I videogiocatori non riescono proprio ad aspettare
Il videogiocatore non riesce ad aspettare. Non aspetta un minuto di caricamento, un giorno successivo al day one o il rinvio di Cyberpunk 2077.
Io non sono uno dei tipi più pazienti del mondo, anzi il contrario, però non ho mai visto qualcuno battermi così tanto su scala globale. E con globale intendo tutti i videogiocatori, nessuno escluso.
Ne ho avuto la riprova quando recentemente CD PROJEKT RED (e scriviamolo per intero altrimenti qualcuno si incazza) ha annunciato di spostare Cyberpunk 2077 di un altro mese, arrivando al quinto rinvio a detta di chi li conta. Io, che non sono un tipo paziente, non ho avuto nessun tipo di problema ad accettare la realtà dei fatti. Del resto non è dipeso da me e tutto sommato, con la situazione in cui versa il mondo, è più che comprensibile.
Non lo è invece per una marea di persone che l'hanno presa così tanto a male da offendere gli sviluppatori sotto ai commenti, sotto a ogni loro post successivi, in privato tramite email, nelle risposte su twitter e in qualsiasi outlet abbia diffuso l'informazione. Pensate, neanche gli sviluppatori stessi sapevano che la data era stata spostata, eppure neanche questa dimostrazione è bastata a placare gli animi dei videogiocatori, povere anime private del loro sostentamento.
Ed è da questo caso che mi è saltato evidente un concetto che in tutti questi anni non mi è mai stato così chiaro: i videogiocatori non sanno aspettare. O meglio, non sanno più aspettare. Vi ricordate quando per almeno un decennio abbiamo atteso notizie per vedere sto Final Fantasy XIII Versus? Ecco, lì abbiamo pure aspettato fin troppo ma nessuno ha scritto minacce di morte a Nomura o a Square Enix (anche se probabilmente dopo è successo).
Lo stesso per il fantomatico Kingdom Hearts 3, altro che 12 anni ad Azkaban. Eppure Cyberpunk 2077 si è preso i peggio insulti a ogni singolo rinvio, come se spostare la data deperisse la sua qualità e non il contrario. Gente che si strappa i capelli perché ha preso un giorno libero dal lavoro solo per immergersi a Night City e ora, al massimo, si immergerà nella vasca in un bagno caldo. Ma nessuno del team di sviluppo vi ha chiesto di annullare la vostra vita per il day one del gioco, non c'è nessun patto tra voi e Cyberpunk per cui potreste recriminare qualcosa.
Eppure, è bastato togliere il giocattolino da quasi sotto mano per adirare una massa di iracondi a cui tanto basta una motivazione così triviale per diventare delle bestie da tastiera. Augurando morte, stupro, uccisione di famiglie e qualsiasi altra schifezza venga partorita da queste persone, le quali non sono neanche definibili come giocatori. Il problema però è che alla fin fine è un coro anche piuttosto grande, spesso pieno di persone che nella loro normalità sono tranquille o che pensano di essere super simpatiche a insultare qualcuno, o una compagnia, su un loro post social.
Ed è più che mai evidente nell'anno corrente, dove i rinvii sono diventati all'ordine del giorno e quasi fa strano vedere una settimana senza che una compagnia annunci un ragionevole ritardo. Tanti sviluppatori non possono lavorare nei loro studi, altri sono costretti a casa, c'è chi invece sta addirittura male o è in quarantena. Come si può pensare che il ritmo sia regolarizzato in uno scenario del genere? E sì, il discorso vale anche per progetti lunghi anni e anni come Cyberpunk 2077.
L'attesa, per un giocatore, è diventata un elemento tremendamente influente, fin troppo. Non posso negare che parte della ragione sia la preoccupante deriva della cultura dell'hype ormai arrivata a vette fin troppo ossessive, ma dall'altro lato non posso neanche concedere l'assoluta assuefazione dell'ingegno umano a queste pratiche. Fermo restando che parte del torto è sicuramente da dare al mercato e a come sfrutta la sensazione di attesa per puri fini di marketing, pubblicità e tante altre pratiche che hanno alimentato un circolo vizioso in cui il consumatore è sia richiedente che vittima al tempo stesso. Non a caso, lo stesso Cyberpunk 2077 è stato messo così sotto attacco proprio perché ha avuto una campagna pubblicitaria molto spinta, presente e costantemente sotto gli occhi del cliente. Se giorno dopo giorno non si fa altro che parlare del gioco più atteso, è normale che si aumenti il desiderio della possessione a dismisura: è la stessa macchina che alimenta i gadget e le loro vendite piuttosto remunerative.
Al giocatore non piace aspettare, vuole tutto e subito e quando non arriva sente in dovere di invocare il suo diritto da Dio Consumatore, oggetto finale dei desideri degli sviluppatori ed entità con i poteri di decidere le sorti di un gioco (spoiler: non è così). E da questa voglia di avere l'immediatezza che arrivano sistemi come il Quick Resume, la super connessione perché se non ce l'hai sei un pirla, la console più veloce al mondo perché aspettare 1 minuto di caricamento è incocepibile, il Game Pass per avere tutti i giochi a prezzo comodo e alla portata di mano, i pre ordini così stai sicuro che arriva al day one, la Day One Edition super mega bella per dirti che "wow sei arrivato il primo giorno di gioco, congratulazioni ecco una skin". Questo è il peccato maggiore del mercato, il quale continuerà a comportarsi da tale perché è così che al momento gira la ruota e l'unica speranza rimastaci è il riuscire a educarci a vicenda sul come vivere l'esperienza di un prodotto senza per forza trattarlo come una droga.
Il processo si ripete anche nell'attesa per le nuove console, non sia mai che una pandemia si metta di mezzo al nostro DAY ONE SACRO. C'è chi l'ha capito, per fortuna, e attende il corriere o la possibilità di comprarla con tranquillità. E poi ci sono i soliti che minacciano addirittura i negozianti, i black block dei pixel insomma. Ecco, quest'anno è arrivata l'ora di rendersi conto che stiamo esagerando tutti con questa smania.
Dobbiamo tornare a essere pazienti quanto basta per non diventare una schifezza umana ambulante, in modo che così gli studi di sviluppo non debbano continuare a pressare i loro lavoratori per appagare il famelico desiderio della promessa della release in tempi più che rapidi e fanculo ciò che serve per far uscire un prodotto come si deve. Il bello è che ci lamentiamo di patch al day one, dei bug non corretti, delle fasi di testing non fatte. Siamo un contro senso vivente, perché fino a che non esce un titolo stiamo lì come il bambino sul sedile posteriore che chiede se si è arrivati a destinazione ogni 5 secondi.
Perché andando avanti così, nessuno avrà più voglia di darci un altro Cyberpunk e, una volta esauriti i pochi rimasti a sopportare le vessazioni di un pubblico di maiali, non ci sarà proprio qualcuno in grado di farlo.