Nostalgia & Metacritica: si stava meglio quando si scriveva peggio
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NostalgiaUna volta, “la grande N” indicava inequivocabilmente Nintendo. Ora non ne siamo più tanto sicuri. Nella critica pop contemporanea, ormai, parlare di nostalgia è pane quotidiano. C’è chi dice che ci troviamo in un periodo di fortissima riverberazione del ventennio ’80-’90, sfruttandone a piè sospinto le idee, le atmosfere e l’estetica nel cinema, nella letteratura ... Nostalgia & Metacritica: si stava meglio quando si scriveva peggio
Una volta, “la grande N” indicava inequivocabilmente Nintendo. Ora non ne siamo più tanto sicuri. Nella critica pop contemporanea, ormai, parlare di nostalgia è pane quotidiano. C’è chi dice che ci troviamo in un periodo di fortissima riverberazione del ventennio ’80-’90, sfruttandone a piè sospinto le idee, le atmosfere e l’estetica nel cinema, nella letteratura (anche fumettistica) e nei videogiochi. C’è invece chi, con fare più smaliziato, sostiene che simili echi del passato siano sempre attivi, ma soltanto ora la nuova generazione di critici può accorgersene per la prima volta. D’altronde, anche l’Eneide era “solo” uno spin-off dell’Iliade, no?
Ma procediamo con ordine: prima di capire quali effetti eserciti sul mondo della critica dobbiamo chiarire, oltre ogni ragionevole dubbio, che cos’è in questo, anzi, nel nostro contesto la nostalgia?
La definizione base
Specificare di cosa parliamo quando parliamo di nostalgia nel mondo della critica è importantissimo, perché non si faccia l’errore di estendervi il concetto comune, e sottilmente diverso, del termine. La nostalgia comune è la sensazione di tristezza e affezione al ricordo di un momento del passato, proprio o concettuale. La nostalgia nel mondo della critica è la stessa cosa dal punto di vista dell'utente di cultura pop, ma è costruita ad hoc dallo sceneggiatore, disegnatore, compositore, regista o direttore della fotografia di turno.
Un prodotto nostalgico non è tanto un film, o una serie che provano nostalgia, quanto cose che la causano in chi ne fruisce. Da questo, infatti, deriva la critica di principio al fumetto o al videogioco che “punti tutto” sull’effetto nostalgia. Ma è davvero possibile che qualcosa povera di contenuti compensi stimolando i feels dei propri fruitori? Ed è un meccanismo legittimo, o si tratta di “barare”? Siamo vittime di una truffa sentimentale, se e quando perdoniamo un difetto laddove ci ricordi le imperfezioni della nostra infanzia? Insomma, quali sono gli effetti della nostalgia su chi critica?
Effetti positivi: Stranger Things, remake & remastered
Iniziamo con gli effetti positivi o di indulgenza, i più ovvi e, naturalmente, i più ricercati dal mondo delle produzioni. È cosa ben nota che tutti tendiamo a idealizzare i primi vent’anni della nostra vita, ovvero quando le nostre preoccupazioni e responsabilità rasentavano lo zero. Tenendo a mente questo, potrebbe essere furbo ambientare la vostra serie, o il vostro film, o il vostro romanzo 30 (Captain Marvel) o 40 (IT) anni indietro nel passato. In questo modo, per effetto della nostalgia, una fetta molto ampia di pubblico tenderà ad estendere quel sentimento di idealizzazione e affetto al vostro prodotto. Ma ciò non attiene ai contenuti del prodotto stesso, che può essere più o meno di qualità. La scelta del contesto è libera per quanto, a volte, naturalmente indirizzata verso un periodo storico. Decidere anche in base alla nostalgia è quindi una furbizia in più. O almeno dovrebbe. Non dovrebbe, invece, mai trasformarsi da contesto a contenuto.
Stranger Things è, in ciò, un caso borderline. Da una parte, fazioni di critici ne osannano i contenuti freschi e dinamici, la capacità di creare situazioni divertenti e lo sviluppo dei personaggi, non a caso dei bambini inizialmente impegnati a giocare di ruolo. Dall’altra, però, c’è anche chi ne critica il continuo e insistito citazionismo verso canzoni, film, vestire e sentire anni ’80, rimarcandone la furbizia, sì, ma eccessiva e meramente strumentale, a confronto con un prodotto seriale che, altrimenti, nessuno avrebbe mai notato. Eppure, il contesto di Stranger Things è parte integrante del suo DNA. Se funziona, è anche un suo merito.
C’è però chi decide, come produttore, di schermarsi anche da questo tipo di riflusso critico e, allora, salta totalmente la fase intermedia. Si sente nostalgia degli anni ’80? Bene, allora ti riporto esattamente (a)gli anni ’80. Ed ecco che fioccano console del passato in versione mini e remastered, SNES, NES, PlayStation e Crash, Spyro, Final Fantasy.
