Terrifier 3 - l'epica splatter senza limiti nè compromessi
Art il Clown torna più irriverente che mai, riuscendo a non cedere alle lusinghe dello showbusiness e dei soldi facili, ma trasformando un culto in quello che ormai è un vero successo commerciale senza possibilità di smentita
Iniziano le proiezioni di Terrifier 3 negli Stati Uniti e, nel giro di poche ore, parte la conta degli spettatori che fuggono sconvolti e disgustati dalla sala dopo neanche dieci minuti. Squadre di soccorso vengono approntate fuori dai cinema, sacchetti per il vomito regalati all'ingresso, gli avvisi sul grado di violenza grafica nel film diventano virali. Eppure, i bambini, che dovrebbero tenersi alla larga da Terrifier, lo adorano alla follia.
Quello di Art il Clown è uno dei costumi di Halloween più gettonati. Alle convention, le bambine si lanciano disperate ad abbracciare Lauren LaVera, la final girl della saga, che pubblica sui social tutti i disegnini che le arrivano come in una puntata di Bim Bum Bam. C'è da meravigliarsi? No se siete cresciuti negli anni '80, quando, a dispetto di qualunque divieto ai minori, tutti i bambini amavano Nightmare, Venerdì 13 e Evil Dead, guardavano Le Notti di Zio Tibia su Italia Uno, leggevano Dylan Dog, Splatter e Fangoria.
Il boom dello splatter anni '80, però, fu uno "sboom" come disse una volta Tiziano Sclavi. Un fenomeno meravigliosamente devastante, che ha lasciato cicatrici da sfoggiare con orgoglio, ma di breve durata, inflazionato dall'avvento dell'home video. All'inizio degli anni '10, Damien Leone (nome che deriva dalla passione della madre per Omen – Il Presagio) ha deciso di riprendere il discorso dove si era interrotto, Don Chisciotte del low budget contro i mulini a vento del mainstream horror.
Art il Clown fa il suo esordio in due cortometraggi (poi riuniti nel film All Hallows' Eve) interpretato da Mike Giannelli ma sarà David Howard Thornton a dargli la fisionomia definitiva nel primo Terrifier, uscito nel 2016. Art è un capolavoro di espressionismo che sembra fuggito da una pellicola anni '30. Un clown bianco e nero, muto, una mimica corporea che mescola Chaplin a Buster Keaton.
Semplice, essenziale, elementare, efficacissimo.
Al servizio di uno splatter duro, crudo, coraggioso e sfacciato, con qualche suggestione visiva di grande impatto e cinema purissimo. Film piccolo piccolo che assurge immediatamente a status di cult, resta sottopelle al pubblico, sopravvive ai muscoli mainstream del Pennywise kinghiano, pupazzone digitale che arriverà l'anno successivo coi suoi jumpscare preconfezionati un tanto al chilo e dimenticati in fretta.
Col sequel, Leone decide di alzare il tiro e affondare il coltello fino al manico, sa di avere una fan base forte che gli finanzia il film su Indiegogo, è intenzionato a portare il naso adunco di Art accanto al volto ustionato di Freddy Krueger, alla maschera da hockey di Jason Voorhees, a quella inespressiva di Michael Myers e a quella di cuoio di Leatherface. E ci riesce. Seguendo il manuale del buon sequel come James Cameron insegna e sempre con un budget ridotto all'osso, realizza la Monna Lisa dello splatter, il "primo megaslasher" come lo ha definito Mike Flanagan. Terrifier 2 è un vertiginoso grand guignol dalla portata epica (due ore e diciotto minuti) che non guarda in faccia a nessuno, che si spinge dove nessuno in passato aveva mai osato.
Con cattiveria giocosa e sadismo infantile, Leone squarta le sue vittime, le rivolta, le scarnifica, come pupazzi di plastilina. Prende il pubblico per i capelli, gli immerge la faccia nelle frattaglie, gli struscia sul naso organi genitali mozzati, gli vomita addosso ogni genere di schifezza, gli strappa i bulbi oculari, li mastica e poi li rimette nelle orbite. E' ripugnante, liberatorio e irriverente come una pernacchia in chiesa. E il pubblico ne vuole ancora.
