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He-Man e i dominatori dell'infanzia infinita

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Masters of the Universe: Revelation e l'He-Man "negato" hanno innescato polemiche rabbiose, un po' è il marketing Netflix, un po' c'entrano i "kidult", il fenomeno di quelle persone che in certi aspetti non hanno mai abbandonato l'adolescenza

He-Man e i Masters per la mia generazione sono stati, assieme ai Transformers, IL GIOCATTOLO (io ero più team G.I. Joe perché erano molto più snodabili, ma questa è un’altra storia) e, come abbiamo già visto, ha rappresentato per Mattel un approccio molto più strutturato al concetto di “vendere milioni di pezzi di plastica ai bambini risparmiando il più possibile” accompagnando il giocattolo a una serie animata che facesse da ponte verso i nostri desideri d’acquisto, superando anche le restrizioni imposte sulla pubblicità.

Detto fuori dai denti: il cartone animato di He-Man e dei Masters serviva solo a vendere i giocattoli, non aveva alcuna pretesa narrativa, se non quella di veicolare qualche messaggio positivo. La famigerata “lore” di Eternia era scritta sul retro delle confezioni e in alcuni fumetti ma siamo ben lontani dall’idea granitica che abbiamo oggi di un mondo strutturato con regole e personaggi scolpiti nella pietra in cui tutto deve combaciare perfettamente.

Detto ancor più fuori dai denti: erano dei cazzo di giocattoli in cui la storia la faceva il bambino giocando e quei racconti erano un canovaccio, se volevi che Skeletor fosse il buono che combatteva contro il terribile biondo muscoloso lo potevi fare.

New Kidults on the block

Poi cosa succede? Succede un processo che sta ancora avendo luogo e che si fatica a inquadrare, ma su quale posso lanciare alcune ipotesi. Sì, lo so che dovevo scrivere un articolo sulla serie dei Masters su Netflix ma come vedete mi sono fatto prendere la mano.

La generazione cresciuta con quei cartoni animati si trova al centro di un processo molto particolare in cui da una parte ritroviamo le pulsioni naturali di quando si invecchia: la nostalgia, l’infanzia vista come epoca d’oro, i bei giocattoli di una volta che oggi non li fanno più. Dall’altra c’è il mantenimento di una condizione “semiadolescenziale” portata dal fatto che oggi la cultura è fatta di prodotti che spesso ti accompagnano oltre la giovinezza per seguirti anche dopo, affiancandosi via via ad altri prodotti culturali che per convenzione sono “da adulti”. Nei paesi anglosassoni, dove i neologismi sono molto amati, si parla di “Kidult”.

Non è un fenomeno recente, nel 1946 Levi Strauss osservava con curiosità gli statunitensi che guardavano il baseball con trasporto infantile, si dedicavano a vari hobby e usavano le auto come giocattoli per bambini cresciuti, ma la questione si è fatta più pressante negli ultimi 30 anni.

Viviamo in un periodo strano, in cui i bambini spesso non vedono l’ora di diventare adulti e gli adulti di restare bambini, gran parte dei riti sociali di passaggio, tipo il primo lavoro, il matrimonio, i figli o vivere da soli, sono stati svuotati di significato da una prolungata crisi economica e sociale. 

Nel frattempo, i media e la pubblicità hanno contribuito a questo scenario semplificando sempre di più il linguaggio della comunicazione e portandoci verso una propensione d’acquisto che è più simile a quella di un ragazzino che accumula giocattoli e cose superflue rispetto a quella di un adulto che si ferma arrivato a un certo punto e tende a comprare oggetti “utili”. 

Per il capitalismo i “kidult” sono il pubblico ideale perché comprano come bambini ma con i soldi di un adulto (se c’è il lavoro, ovvio). A questo processo ha contribuito ovviamente l’evolversi della cultura geek, dei fandom, della “forza intellettuale” equiparata a quella fisica dei tizi che ci facevano le mutandate nei corridoi della scuola, all’isolamento come valore sociale.

A tutto questo infine sommiamo il fatto che alcune opere che fruivamo da bambini non solo erano di ottima qualità (alcune eh?), ma col tempo sono diventate oggetti di studio e hanno superato le forche caudine di una cultura che distingue tra alto e basso, mentre il concetto di gioco (e videogioco) perdeva lentamente il suo status di attività pensata solo per i più piccoli per diventare universale.

Per essere più precisi, diciamo che alcuni giochi adesso si possono fare anche da adulti, mentre prima al massimo ti erano concesse le carte, la tombola e le attività sportive.

E quindi oggi giustamente un quarantenne non si sente uno stronzo con un mazzo di Magic in mano o giocando a D&D perché la società sta lentamente stabilendo che non lo è più, anzi, compra amico mio.

Se vi sentite dentro il meme di Gerry Scotti che dice “mio dio, ma parla di me” non vi preoccupate, vi capisco benissimo, credo di essere un esempio da manuale di kidult. Soprattutto dopo la morte di mio padre ho vissuto una progressiva regressione mescolata alla voglia di acquistare le cose in modo compulsivo e non mi pento di nulla. Non sto dicendo che essere dei "kidult" sia sbagliano, ma credo sia sano riconoscerlo.

No, le miniature non valgono, quello è un hobby serio e artistico.

La mossa da Skeletor di Netflix

E dunque eccoci qua nel 2021 con molte persone arrabbiate perché Masters of the Universe su Netflix è un prodotto “politically correct” che tradisce lo spirito originario di un’opera che per molti era come il servito buono della nonna: qualcosa da tenere nel cassetto in attesa di tempi migliori ma che di fatto non viene mai usato per evitare che si sciupi. Perché non è giusto che qualcosa di “sacro” della loro infanzia venga rivisto secondo gli occhi di oggi e un pubblico anche più vasto.