Sembra un’operazione totalmente sicura: costi di porting ridotti e prezzi gonfiati dall’inflazione. Poco importa che i giochi ri-portati siano indietro di venti o trent’anni di evoluzione digitale, è anche questo il fascino del passato. Se il motivo di un difetto (esempio: i controlli mal calibrati di Crash ‘N’ Sane Trilogy) è lo stesso che causa la nostra nostalgia, siamo disposti a perdonare tutto. In fondo, “è un gioco vecchio quanto noi, cosa pretendi?”. Già, cosa pretendiamo?
Effetti negativi: Star Wars e “Winner Taco Effect”
Esiste una nutrita casistica per la quale, al contrario, ricorrere alla nostalgia è quantomeno rischioso, un’arma a doppio taglio estremamente acuminata. Trattasi del cosiddetto “Winner Taco Effect”: il famoso gelato a mezzaluna Algida a base di cialda e caramello ritirato dal mercato alla soglia del nuovo millennio e, in seguito a proteste diffuse e vibranti in rete, rimesso in commercio dal 2014. Tutti coloro che si auspicavano, da anni, il ritorno del Taco di cui tanto bruscamente la vita li aveva privati, sottraendo loro il (metaforico?) gelato dell’infanzia, hanno salutato la notizia con euforia. Eppure, assaggiata la nuova incarnazione, quasi tutti sono stati costretti a moderare il proprio entusiasmo. “Lo ricordavo più buono!”, “Avranno cambiato qualcosa nella ricetta…”, tutto può essere, ma senza dubbio, nella nostalgica memoria del passato, il Winner Taco aveva guadagnato qualità che nessun dolce reale potrà mai replicare.
E così è per i più grandi franchise della cultura pop dell’intrattenimento. Al di là del successo riscuotibile, e spesso riscosso comunque, presso il grande pubblico, dal punto di vista della critica andare a toccare taluni miti sacri della nostra infanzia è azione ai limiti del sacrilegio, che rarissimamente premia il sacrilego. Sono gli effetti negativi, o di intransigenza, della nostalgia.
Degli esempi? La nuova trilogia di Star Wars, il cui capitolo più iconoclasta (VIII) è quello che ha più diviso il fandom. Nel frattempo, la trilogia prequel, a suo tempo criticata con altrettanta asprezza, sta acquisendo sempre più il dorato fascino di un Winner Taco galattico. Stesso dicasi per i Disney live-action: nel fare il paragone con i cult d’animazione con i quali siamo cresciuti, quanto spesso ci soffermiamo a pensare la loro validità, indipendente, come cult per le nuove generazioni?
Che poi ci siano buone e cattive trasposizioni, non v’è dubbio. Ma il punto è che, come in alcuni casi tendiamo ad accordare preventivamente la fiducia a certi prodotti perché li “riconosciamo”, altre volte ci irrigidiamo e li percepiamo invece come impostori, truffatori, traditori del passato. Entrambe sono reazioni di principio e, in quanto tali, fallaci. Non è comunque facile prevedere, per esempio, quale delle due scatenerà il prossimo remake profondamente ristrutturato di Final Fantasy VII. Certo è che tanto più ingombrante è l’eredità, quanto più si rischia di dilapidarla agli occhi degli aficionados, severi e protettivi, per non dire possessivi, nei confronti delle proprie nostalgie.
Giorni di un futuro passato: la retro-nostalgia di Ready Player One
Esplorati gli effetti positivi, o di indulgenza, e negativi, di intransigenza, che la nostalgia esercita sulla critica, bisogna imparare a riconoscere quest’ultima anche dove è meno evidente. Ready Player One è prezioso, in questo senso, in quanto caso manifesto della nostalgia solitamente meno identificabile. La chiameremo, a scopo di indagine, “retro-nostalgia”: la nostalgia del passato, proiettata nel futuro, quindi del nostro presente.
In senso lato, la nostalgia (dal greco nostos, “ritorno”, e algia, “dolore”) è un sentimento che si prova per qualcosa di lontano. Il fatto che la maggior parte delle volte quel lontano abiti nel passato, non significa che debba essere necessariamente così. La nostalgia, pertanto, è proiettabile tanto all’indietro quanto in avanti. Ogni distopia letteraria e cinematica, in realtà, fa leva sul medesimo desiderio di fuga dalle nostre responsabilità. Qualsiasi futuro post-apocalittico ha, infatti, regole ben definite che ci allontanano dal caos del nostro presente. Ready Player One, poi, capitalizza il tutto con estetica, colonna sonora e ripieno di cultura pop al neon anni ’80 (Steven Spielberg in regia aiuta parecchio). Ma potremmo anche fare l’esempio, recentissimo, di FaceApp: mostrarci invecchiati, anche solo per un attimo, è insieme divertente e tranquillizzante. “Non preoccuparti”, sembra dirci il nostro stesso volto rugoso e canuto, “è andato tutto bene”.