La pesante eredità ironica de I Simpson
Con 29 anni di carriera sono il più longevo show televisivo della storia, ma ormai hanno ancora qualcosa da dire? Chi ha raccolto lo scettro dell'ironia dissacrante animata?
Avete presente quando condividete con gli amici un apprezzamento esagerato per un film/una serie tv e cominciate a citarla continuamente nei discorsi quotidiani, iniziando dalle frasi cult, per poi finire a utilizzare anche quelle più oscure e dimenticate, man mano che il gioco si affina?
È una cosa piuttosto diffusa, come il successo dei the Jackal ci ha dimostrato.
In questa equazione vincente, i social svolgono il ruolo di dopare le variabili principali: amici, quotidianità, affinamento del gioco citazionistico.
Di gruppi facebook di questo genere ne esistono molti; c'è quello di Aldo Giovanni e Giacomo, quello del Trono di Spade, di Ritorno al Futuro ed ovviamente quello di Gomorra.
Piccola parentesi, se non sapete cosa vuol dire Shitpost sappiate che è stata la parola digitale del 2017. Bello eh? Secondo la definizione "lo shitposting non rappresenta un giudizio sulla qualità di un post online, tutt'altro. È un vero e proprio approccio scientifico a una discussione, un sabotaggio metodico che si inserisce in un determinato contesto grazie a un sistematico bombardamento di battute, foto e meme che poco o niente hanno a che fare con l'oggetto della discussione". Fine della parentesi.
Simpsons Shitposting (dal nome in continua mutazione) è un gruppo di meme a tema Simpson & affini & attualità, molto numeroso e partecipato. Raggiunge continuamente nuove vette di autismo e demenza, il che vi risulterà piuttosto divertente se riuscirete a resistere all'impatto iniziale con questo esemplare spazio della parte strana dell'internet (e se conoscete a memoria un buon numero di stagioni della serie, ovviamente). In questo gruppo, i meme evolvono con una velocità ed una imprevedibilità tali da rendere Simspons Shitposting una specie di mente alveare; alcuni trend piuttosto grossi in fatto di meme si sono sviluppati proprio lì dentro per poi colonizzare tutto internet: i principali e più recenti, Bart che colpisce Homer con una sedia e l'ormai leggendario Steamed Hams (Vitellone al Vapore).
La maniacalità, a tratti inquietante, con cui vengono riesumate gag piuttosto secondarie da episodi anche tra i meno famosi, è degna del fandom del più influente prodotto televisivo della storia.
Nel corso di questi 29 anni dalla prima messa in onda, The Simpsons ha creato un format capolavoro, ballato sulla tomba dello spirito '80 e incarnato tutto quello dei '90, aperto definitivamente la pista alla comicità postmoderna in tv e strappato l'etichetta di prodotto per l'infanzia che il grande pubblico occidentale aveva sommariamente appiccicato ai cartoni animati. Se, ripeto, The Simpson è la serie televisiva più influente della storia (opinabile ma possibile), nell'ambito dell'animazione statunitense è allora una scrittura sacra.
Rintracciarne l'eredità è fin troppo semplice; vorrei allora provare a segnare il vero elemento di differenza con le serie di grande successo più cronologicamente vicine, South Park e soprattutto Family Guy.
Dicevamo: The Simpsons ha certamente rotto gli argini della comicità postmoderna in tv. I personaggi sono sì ben definiti, ma malleabili rispetto al tema del singolo episodio (ad esempio, la stupidità di Homer è regolata a seconda di quanta ne serva). L'irriverenza dello show ha fatto sì che fosse trasmesso censurato in vari paesi; in Italia esordirono in seconda serata e con i bollini di controllo parentale.
Nonostante possa superficialmente apparire il contrario, e cioè che nulla venga risparmiato dalla corrosiva satira dello show (come è proprio in Family Guy e South Park), in realtà il valore dell'affettività familiare, sebbene decostruito e spesso questionato, non esce annichilito dal bilancio complessivo sulla morale dei Simpson. Anzi, un numero considerevole di episodi, perlopiù concentrato nelle prime stagioni, ruota attorno ad un impianto romantico, o più spesso genericamente drammatico, ed allargando il discorso direi che tutti gli episodi chiave (soprattutto) nella prima e seconda era dei Simpson puntano a far emergere umanità, per contrasto, dalle grottesche ed esilaranti brutture della vita contemporanea. Questa meccanismo è stato progressivamente usato meno, in favore di altri più metatestuali, più citazionisti, con pastiche più squisitamente demenziali e meno malinconiche.
La mia impressione è che questo sviluppo sia stato fisiologico e necessario alla sopravvivenza (sopra la soglia dell'apprezzamento egemonico di fan e critica) della serie rispetto alle aspettative che essa stessa ha generato nel proprio pubblico, avendo introdotto in maniera così clamorosamente vincente questo linguaggio frammentato e referenziale, che tramite il feedback positivo si è evoluto in una versione più frenetica e situazionale.
