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Lovecraft e il Giappone, storia degli “Otaku  di Cthulhu”

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Tentacoli, orrore, scintoismo, ma anche ironia e sdrammatizzazione in un libro che ci racconta il profondo legame tra Lovecraft e il Giappone

Lovecraft e il Giappone. Letteratura, cinema, manga, anime” è un'antologia di saggi curata da Gianluca di Fratta e prefazionata dall'irriducibile Gianfranco de Turris, che analizza la figura del Solitario di Providence all'interno del patrimonio culturale nipponico, che da come recita il sottotitolo ha invaso le più disparate declinazioni mediatiche.

Questo è un titolo che mi ha messo a dura prova, non  per la sua complessità (pur denso di informazioni è un libro abbordabile), ma perché mi ha fatto riflettere su quanto sia sempre necessario un approccio comparativo tra culture diverse, soprattutto tra due culture “rivali” e agli antipodi.

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La mia riflessione nasce anche dal fatto di essere reduce di una tesi magistrale, poi evolutasi in un libro saggistico, sulla letteratura fantastica e il suo rapporto con l'oriente; ovvero ho scritto di “orientalismo fantastico”, per la precisione come l’Oriente venisse recepito e distorto all'interno del fantasy. Un esempio banale i Dothraki in Game of Thrones o gli Haradrim nella Terra di Mezzo. Quindi il mio punto di vista è sempre stato rivolto a come l'Oriente venisse metabolizzato dall'Occidente, e vi giuro che mai mi sono chiesto come l'Occidente venisse percepito dall'Oriente.

Per la prima volta sono passato dall'Orientalismo all'Occidentalismo, se così possiamo chiamare questa tendenza, e l'ho fatto tramite un libro originale, ricco di spunto e che soddisferà ogni tipo di fruitore che lo avvicinerà. Il libro presenta un paradosso interessante: l'inclusione di una figura americana all'interno di un paese traumatizzato dalla Seconda guerra mondiale culminata con la tragedia dell'atomica.

Tale paradosso si rafforza ulteriormente perché nacque un sottogenere di fantascienza, ovvero quello del “dopobomba” (cfr. La Nave di Carta, Fanucci), storie fantascientifiche partorite dall'angosciante nevrosi legata agli episodi di Hiroshima e Nagasaki; parliamo di un genere che direttamente o meno denunciò l'intervento americano (sempre nei limiti, con sfumature sottili, del resto erano ancora sotto il giogo statunitense).

Risulta incredibile come Lovecraft iniziò a farsi conoscere in Giappone proprio nel 1945 sul finire del conflitto mondiale, ma come ci riuscì?

Grazie proprio all'esercito americano! Infatti, le truppe statunitensi tra i vari generi alimentari e di intrattenimento, ricevevano, al fronte, anche diversi libri e uno di questi fu “The Dunwich Horror and other Weird Tales Stories”, un'edizione limitata solamente ai soldati. L'edizione americana finì tra le mani di Ranpo Edogawa famoso romanziere e giallista che selezionò alcuni racconti di H. P. Lovecraft e li inserì nella rivista The Jewel (1946) dedicata ai racconti popolari e di fantasmi.

La frase embrionale della mitologia lovecraftiana, sancita dalle attenzioni di Edogawa maturò un trentennio dopo, quando nel 1976 Hiroshi Aramata curò un'intera antologia dedicata a Lovecraft dal titolo “Kuritoruritoru shinwashu” (Raccolta dei miti Cthulhu). Tale opera cementificò l'opus lovecraftiano all'interno degli interessi dei lettori giapponesi, per poi essere ampliata e aggiornata dall'edizione curata Shiro Nachi e  Sadao Miyakabe  (Nuovo Compendio dei miti di Cthulhu) con studio diretto degli apparati critici stilati da S. T. Joshi, il più grande esperto di Lovecraft in vita.

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Comunque, la popolarità degli scritti e della mitologia di Lovecraft non ha una natura esclusivamente autonoma ma fu coadiuvata da un medesimo fenomeno di mimesi innescato da scrittori “imitatori” del maestro di Providence. Fenomemeno ad onor del vero già verificatosi, felicemente, in America. Questi scrittori assorbirono e tradussero gli scritti del maestro di Providence in un nuovo horror (J-Horror embrionale) colmo di riferimenti lovecraftiani ma ammantati da riferimenti shintoisti, folklorici e autoctoni.

Il Giappone trovò nel pantheon di H. P. L. un vero interlocutore con cui confrontarsi, Grandi Antichi e “yokai” nipponici si incontrano per creare un inedito sense of wonder para-horror-levantino. In questi racconti o romanzi la percezione delle creature e delle divinità create dal genio di Lovecraft  è abbastanza distorta, per esempio molti “Grandi Antichi” possono essere uccisi e sconfitti, possibilità impensabile per i protagonisti dei racconti di H. P. L, inoltre i testi risultano molto più “annacquati” rispetto alle sofisticate e sottili trame stilate da Lovecraft, esagerando con scontri e situazioni fin troppo avventurose e mainstream. Al contrario il celebre Murakami ha inserito precisi e coerenti richiami al Solitario di Providence con più sobrietà all'interno di “1Q84”.

Ora elencherò le categorie “appassionate” di Lovecraft in Giappone, citando Massimo Soumarè.

