Natale a Kaer Morhen
The Witcher 3 è un gioco unico, e vale la pena rigiocarlo.
Esce a ridosso di queste meste vacanze natalizie (finalmente) l’aggiornamento per PC, Playstation 5 e Xbox Series X (completamente gratuito, in piena operazione “riconquistiamo la fiducia del pubblico” attuata dall’azienda polacca) di quello che è, nel male ma soprattutto nel bene, il miglior gioco della CdProject, quel The Witcher 3 The Wild Hunt uscito nell’ormai lontano, quasi favolistico 2015 (riuscite a ricordarvi com’era il mondo sette anni fa? Io quasi neanche più).
La CdProject all'epoca era in pieno trend positivo, essendo a tutti gli effetti l'underdog che era arrivato a competere coi grandi tra le case videoludiche. Era riuscita ad imporre nel'immaginario collettivo un protagonista, Geralt di Rivia, toltalmente inedito ed originale. E l'aveva cercato nella letteratura fantastica del loro paese di origine, quella Polonia che è appunto la patria dello scrittore Andrzej Sapkowski, autore degli otto libri originali da cui i CDPr sono partiti per farne una sorta di sequel/fan fiction.
Dopo i primi due capitoli, gran successo di pubblico e critica (complice il fatto che Geralt era un protagonista "diverso", soprattutto nel suo atteggiamento libertino con le donne) per il terzo decisero, con un coraggio inimmaginabile all'epoca persino per una grossa major, di trasformare la struttura di "rpg a corridoi" in un autentico open world, riuscendo per la prima volta ad offrire una dimensione di videogioco “totale”. Unirono infatti un esperienza rpg abbastanza appagante (non è un Elder Scrolls, ma ci va vicino) ad una trama ed una narrazione totalmente "cinematografica", dove il protagonista non era più un avatar virtuale del giocatore ma un personaggio a tutto tondo, in cui tu potevi solo decidere le azioni, ma non il suo essere.
Come ho scritto nel sottotitolo, TW3 è un gioco UNICO, una autentica Pietra Miliare. Rientrerebbe nella definizione di capolavoro, se questo termine (abusato per usare un eufemismo) oggi avesse ancora un senso.
E come ogni pietra miliare che si rispetti, il successo fu tale come molte major decisero più o meno spudoratamente di "copiarlo", prima fra tutti la Ubisoft col nuovo corso degli Assassin's Creed.
Sul perché il gioco ebbe un tale successo (a tutt'oggi credo sia il gioco più premiato di tutti i tempi) non è facile are una risposta univoca.
Probabilmente parte del suo successo lo deve a come riuscì a sovvertire in maniera plateale tutte quelle che erano le regole videoludiche di quel periodo.
La famosissima main quest del barone sanguinario appariva fin da subito come un qualcosa di già visto. Il protagonista doveva chiedere un favore ad un personaggio sgradevole, sia visivamente che nell'apparente storia.
Scavando a fondo invece, scopri come questo personaggio non sia il classico signorotto violento e spietato, ma un personaggio ricco d sfumature e per quanto al protagonista (e al giocatore) venga lasciata la scelta se disprezzarlo o compatirlo, ci si rende subito conto di aver di fronte una scala morare di grigi del tutto inedita in un gioco dalle simili proporzioni.
Ogni singola side-quest non era mai solamente una caccia al mostro, i personaggi, anche quelli secondari, non erano dei semplici mob ma davano la sensazione di essere persone con un passato. Al di là del semplice (e banale) i veri mostri siamo noi.
Ma non c'era solo questo. Il gioco riuscì persino a scrollarsi di dosso gli aspetti e i punti più "controversi" dei precedenti capitoli. Le scene di sesso (spesso abbastanza esplicite) erano ancora presenti, ma implementate e rese "logiche". Geralt ha degli intercorsi romantici sia con Triss (come nei precedenti capitoli) si con Yennefer (recuperata invece dai libri), ma se si sceglie di "provarci" con entrambe finisce malissimo. E il sesso occasionale è offerto in tutta la sua squallida realtà, con i vari Bordelli disseminati nel mondo di gioco.
E poi vennero i due principali DLC a pagamento, due vere e proprie espansioni di cui l'ultima, Blood and Wine, ambientata una zona del tutto nuova, fu talmente sorprendente che la gente scherzava sul fatto fosse un gioco nuovo venduto come DLC.
Nessun gioco che venne dopo, con la sola eccezione di Red Dead Redemption 2 e forse The Last of Us 2, è riuscito minimamente ad eguagliare o almeno somigliare a TW3.
Nemmeno e soprattutto, quel Cyberpunk 2077 tanto amato (da me in primis) e tanto odiato. Forse e soprattutto perché erano gli stessi autori.
Sul come, dove e in che quantità questo aggiornamento funziona non ho minimamente intenzione di dilungarmi. Si, la grafica next-gen (ormai current gen) si vede tutta, il gioco appare splendido e per niente invecchiato e le varie implementazioni nel gameplay e i pochi (ma sostanziosi) DLC a tema sere Netflix sono una aggiunta gradita. La quest "nuova", in pieno stile CDPr, è talmente ricca e vasta che qualcun'altro l'avrebbe fatta uscire come DLC a pagamento.
Il mio punto è un altro: vale la pena rigiocarselo oggi, nel ormai prossimo 2023? La risposta, come in tutte le cose è dipende.
Intendiamoci, TW3 è un gioco unico ma non è un gioco per tutti. Ha i suoi difetti evidenti (un combat system semplificato per dare spazio alla spettacolarità ma ovviamente deludente per giocatori abituati alle eccellenze dei giochi From Software), le sue incoerenze narrative (tipiche di ogni open world, hai una quest principale “urgente” ma trascorri anni dietro alle subquest) e ovviamente se il mondo slavic-fantasy ideato da Sapkowski non piace difficilmente riproposto in forma video ludica sarà in grado di coinvolgere.
Quindi verrebbe naturale dire quanto sia necessario giocarlo adesso per chi se lo fosse perso. E è altrettanto naturale dire che se il gioco non vi è piaciuto all'epoca difficilmente vi piacerà adesso. Ma se come me lo avete amato di un amore assoluto, vi prego rigiocatelo. Resterete sorpresi di quanto sia invecchiato splendidamente, come un buon vino di Toscana Tuissant.