Questo trend è andato infatti di pari passo con quello della frequenza delle gag nei singoli episodi, in aumento tendenzialmente costante dalle prime stagioni in poi, fino alla totale schizofrenia successiva alla 13esima stagione, in quello che sembra una sorta di malsano inseguimento al format di Family Guy, che invece si è mantenuto più qualitativamente omogeneo sulla media distanza, ed è anche stato capace di rinnovarsi in positivo e generare dei piccoli gioielli (ad esempio, Stewie e Brian che rimangono chiusi in banca).
È possibile che stiate in questo momento storcendo il naso, rispetto alla soglia che ho collocato nella 13esima stagione. Specifico che è una soglia di ultima decenza minima, che ho piazzato lì dopo anni di visioni e meditate revisioni multiple e successivi ritiri zen in una baita montana. I Simpson hanno saltato lo squalo più volte nel corso della loro esistenza (il salto più unanimamente riconosciuto dai fan hardcore è l'episodio in cui Skinner si rivela un impostore), perdendo progressivamente smalto anche per comprensibili motivi di usura dei personaggi e delle situazioni.
Se invece stavate storcendo il naso perché ho piazzato la soglia troppo in qua e pensate che io sia uno di quegli insopportabili fan ultrà della prima ora, avete in parte ragione. Tuttavia, non ci trovo nulla di male, in sé, nel saltare lo squalo e rinnovare o anche stravolgere un format affinché sopravviva, ed ancora meno di nulla mi preme dei barlumi di umanità che emergono dalle brutture del mondo (no, non sto piangendo, è allergia, giuro su Jebediah Springfield).
Quello che invece mi sembra è che The Simpsons sia irreversibilmente piombato in una situazione in cui non ha assolutamente nulla da dire, continua a spremere le stesse aridissime fonti di idee per un pubblico molto frastagliato che continua a seguirlo per motivi che suppongo spaziare dalla visione distratta/ ambientale (come mero sottofondo di vita domestica) fino al consapevole imprinting che ragionevolmente può aver generato una serie tv anziana più o meno come il suo pubblico medio.
https://www.youtube.com/watch?v=PXB-5MbKBgs
Altrettanto offensive per l'intelligenza degli spettatori trovo le ultime stagioni di Futurama, che invece ha avuto per diversi anni il notevole pregio di guadagnarsi un suo autonomo e meritato successo, tramite degli esperimenti nell'ambito delle possibilità del medium. Ad esempio, mentre da un lato spostava sempre un po' più avanti la (propria) soglia del cosa è consentito mostrare in tv, dall'altra ha riproposto con uno stile aggiornato queste piccole commedie tragiche tipo primi Simpson.
Mi sto riferisco alle inaspettate possibilità dell'intreccio romantico tra Fry e Leela, inizialmente ridicolo e poi culminante nella puntata dell'Olonoforo; e come dimenticare gli amari confronti di Fry col suo passato, quando riscopre la verità su suo fratello, o ripercorre gli ultimi disperati anni di vita del suo fedele cagnolino Seymour?
La gara di scorrettezza iniziata dai Simpson (e al cui interno adesso ricoprono il ruolo di patron fondatore agghindato da giovanotto e un po' rimbambito) si arricchisce di contendenti sempre nuovi, ed il discorso sui limiti e sulle possibilità della satira e dell'ironia (e di come queste si configurano rispetto ai vari periodi storici) è sempre necessario.
Prendo Brickleberry e Mr. Pickles come due esempi estremi di come il discorso si è sviluppato finora. Il primo è un indigeribile replicante di Family Guy al punto zero dell'ispirazione, fastidioso come una battuta sempre uguale ripetuta ad un volume progressivamente più alto. Mr Pickles, al contrario, dribbla questo (seppur sempre incombente) rischio, e cioè quello di voler trasgredire e risultare invece patetici, spingendo molto più sul pedale del ritmo, autocompiancendosi meno e cercando di disturbare genuinamente lo spettatore. Escludiamo da questa analisi progetti come Bojack Horseman e Rick & Morty che nascono già con impostazioni bene diverse.
Questo (della corsa alla trasgressione) non è presumibilmente il campo in cui si muoverà Disincanto, la nuova serie animata di Matt Groening, che sta per uscire su Netflix ed attorno a cui c'è molta, ragionevole curiosità. Una principessa alcolista, un elfo ed un demone entrano in un bar; vedremo se questo incipit saprà sfruttare le possibilità che la nuova ambientazione offre, senza incappare in espedienti prevedibili o fuori tempo massimo.
Penso sia legittimo aspettarsi una serie con una propria personalità, considerando l'abilità di Groening di creare personaggi iconici e sfruttare misuratamente le risorse cui attingere; potremo forse assistere ad un mix tra le classiche sitcom animate e le atmosfere oniriche di Adventure Time? Chissà.
Il modo migliore per provare a goderci questa serie ed in generale questo momento (volevo dire: tutti i momenti) è ricordare a noi stessi che: Plagiarism is necessary. Progress implies it. [...] All culture is derivative. The revolution will be reposted (S.Y. Her).