Star Wars e la sociologia della forza con il professor Ghisolfi
tag:
Star WarsDai film alla codificazione della space-opera fantasy, capire Star Wars per comprendere la sociologia e la costruzione di un immaginario collettivo
Non a caso la più grande invenzione dell'essere umano è la scrittura, senza di essa non avremmo una coscienza storica. L'uomo si affida al testo scritto anche per perpetrare il proprio spirito anche quando sarà soltanto un nome inciso su una lapide, scrivere significa rimanere immortali. L'uomo è anche un animale sociale, scrive perché sia accolto nella comunità e nell' immaginario collettivo. Lo storytelling è il modo più efficace per rimanere eterni, ancora oggi parliamo di Achille, Enea, Ulisse o Circe! Ma anche il cinema è storytelling, e anche Star Wars è immortale, e di riflesso George Lucas. Infatti Guerre Stellari è una saga che si è facilmente sedimentata nel nostro cuore e che trova il proprio spazio in tantissime generazioni di fruitori.
Potremmo spendere un fiume di parole per parlare analizzare i personaggi, i dialoghi, l'evoluzione degli effetti speciali o la filosofia del mondo di Star Wars; ma mai, mai, ci fermiamo a riflettere sulla portata socio-culture delle trilogie e del loro effetto magnetico che esercitano sulle masse. A snodare questa intricata matassa transculturale e transmediatica ci pensa il professor Giorgio E. S. Ghisolfi, che oltre ad essere regista, docente, esperto si sociologia mediatica è autore dello splendido saggio edito dalla Mimesis “I Mondi di Star Wars”, e ci ha concesso un'interessantissima intervista che trovate dopo.
Inizio dalla fine, ovvero dal giudizio che potrei affibbiare a questo saggio. È un lavoro eccelso e documentato, un viaggio culturale dalla portata disumana e che ha sicuramente occupato almeno un paio di anni il nostro autore, intento a raccogliere una mole non indifferente di dati e aspetti scientifici
Una splendida analisi sociologica del fenomeno Star Wars, del ruolo di George Lucas, dell'evoluzione e della manipolazione degli archetipi del fantastico a favore di una neo-mitologia americana per non parlare del debito estetico-culturale e trans-generazionale che tutti noi abbiamo verso l'universo Star Wars (ora raccolto dalla Disney).
Dal libro scopro subito il perché l'universo di Star Wars non nasce banalmente in un futuro imprecisato bensì in un passato sfuggente e che precede la storia come la conosciamo.
Star Wars è una saga epica, nel vero senso della parola, nasce come epopea nazionale per rinsaldare il processo identitario del popolo americano, fin troppo legato al mito della frontiera e del western ma che mai ha rispecchiato gli ideali di tutti.
Collocarsi in un passato a-storico permette a Lucas di creare una mitologia a posteriori in cui lo spettatore (bambino e adulto) può attingere. Non importa se gli ingredienti sono i basilari topoi del mondo classico e della cultura europea, Star Wars subentra nell'immaginario statunitense come il macro-racconto che colma le lacune del popolo americano e plasma la fantasia dei bambini.
Tralasciando gli aspetti sopracitati il libro è un pazzesco strumento di indagine per esplorare other worlds sociali come: il cosplay, il merchandising, le serie animate e i videogiochi. L'universo Star Wars è identico a quello reale, in perenne estensione, infatti obbedisce a un propria ed interna legge di Hubble dell'espansione cosmica. Per questo il professor Ghisolfi merita un plauso perché va a toccare argomenti che non si possono facilmente rintracciare con un'attenta bibliografia critica ma soltanto con altri strumenti spesso più ardui da maneggiare.
Ma forse dovrei lasciare la parola allo stesso Professore per comprendere meglio i dettagli del suo libro!
C. Saccoccia - G. Ghisolfi
INTERVISTA SU "I MONDI DI STAR WARS" 2020
1) Iniziamo con una domanda per rompere il ghiaccio ma che è tutto tranne che l'inizio di una discussione banale. Secondo lei Star Wars è fantasy o fantascienza?
Per capirlo basta rispondere a un'altra domanda: Flash Gordon è fantasy o fantascienza? George Lucas amava molto il fumetto di Alex Raymond. Così come le copertine fantasy di Frank Frazetta e le tavole sci-fi di Al Williamson. La saga ha un'anima fantasy ma un abito sci-fi. Questo ha tratto in inganno il pubblico, ma anche i critici, per molti anni, nonostante la Lucasfilm avesse subito dichiarato ai media statunitensi che si trattava di una "space-fantasy per ragazzi", un fantasy spaziale rivolto alle nuove generazioni.
2) Il suo libro è molto bello, perché non è una sorta di enciclopedia fanatica dei film e dell'universo (espanso) di Star Wars, bensì un saggio ragionato sul fandom, la sociologia e i retroscena culturali della saga cinematografica. Potrebbe spiegarci nel dettaglio questa sua scelta metodologica?
Nel 2017, in occasione del quarantennale della saga, ho pubblicato, sempre con Mimesis, un volume intitolato "Star Wars. L'Epoca Lucas". È stato il risultato di due anni e mezzo di ricerche, con le quali ho cercato di produrre qualcosa di diverso dai tanti altri libri scritti sulla genesi e la storia di Star Wars. Mi premeva definire il contributo di Lucas sia all'estetica e all'industria del cinema e sia all'immaginario contemporanei; capire —e riconoscere— il valore culturale dell'universo narrativo lasciato in eredità alla Disney. Gli anni dedicati da Lucas alla saga a mio avviso costituiscono una vera e propria epoca del cinema. Da qui il titolo del libro. Per la mia analisi ho adottato il punto di vista, inedito, del cinema d'animazione, settore che mi è familiare. Ho cercato di scoprire le relazioni nascoste tra Lucas e le tecniche del disegno animato. E ne ho trovate in quantità. Il primo film di Lucas, quale studente alla University of Southern California nel 1965, fu un film animato, realizzato con la tecnica del découpage. Il mio libro tocca aspetti filosofici, estetici, semiotici, in parte anche storici (contiene anche una breve storia della computer animation), ma solo marginalmente sociologici. A distanza di due anni mi è sembrato naturale affrontare anche questo argomento, considerata l'assoluta rilevanza sociale del fenomeno su scala globale.
