Parlare di scrittura noir con Brian Azzarello a Lucca Comics & Games
Brian Azzarello incontra appassionati e professionisti del fumetto in una masterclass dedicata alla scrittura noir durante Lucca Comics & Games.
Tra le cose molto fighe che si svolgono a Lucca Comics & Games ci sono i vari workshop aperti al pubblico che spaziano dal disegno per storyboard all'illustrazione, dalla scrittura di videogiochi a quella per giochi di ruolo, senza dimenticare ovviamente il fumetto. Quest'anno sono riuscito a seguire una masterclass dedicata alla scrittura di fumetti noir tenuta da Brian Azzarello con la conduzione di Andrea Cattani.
Noto soprattutto per la lunga serie disegnata, da Eduardo Risso, 100 Bullets, edita negli USA per l'etichetta Vertigo della DC Comics e arrivato in Italia grazie a Magic Press e più recentemente in una nuova edizone per i tipi di Lion, Azzarello ha un curriculum molto variegato che lo ha visto scrivere storie per Batman, Superman e Wonder Woman.
Introdotto da un paio di domande di Cattani, Azzarello da il via alle danze spiegando quel che intende lui quando parla di noir, concentrandosi sui personaggi e sul protagonista di una storia di questo tipo. Se buona parte delle storie poliziesche tende a raccontarci protagonisti che, giunti alla fine del racconto, hanno raggiunto il loro obiettivo, guadagnato qualcosa o sono migliorati, Azzarello sposa l'idea per cui il protagonista noir giunge alla fine della sua storia in uno stato peggiore di quello iniziale.
Stato inteso in senso fisico, perché può trattarsi di finire in galera o morti (ammazzati o suicidi a seconda del caso), o magari in senso morale perché ancora più compromesso di quanto lo era all'inizio. Oppure si può compiere un ultimo, grandissimo errore da cui non ci sarà ritorno o assoluzione. Proprio l'errore, l'idea di compiere sbagli è un punto su cui ha battuto più volte, sottolineando come dal punto di vista del lettore/spettatore possa essere, o addirittura debba essere, evidente che il protagonista sta compiendo una serie di scelte sbagliate che gli si ritorceranno conto. Una delle difficoltà per chi scrive sta quindi nel riuscire a rendere interessante ma soprattutto credibile ed empatica una persona che compie errori, sbagliando anche dal punto di vista morale e prendendo decisioni che si possono ritenere deprecabili.
Per riuscirci è necessario quindi concentrarsi sulla psicologia del personaggio avendola bene chiara in mente per assicurarsi di sapere in che modo reagisce di fronte a certe situazioni, dandole sì sfumature caratteriali che la possano rendere ambigua (e l'ambiguità è un altro grande tratto caratteristico del noir sottolineato durante la lezione), ma evitando di renderla platealmente contraddittoria o inconsistente. A meno che non si tratti del Joker, usato come esempio di personaggio dalla caratterizzazione e storia personale così forte da poter funzionare anche se non risponde allo stesso modo se messo di fronte allo stesso stimolo.
Lo studio sui personaggi, delle loro psicologie e dei loro comportamenti parte, secondo Azzarello, dallo studio della realtà che ci circonda. Tenere gli occhi e le orecchie aperte è fondamentale per riuscire a trovare ispirazione e spunti per le storie da raccontare, ma anche per rubare qua e là le vite altrui per inserirle, una volta metabolizzate, nelle proprie storie. Per questo ha l'abitudine di leggere con molta attenzione la cronaca nera locale: secondo lui molto spesso le descrizioni delle scene del crimine possono essere dei finali da cui partire per generare a ritroso una storia. Partire dal finale di una storia, in particolare una storia noir o crime, lo considera il metodo migliore per non perdersi nella costruzione della trama: sapere da subito in che modo la nostra storia andrà a finire ancora prima di metterci al lavoro aiuta a non perdersi quando si ipotizzano svolte narrative, colpi di scena e momenti da inserire nella trama. Tutto quello che non porta al finale, può essere eliminato.
