguono, concentrandoci proprio su Star Wars, e questo per due motivi fondamentali.

Tanto per cominciare si tratta di uno dei franchise esistenti più complessi e articolati in assoluto, entro il quale i cambiamenti, impercettibili o palesi, sono all’ordine del giorno. Ed è uno dei pochi franchise che riesca a porre creatori e fruitori, per i contributi che entrambi forniscono al suo stesso sviluppo, quasi sullo stesso livello. Proprio come un mito antico, cambia lentamente e inesorabilmente grazie anche al pubblico che ne fruisce e lo influenza, con le sue idee e le sue opinioni, con il suo gradimento e le sue ossessioni, a volte scontrandosi con la linea ufficiale, a volte accogliendola, a volte incrociandola.

Il secondo motivo: negli anni successivi alla pubblicazione di Antropocinema tutto è cambiato. George Lucas non è più il santo patrono di Star Wars, il franchise è passato in mano alla Disney, c’è una nuova trilogia in corso, una in programmazione, innumerevoli spin-off in cantiere o già prodotti, tanti fumetti, tanti videogiochi, tanto materiale utile per portare avanti la nostra ricerca nella direzione migliore possibile. Abbiamo ritenuto rilevante farlo, consapevoli comunque che una ricerca completa e definitiva, quando si parla di una saga di tale successo e di tale influenza su una vastissima comunità culturale, è impossibile da realizzarsi.

Difficilmente, insomma, potremo porre la parola “fine”, ma anche questo non fa che confermare quel che pensiamo: proprio come i miti, i miti dei greci, ma anche quelli nordici o quelli delle culture tradizionali, non può mai concludersi. Cambia invece in continuazione, sempre proiettandosi verso il tempo presente, prima ancora che sul futuro, sebbene tutto abbia inizio proprio lì, in quella “galassia lontana lontana” creata da Lucas nel 1977.

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