3) Agganciandomi alla domanda di prima, quando parliamo di Star Wars siamo difronte a un'enorme quantità di dati, statistiche e numeri. Può farci qualche esempio per quantificare l'influenza di questa saga all'interno del nostro immaginario collettivo ? E magari parlare della massificazione dell'intrattenimento.
Il primo film, uscito nel 1977 e originariamente intitolato semplicemente Star Wars, detiene ancora oggi il secondo posto nella classifica USA dei film con i maggiori incassi di sempre. Lucas ha progettato la saga come un global storytelling, perciò ha, sin dall'inizio, dato l'avvio a quello che sarebbe diventato il cosiddetto Universo Espanso, fatto di cinema, televisione, fumetti, romanzi, videogame. La copertura di tutti i media di comunicazione ha permesso alla space opera di Lucas di raggiungere un pubblico immenso, non soltanto negli USA ma ovunque sul pianeta. Questo però è accaduto con tempi diversi da paese a paese: la prima trilogia è uscita in piena guerra fredda, con il mondo diviso in due blocchi. E la distribuzione dei film ne ha risentito. Nel libro prendo in esame proprio la diffusione della saga oltrecortina, della sua accoglienza nel mondo comunista, un tema di cui sinora nessuno aveva parlato.
La "massificazione dell'intrattenimento" è una definizione che ho adottato per indicare il cambiamento di scala avvenuto nelle modalità di intrattenimento popolare al passaggio tra Otto e Novecento. Non è un caso che la società di massa e i media di massa siano nati pressoché contemporaneamente proprio in quel periodo. Tuttavia nella mia accezione il termine "massificazione" ha anche una secondo significato, quale sinonimo dell'abbassamento della qualità dell'intrattenimento in quanto prodotto culturale. Rispetto alle attrazioni tradizionali, fiere, circhi, teatri, varietà, i moderni media di massa forniscono un escapism che non conosce limitazioni temporali né spaziali, su scala sovraurbana e sovranazionale, confezionato su misura per audience internazionali ovvero progettato sul più semplice dei gusti semplici del pubblico popolare. Nell'assecondare tali esigenze i media utilizzano in quantità stereotipi e formule ripetitive e omologanti, perpetuandone dunque l'uso e rafforzando la mediocrità sia del gusto sia del giudizio dello spettatore. Ciò, naturalmente, crea una domanda commerciale in tal senso, fatto che, a sua volta, finisce col giustificare l'esistenza stessa dei media. Anche Star Wars, nel suo utilizzare i media di massa, contribuisce in varia misura a questo processo.
4)Secondo lei qual è la trilogia più forte (a livello di sceneggiatura, influenza, qualità del prodotto artistico) dell'intero Star Wars? E ovviamente anche la più debole.
Per tanti motivi sceglierei la prima. Lo spiego in maniera articolata nel mio libro. Tuttavia anche la seconda, iniziata nel 1999, ha meriti cinematografici non da poco. Tecnologia ed estetica vi trovano una affermazione importante. Tale trilogia rappresenta anche il tentativo di Lucas di conferire una integrità narrativa a tutto il progetto, ripartendo dall'inizio. L'invenzione dei prequel ha però generato equivoci temporali e anche problemi di continuità estetica, solo parzialmente colmati dalla riedizione, integrata dalla computer grafica, della trilogia originale nel 1997 (Special Editions). Credo che — alla luce della trilogia Disney, a mio avviso la più imperfetta — sia tuttavia lecito rivalutarla.
5)Femminismo, machismo, e maschilismo? Il mondo di Star Wars ricalca il mito, le imprese leggendarie e si rifà a costrutti archetipi in modo tale da ricreare una mitologia moderna. Anche per dare all'America una sorta di epopea nazionale. Facendo questo alcune figure femminili (pur non bistrattate) non brillano come le vere fautrici degli eventi. Questo è un processo che si concretizza nelle ultime pellicole della nuova trilogia e già aveva avuto nella Padmé Amidala di Natalie Portman i primi segnali di rinnovamento.
Quali considerazioni possiamo fare in merito?
In realtà già il primo film del 1977 contiene istanze sociali tipiche dell'epoca, come il femminismo. Carrie Fisher è una principessa che di medioevale ha solo il vestito. È tuttavia indubbio che l'universo di Star Wars sia stato concepito come maschile, come maschile è, del resto, l'idea della guerra. La figura di Padmé, giunta vent'anni dopo, è meno sopra le righe e più contestualizzata, possiede uno spessore drammaturgico maggiore, ma, come la madre di Anakin, Shmi, non è il sintomo di una attenzione verso le problematiche di genere, che sono sorte dopo il Duemila. Rappresentano piuttosto un omaggio alla famiglia e al ruolo che una madre o una sposa tradizionalmente giocano nel destino dei potenti. Certamente la Disney, già nel 2015 con l'episodio VII, ha preso parte al dibattito attuale e posto l'accento sulle figure femminili: sia come eredi dei ruoli maschili, anche in battaglia, sia come eterne depositarie della vita e dei sentimenti.