In generale pensa anche che quasi nessuna storia di fiction riesca a battere la cronaca nera e, in generale, la realtà che ci circonda. Realtà che ha l'abitudine di ascoltare con attenzione, in particolare i dialoghi e le discussioni a cui assiste di persona, facendo un po' di sano origliare qua e là. Bisogna porre molta attenzione al modo di parlare delle persone perché torna utile nel momento in cui si devono scrivere i dialoghi di una storia: modi di dire, inflessioni, scelte lessicali curiose e il modo di sostenere una discussione sono tratti personali che caratterizzano ogni persona, per cui studiarli può essere un'ottima scuola reale da sfruttare nella fiction quando si vuole caratterizzare un personaggio.
Non che queste osservazioni gli precludano di nutrirsi regolarmente di storie di finzione. Azzarello è un grande appassionato di teatro, di cui apprezza l'aspetto vero e palpabile degli attori in carne ossa sul palco. Una differenza che li rende facilitati nel riuscire a trasmettere al pubblico in sala l'aspetto emotivo ed emozionale delle storie messe in scena. Anche questo sarebbe un modo eccellente per studiare il dialogo e capire meglio come scrivere i propri, in particolare di come un buon dialogo riesca a dettare il ritmo della storia.
Sono proprio i dialoghi la parte delle sue sceneggiature che, di norma, scrive per primi, una volta elaborata la trama. Prima di descrivere una singola vignetta, o prima di decidere in che maniera spezzare la storia nelle singole pagine, Azzarello scrive tutti i dialoghi del singolo numero a cui sta lavorando. Solo a quel punto inizia a spezzettare il tutto in pagine prima e in vignette dopo, facendosi aiutare dal ritmo del discorso che detta in questo modo buona parte del ritmo della storia.
È stato inoltre molto preciso nel descrivere in che modo, di norma, scrive le regie nelle sue sceneggiature, ovvero le indicazioni per il disegnatore. "Gli artisti non sono le nostre mani. Io mi fido di loro e gli lascio la maggior libertà possibile nel disegno. Sono loro i registi, io sono solo lo sceneggiatore." Un esempio che ha fatto: se in una vignetta si deve vedere una macchina, a meno che non si tratti di un tipo specifico di auto necessario ai fini della trama, si limita a scrivere "Vediamo un auto di lusso" e non un modello preciso. Ci penserà poi il disegnatore a decidere se si tratta di una BMW, una Mercedes o altro. Allo stesso modo riduce al minimo le indicazioni precise di regia lasciando decidere al disegnatore qual'è l'inquadratura più adeguata perché la singola vignetta funzioni in armonia con il resto della pagina. Sono i disegnatori ad avere le nozioni e il gusto più affinati per riuscire a raccontare con la giusta immagine la storia che si sta raccontando.
Certo, quando si collabora con il roster di disegnatori con cui collabora Azzarello è facile sentirsi in una botte di ferro, cosa che ha ammesso lui per primo durante la masterclass. Ma sottolinea come il fare fumetti sia un mestiere che vive molto spesso della collaborazione tra diverse teste e in cui saper collaborare è una skill essenziale per poter essere dei professionisti.
Parlando degli aspetti meno legati alla scrittura ha sottolienato anche come sia necessario sforzarsi di vincere la paura di fallire e, anzi, abbracciare l'idea che il fallire sia una parte normale del processo di apprendimento. Come ha detto lui "Nessuno fa centro ogni singola volta. Se incontrate qualcuno che dice di riuscirsi, lasciatelo perdere.".
Tra consigli, aneddoti e un bel botta e risposta con i partecianti i 90 minuti della masterclass sono volati lasciando parecchi spunti di riflessione interessanti, e generando chiacchiere tra i partecipanti che si sono trascinate per parecchio. Ottima proposta da parte dell'organizzazione di Lucca che continua la tradizione di dare qualcosa di interessante anche agli appassionati più hardcore o ai professionisti del settore.