Collegandomi col punto 4 non si può non pensare ai light novel “Haiyore! Nyaruko-san” scritti da Manta Aisora e disegnati da Koin, dove i “Grandi Antichi” lovecraftiani sono seducenti fanciulle o ragazzini. Il patrimonio culturale e mitologico autoctono del Giappone ha facilitato la sedimentazione delle opere lovecraftiane all'interno della cultura di massa nipponica contemporanea, del resto la spiritualità shintoista, del tutto visceralmente presente nelle zone rurali e meno industrializzate, ha sempre plasmato un culto per gli esseri mostruosi e grotteschi o per gli spiriti sovrannaturali.

Ma non dobbiamo dimenticare che la sessualizzazione dell'orrore di Lovecraft non deve stupire così tanto, perché sempre lo shintoismo è una religione vitale e fecondatrice, fortemente legata alla sfera sensuale dell'umano e della natura, così l'ottica folklorica ha esorcizzato l'orrore trasformandolo in una forma di desiderio pulsante ed erotico.

Sul fronte cinematografico proliferarono numerose pellicole J-Horror (l'orrore tipicamente japanese) sia per il grande che per il piccolo schermo tramite la diffusione degli home video. I primi tentativi  nipponici di tradurre il ciclo letterario di Lovecraft  in un prodotto audiovisivo furono degli adattamenti delle sue opere, per esempio: “Insumasu wo ou Kage” (l'ombra su Insumasu del 1992) film a basso costo ma molto ispirato e riuscito.

In altri sceneggiati cinematografici o televisivi successivi le citazioni a Lovecraft sono sempre più eteree o decontestualizzate, lasciando allo spettatore soltanto degli elementi splatter-horror molto lontani dalle ataviche inquietudini cosmiche tipiche dei racconti originali. Molto più lovecraftiano  è il “Marebito” di Shimizu, dove il protagonista ossessionato da una folle ricerca della verità finisce in una Tokyo sotterranea  che proietta lo spettatore in un delirio onirico davanti alle tetre rovine di una civiltà antica e dimenticata. L'attore poi pronuncia “Kyoki no sanmyauku” (La catena montuosa della follia) compiendo una citazione perfetta verso uno dei capolavori di H. P. L. La pellicola si chiude in una delirante e coincisa riflessione nichilistica e lovecraftiana sulla decadenza ineluttabile  della civiltà, schiacciata da forze oscure e primitive nascoste negli abissi marini e ultraterreni.

 

Per quanto concerne il mondo degli Anime e dei Manga le citazioni, gli omaggi, i tributi e i richiami a Lovecraft sono molto più “banali” e ricalcano maggiormente un'estetica dell'horror più che far rivivere il fascino della paura e degli incubi cosmici.  Da “Princess Resurrection” a “Yokai Hunter” fino alle spassose avventure di “Chitei no ashioto” la trasposizione in manga di Lovecraft o in light novels si colora di sensualità e ironia, sdoganando l'horror  fino a renderlo un genere accessibile a tutti i tipi di pubblico.

Se queste versioni possono scatenare il malcontento dei critici o dei puristi weird d'altro canto nascono delle perle uniche e irresistibili come “Kuturufu no yobidashi” (La chiamata di Cthulhu, 1986, storia umoristica presente nel manuale del GDR di Cthulhu che spopolò in Giappone!) dove i principali esponenti dei “Grandi Antichi” si telefonano per organizzare una sortita per cercare ingenui ragazze sexy.

Rimanendo negli ambiti dei manga e dei loro eredi pornografici hentai non si può non analizzare la figura dell'orrore sessuale e tentacolare. Lo stupro tentacolare nasce a cavallo degli anni 80/90 quando il governo nipponico legiferò a favore della censura degli organi sessuali nei porno. Cosa ancora valida tutt'oggi dove il rapporto sessuale è un connubio di pixels color carne. Comunque  nacque una protesta socio-artistica in risposta a questo atteggiamento “bigotto”, così proliferarono delle creature mostruose e tentacolari all'interno di manga, anime, hentai, videogiochi, film etc.

Il mostro tentacolare rappresenta, oltre che una volgare citazione lovecrafiatana, la virilità pene-tentacolo, e si ispira alle tavole di bambù  di metà '800 decorate con rappresentazioni di atti sessuali tra personaggi femminili e creature tentacolari-marine. Il tentacolo è il pene, simbolo shintoista di pulsione sessuale e vitale, ed essendo un arto animale non prevede censura.  In questo filone di storie la donna è stuprata da esseri demoniaci, troll mostruosi, yokai eccitati o Grandi Antichi in cerca di una concubina in cui spargere il proprio seme cosmico  per generare un erede ibrido.

 

Al contrario della sessualizzazione delle divinità di H.P.L. il Giappone ha anche  plasmato l'immaginario dell'autore fino  a creare una versione “cute” di Cthulhu, dando vita ad una infantilizzazione del Grande Antico, tendenza  riconosciuta come “moe”.  La spinta di caratterizzare con attributi dolci, teneri, morbidosi, e KAWAIIIII  dei mostri distruttori di mondi ha portato la nascita di diverse entità o alla riproposizione dei medesimi tropi lovecraftiani. Ora Cthulhu è una tenera fanciulla delle medie/superiori, un fragile ragazzino  vittima di bullismo o un tenero di gattino che vuole distruggere il mondo come il villain di Madoka Magika Kiubey.

In conclusione “Lovecraft e il Giappone” è un libro che colma una lacuna negli studi dell'Oriente e della ricezione della cultura occidentale fuori dai suoi normali confini, inoltre è una miniera inesauribile di citazioni, film, giochi e letture stimolanti.

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