Ma la vera differenza, nel sequel, si chiama Lauren LaVera. Nel primo episodio non c'erano final girl, solo scream queen. Era il trionfo di Art che procedeva dritto, irridente, implacabile come Terminator. Era lui il protagonista assoluto, l'anfitrione ipnotico, non ce n'era per nessuno. Ma in Terrifier 2, la Sienna di Lauren LaVera inizia a scavarsi un posticino nel cuore del pubblico. Leone non le risparmia alcuna tortura ma nessuno vuole vederla finire nel body count. Alla figura atavica del clown risponde il concept altrettanto essenziale dell'angelo guerriero che fa tanto icona metal per la generazione anni '80 ed eroina manga per i millennial. Stavolta Art ne esce sconfitto. Lauren LaVera, sangue italiano, paladina dei diritti queer, artista marziale con un curriculum da stunt, assurge dal giorno alla notte a final girl del nuovo secolo, eletta a gran voce antieroina dell'horror accanto a Jamie Lee Curtis e Bruce Campbell.
Il trionfo al box-office di Terrifier 2 (più di 15 milioni di dollari al termine della sua corsa, a fronte dei 250.000 di budget) segna la consacrazione definitiva per la creatura di Leone. Terrifier non è più un titolo per cultori, è un franchise a tutti gli effetti. Il rischio, come accade in questi casi, quando il ribelle diventa imperatore, è che il brand perda la sua natura. Le major si fiondano avide sulla preda da spolpare. Ma Leone resta coerente a se stesso e rifiuta barche di soldi per trasformare Terrifier in un prodotto mainstream edulcorato. Art il clown non è in vendita.
E' innegabile, però, che il regista arrivi a questo terzo episodio con una consapevolezza tutta nuova del brand e del suo pubblico. Trova il punto d'incontro tra il minimalismo del primo episodio e la magniloquenza del secondo sfornando il film più equilibrato della saga. Imposta tutto come L'Impero colpisce ancora della serie dove le forze del male rialzano la testa. Sienna, affetta da stress post-traumatico, diventa a tratti respingente, è separata dal fratello, suo unico vero alleato, nessuno prende sul serio le sue premonizioni e tutto va a rotoli.
La trama resta semplice ed immediata. Come Avatar o Mad Max: Fury Road, è la forma ad essere il contenuto del film. E' un altro tunnel dell'orrore di invenzioni visive estreme. Non hai il tempo di tirare il fiato che subito ti arriva addosso una nuova secchiata di sangue, interiora e qualche topo. Perché lo splatter funziona così. Quello che ti impressiona oggi, domani ti farà meno effetto e dopodomani non te ne farà più. E allora Leone cerca di spingersi ancora oltre, diventa sempre più sadico e perverso.
Tra tante citazioni facili da trovare, questa volta il film si rifà ai classici horror natalizi, smembrando ipocrisie e consumismo senza risparmiare niente e nessuno. Art vestito da Babbo Natale sui poster ha fatto arrabbiare i fanatici religiosi americani che montano proteste davanti alle sale cinematografiche (come se non ci fossero stati altri mille Babbo Natale horror in passato). Fa sorridere perché non sanno che alla fine del film c'è una metafora cristologica con tanto di corona di spine e stigmate molto più radicale e provocatorio di un clown con un vestito rosso Coca Cola e la barba bianca.
E siccome Leone è dispettoso e irridente come il suo Art decide di contravvenire a qualunque fan service. Vi aspettate che questo terzo episodio cominici a dipanare il mistero attorno a Sienna e ad Art? Spiacenti, non viene data ancora alcuna risposta. Restate seduti alla fine del film in attesa della scena durante i titoli di coda? Non c'è. Dovrete accontentarvi di un buon cliffhanger che rimanda tutto al quarto (e, forse, al quinto) episodio.
A fronte di meno di 5 milioni di dollari tra budget e promozione, nel primo week-end negli USA Terrifier 3 ha incassato già 18 milioni di dollari superando quello che era stato l'incasso totale del secondo episodio e vincendo lo scontro diretto con il clown sbiadito e maltrattato che del Joker della DC Comics ormai porta solo il nome. Hollywood dovrà prenderne atto e, forse, Terrifier è il sassolino che darà il via ad una nuova valanga splatter. La vittoria di un regista che è rimasto fedele alla sua visione e non è sceso a compromessi.