

God of War ha ridefinito Kratos
Kratos è uno dei più noti personaggi dei videogiochi. L'abbiamo conosciuto come un temibile guerriero, ma è molto di più di questo.
Il mondo dei videogiochi è pieno di icone. Alcune sono nate tanti anni fa e sono ancora in pista, altre seppur appena nate hanno già ottenuto un posto nella storia e altre ancora non sono sopravvissute allo scorrere del tempo.
Nelle ultime generazioni videoludiche c’è stata una maggior attenzione sulla psicologia dei personaggi, portando alla nascita di icone umane, con dubbi, paure e altri aspetti che permettono di immedesimarci in chiunque, anche se si tratta di un vero e proprio dio. Come Kratos.
Kratos è uno dei più grandi colossi del mondo dei videogiochi, conosciuto da chiunque, grazie alla sua estetica indimenticabile e al parco titoli di cui è protagonista invidiabile.
Però il personaggio è cambiato molto dalla sua prima apparizione nel 2005, è stato approfondito e rimodernato come mai si era visto prima d’ora, diventando quasi il simbolo dell’evoluzione dello storytelling videoludico.
Ma andiamo per gradi e vediamo come è nato il Fantasma di Sparta.
Kratos è nato a Sparta, ed è stato un guerriero da quando è nato. La guerra era tutto e vincere è sempre stato tutto ciò che gli è mai importato. Il patto con Ares è stato proprio firmato poiché lo spartano era disposto realmente a tutto pur di trionfare in ogni lotta che gli si parasse davanti.
Si è anche fatto una famiglia nel frattempo, e qui sorge l’aspetto più importante del personaggio del vecchio Kratos: ha mai tenuto davvero a sua moglie e sua figlia? La risposta è no.
È vero, Kratos ha dedicato ogni singola parte di sé stesso nella sua vendetta contro le divinità greche, ma quella battaglia è cominciata per giustizia verso i suoi cari, o per pura ambizione?
Più volte Kratos è stato a letto con altre donne anche mentre era sposato (sì lo so che le relazioni nell’antica Grecia funzionavano diversamente) e soprattutto non ha mai esplicitato una vera mancanza della moglie e della figlia dopo la morte.
Ha mai detto quanto realmente le amasse a qualcuno? No. L’unica cosa che gli importava è avere la sua vendetta, poiché la vera perdita non è stata la morte della sua famiglia, ma essere stato sconfitto da un dio. E per Kratos la sconfitta è inaccettabile.
Chiunque era suo nemico, persino i comuni civili, e nessuno era importante al mondo, esisteva solo la vendetta.
E per ottenerla lo spartano ha mietuto le anime di milioni di persone, e distrutto un’intera civiltà, per poi rendersi conto solo alla fine, che tutta questa epopea è nata per colpa sua.
Il vecchio Kratos è un bellissimo personaggio bidimensionale. Fighissimo da vedere in azione, ma resta un personaggio semplice, con qualche sfaccettatura, ma difficile da definire umano.
Passiamo dunque al nuovo Kratos, quello di God of War del 2018.
Kratos ha una nuova vita, ha avuto una seconda moglie, Faye, che ha realmente amato più di ogni altra cosa, e un figlio Atreus. Dopo tutto il dolore e il male che ha causato nel mondo, nessuno meno di lui meritava una seconda occasione, eppure lui l’ha avuta, e si rende conto di non meritarla.
Ha amato Faye, è questo lo sappiamo grazie a ogni dialogo in cui l’ex Fantasma di Sparta parla di lei, e questo l’ha cambiato profondamente. La sua mente non è più solo devota al combattimento, bensì accetta la sua vita. Non è più interessato a combattere e soprattutto a vincere, ma accetta di sopravvivere.
Ma, nel suo profondo, Kratos è mangiato dal rimorso. Riconosce le atrocità che ha compiuto in passato, ed è per sempre segnato dalle sue azioni. I segni delle catene sulle braccia sono coperti da delle bende proprio per non permettere alla sua stessa pelle di ricordare in ogni momento i suoi misfatti.
