STAI LEGGENDO : Love, Death & Robots è un pacchetto di patatine

Love, Death & Robots è un pacchetto di patatine

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La serie antologica di Netflix dedicata ai corti d'animazione è un calderone di idee e spunti differenti che però risultano spesso già visti e fini a sé stessi

A volte vuoi leggere un libro, a volte preferisci tuffarti in un’antologia di racconti e goderteli uno dietro l’altro come fossero ciliegie. Nella sconfinata offerta di Netflix Love, Death & Robots assolve senza dubbio questa seconda funzione, con una serie di cortometraggi che superano raramente il quarto d’ora, perfetti per un binge selvaggio degno di una raccolta Millemondi Estate Urania con cui affrontare le giornate in spiaggia.

I temi sono quasi sempre legati a un’estetica cyberpunk/fantascientifica con fughe nel “What If?” e nei racconti di genere che pescano a piene mani da un immaginario pop di fine anni ’90 ricco di corpi modificati, mostri, mech, astronavi in un bombardamento continuo di spunti e trovate creative.  livello meta-fumettistico .

Senza dubbio un esperimento interessante per Netflix, soprattutto dal punto di vista della profilazione. Essendo racconti antologici non esiste infatti un ordine precostituito con cui affrontali e pare che l’elenco sia basato sui dati che la piattaforma ha raccolto su di noi.

Un po’ meno interessante è ciò che resta dopo la visione.

 Cercherò di esprimere questo concetto nella forma meno spocchiosa possibile: le storie e gli spunti di Love, Death & Robots possono sembrarti qualcosa di affascinante, bellissimo o addirittura “la miglior cosa su Netflix di quest’anno” se sei molto giovane e/o non ti sei nutrito di cultura pop in maniera massiccia negli ultimi trent’anni.  Non parlo solo di film, ma anche di videogiochi, fumetti, libri e idee che circolano da tantissimo tempo. Anche perché i racconti nono sono altro che adattamenti, in alcuni casi tagliati con l’accetta di storie scritte da John Scalzi, Landsale e altri grandi autori. Per carità, le idee vengono sempre rimesse in circolo dopo un po’ di tempo e il mio punto di vista è viziato dalla mia professione, però a mio parere qua manca proprio un guizzo. Anche perché la maggior parte dei racconti sono stati adattati da Philip Gelatt, quindi, nonostante la presunta varietà, c’è anche questo “collo di bottiglia” che appiattisce un po’ la visione.

Narrativamente, tutto in Love, Death & Robots sa di già visto e offre quasi sempre un risultato prevedibile e telefonato. Questo non vuol dire che non ci si possa divertire e affascinare con un paio di queste pillole, Tre Robot e Zyma Blue su tutte, ma per il resto è la sagra del già visto, del contenuto che ti ricorda un videogioco, un film o un fumetto che ti sei già trovato davanti e che quindi non ha molto da dire. In certi momenti sembra di assistere a una sagra di idee per una possibile serie tv proposte a raffica da un autore un po’ ansioso che sembra volerci convincere a tutti i costi della sua vulcanica creatività (e in fondo non è detto che non finisca proprio così).

A questo si aggiunge una visione a tratti decisamente datata e oggettificata nel trattamento dei corpi femminili, che ricorda un po’ il fanservice a tutti i costi di alcune produzioni giapponesi.

Il discorso è un po’ diverso se invece analizziamo le tecniche utilizzate. Si passa dall’animazione più classica, rigida e didascalica che ricorda le cutscene di un videogioco a esperimenti che fondono reale e digitale come La Testimone, in cui Alberto Mielgo ha ripreso alcuni spunti che aveva già infuso dentro Spiderman: Into the Spiderverse (la protagonista è praticamente la versione adulta di un bozzetto dedicato a Peni Parker). Qua senza dubbio il discorso si apre e ci espande, mostrandoci le possibilità e le mille strade dell’animazione, che col suo distacco dal mondo del reale può raccontare storie differenti in modi differenti, Osando, provocando e stupendoci. Alcune volte va bene, come nel già citato Zyma Blue, altre volte così così, come nel buffo episodio dedicato allo yogurt senziente.

Questo a meno che non si voglia inseguire il verosimile come avviene per i soldati mannari di Mutaforma (forze militari coi licantropi, che idea nuova!), Dolci Tredici Anni (che sembra arrivare da Halo), La Guerra Segreta (Praticamente è Metro) o in Oltre Aquila (classica storia di illusioni causate da organismi alieni in salsa Mass Effect). In questo caso non possiamo che constatare che il livello di dettaglio si avvicina sempre di più al reale, anche se ancora le scene di sesso risultano goffe e impacciate come un videogioco di 10 anni fa.

 Alla fine, per quanto ne sia rimasto poco impressionato, mi sono comunque goduto gli spunti di Love, Death & Robots come se stessi mangiando patatine unte, bisunte e speziate . Alcune sono buone, altre piccole e bruciacchiate e alla fine ti sei finito il pacchetto senza neanche rendertene conto e hai la bocca che sa di morte. Un guilty pleasure pop di bassi istinti, sangue, un po’ di trash e qualche risata.

Nonostante il mio parere negativo vorrei vedere altri esperimenti così, perché comunque queste smitragliate di idee possono aprire un po’ la mente verso qualcosa di nuovo nel pubblico meno attento, offrire spunti e abituarci anche a una narrazione più veloce e frammentata, non per forza legata al lungometraggio o alla puntata di mezz’ora o più.

 

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