Kratos ha profonda vergogna di chi è e di cosa ha fatto, e prova in ogni modo a nascondere la verità al figlio, e se non fosse stato assolutamente necessario, non avrebbe mai fatto parola del suo passato ad Atreus.
Nonostante ciò Kratos è però intenzionato a migliorare, ''a diventare migliore di così'' (citazione necessaria). È probabilmente diventato un essere umano più gradevole di quando era più giovane, e lo si evince da come tratta in maniera del tutto ordinaria i personaggi non ostili.
Non solo come persona, ma è anche intenzionato a diventare migliore come padre di Atreus. O almeno aspira a provarci. Kratos ha sempre pensato da generale, e mai da padre, e infatti si limita a insegnare al figlio come combattere e come cacciare all’inizio. Vorrebbe fare di più, e a dimostrazione di questo è il momento in cui, dopo aver cacciato con successo il cervo, Kratos allunga la mano con l’intenzione di stringere Atreus, ma proprio non ci riesce. Perché non è da lui, o meglio, non lo era.
Ci sono due momenti nel God of War del 2018 dove è visibile una netta separazione tra il vecchio e il nuovo Kratos.
Il primo momento è per Kratos, quando recupera le Lame del Caos. L’iconica frase ‘’Non sono più il tuo mostro’’ rivolta ad Atena fa comprendere che Kratos è cosciente di essere ancora un mostro, ma che non è più incatenato dalle divinità, e che questa sua forza mostruosa può essere utilizzata anche per fare del bene, come in questo caso, per curare la malattia del figlio.
Il secondo momento è per noi, il videogiocatore, dove vediamo un totale stravolgimento di ciò che ci aspettavamo dal protagonista.
Kratos si arrabbia sempre e subito, lo faceva in passato e lo fa anche ora. Non esita a innervosirsi con il figlio in più momenti del gioco, specialmente all’inizio. Nella fase del gioco in cui Atreus scopre di essere una divinità e inizia a diventare una scheggia impazzita, Kratos prova più volte a tenerlo a bada, anche abbastanza civilmente. Dopo il secondo scontro con Baldur, quando Atreus in preda alla rabbia colpisce perfino suo padre, la coppia di protagonisti si ritrova spedita a Helheim, e qui ci si aspetta una bella sfuriata da parte del genitore.
E invece no. Kratos prende Atreus e gli fa notare che da un po’ è sconsiderato, disattento e insubordinato, chiudendo il discorso con un rispettoso ‘’così non ci siamo’’. Una ramanzina da vero genitore, nella maniera più pacata possibile, seppur con il solito fare di Kratos.
Da qui il rapporto dei due cambia, Atreus si tranquillizza e Kratos lo vede proprio come suo figlio, e non come un’estensione della donna che ha amato. Diventano davvero padre e figlio, collaborano, sono in armonia e scherzano perfino nel momento della prima bevuta del ragazzo. Dove si può anche vedere una leggerissima risata da parte di Kratos, circostanza unica.
Il resto del viaggio è tutto così, un’avventura tra un padre e un figlio che combattono insieme contro tutto e tutti per portare a termine l’ultima richiesta della donna più importante della loro vita.
Atreus è diventato un uomo (seppur giovane) verso la fine del gioco, ma anche Kratos ha imparato moltissimo.
Il passato non si dimentica, e non si può scappare, ma nasconderlo non è la soluzione giusta, bisogna accettarlo e in ogni momento, provare a essere migliori.
L’ultimo God of War ha davvero ridefinito Kratos, prendendo un personaggio che nella sua semplicità era già valido e funzionante e l’ha trasformato in un dio che è umano, ricolmo di paure e traumi, ma che prova ugualmente a fare del bene, combattendo non più per vincere, ma per aiutare suo figlio nella sua crescita.
Proprio per questo alla fine si leva le bende, mostrando senza vergogna, i segni delle catene sulle braccia.
Attendo con ansia di rivedere il più grande guerriero della storia dei videogiochi in God of War Ragnarok, ma qualsiasi cosa accadrà a Kratos, non vedo l’ora di scoprirlo.