Sì lo so, è stato un giro lunghissimo, ma ne valeva la pena, anche solo per non bollare quelle reazioni come qualcosa si assurdo, folle o totalmente sbagliato. Perché sei i Kidult sono una fascia di marketing interessante quando sono contenti, sono un discreto volano anche quando si arrabbiano.

A onor del vero, infatti, va detto che Netflix ha giocato abbastanza sporco sul mandare messaggi contraddittori, facendo credere che He-Man fosse la figura centrale della storia e non qualcuno che sparisce dopo la prima puntata, poi ha anche osato mescolare un po’ le carte di Preternia, cambiare qualche genere sessuale qua e là e alludere a un’amicizia femminile che forse più di una amicizia è.

Tutte cose che da una parte ti garantiscono l’appoggio di chi vede questi cambiamenti come un gesto inclusivo ed è pure felice (colpevole, vostro onore) se qualche maschietto tossico si arrabbia.

Dall’altra scateni le orde di “veri fan” incazzati che inneggiano alla crociata contro le tematiche woke e alla fine ottieni tanto bel rumore che serve solo a tenerti alto negli algoritmi, sì, anche se ti arriva il boicottaggio dei voti brutti, tanto qualcuno che ti da cinque stelle come atto politico lo trovi.

Al netto di queste mosse di marketing inclusivo che sono ormai la norma per Netflix a me onestamente questo Master by Netflix è piaciuto molto. Posso capire il vostro disappunto se ciò che volevate era più He-Man che si menava con Skeletor in modo “adulto” ma se proviamo un attimo a mettere a tavola il servito buono che abbiamo tenuto chiuso nella credenza per anni l’operazione di Kevin Smith, per me, ha senso.

L'He-Man negato, mai così presente

Il target di riferimento pare essere in gran parte chi ha sempre amato i Masters, i trailer usano musica di quarant’anni fa e la prima puntata parla a gente che conosce Eternia e le sue beghe decennali, fatte di piani malefici e assalti al Castello di Greyskull prontamente sventati. Se non hai vagamente seguito la storia del passato, anche per osmosi, l’ingresso in media res può stordire.

Tuttavia, sono convinto che per certi versi possa servire anche da prologo, per quanto frettoloso, a eventuali neofiti. Lui è il buono, lui è il cattivo, si menano da anni, adesso sono spariti. Certo, ti mancano le sottigliezze ma, ribadisco, la storia di He-Man non è poi così complessa. 

Siamo onesti: parliamo di una leggenda scritta sul retro della confezione di un giocattolo per farci comprare anche il cattivo, altrimenti lo scontro non aveva senso.

Poi accade il fattaccio, ovvero ciò che ha assolutamente senso quando vuoi rimescolare un po’ il materiale che hai tirato fuori dalla cantina: He-Man e Skeletor spariscono alla fine della prima puntata, il resto degli episodi vede Teela in versione guerriera muscolosa con una probabile relazione amorosa omosessuale che fa la mercenaria in una Eternia depressa e senza magia.

Orrore, sacrilegio, vittoria del politicamente corretto. Una scelta narrativa che sembra fatta con la checklist di quello che potrebbe far incazzare il quarantenne medio, anche perché farlo incazzare è sempre un bel volano di marketing perché comunque parlerà di te e dall’altra parte troverai un sacco di gente disposta a difenderti proprio per questo motivo.

 Eppure, dopo aver fatto un paio di respironi e aver chiuso a chiave il bambino urlante dentro di noi, si può dare una chiave di lettura differente. Certo, Teela è al centro dell’attenzione, ma è un’eroina riluttante, perché alla fine tutti rimpiangono He-Man, tutti rimpiangono il passato e la magia che permeava Eternia, anche se c’era Skeletor. Come spesso accade, sparendo, He Man mostra ancora di più l’importanza del suo ritorno, essendo sparito assieme a tutta la magie di Eternia la situazione è rapidamente degenerata e con lui se n'è andata anche l'epoca degli eroi.

In un certo modo, la mossa ricorda quella di Metal Gear Solid 2. Il pubblico si aspetta di vivere di nuovo un'avventura nei panni di Solid Snake e invece dopo il prologo ecco che arriva l'odiato, e sicuramente meno virile nell'aspetto, Raven. Infatti da ragazzo odiai quella scelta e oggi la trovo affascinante.

Inoltre, scegliendo di vivere in Preternia nella sua forma di ragazzo e  non di omaccione offre anche un interessante spunto su quale ritiene sia la sua vera forza, su ciò che veramente vorrebbe portarsi con sé in un al di là che sembra un incrocio tra un Pride e Mr. Olympia.

Poi sì, ci sono alcune battute che dovrebbero in teoria far ridere un maschio adulto che ha superato l’adolescenza.

Parlo di tutti quei rimandi metanarrativi che descrivono He Man per quello che è: un ragazzo nel corpo di un uomo che fa battute buffe e che nei flashback vive avventure assurde, ai limit del camp. Le frecciatine a Skeletor come leader perfido e accentratore (e grazie al cazzo, è cattivo, mi pare anche normale) e quella sensazione che alla fine lo scontro tra bene e male fosse fra due tizi che ormai l'avevano presa sul personale e che coinvolgeva tutti quelli che avevano attorno.

Mi pare tutto sensato, possibile, anche auspicabile a una certa età. Mi pare un buon modo di procedere quando hai di fronte a te un prodotto per bambini che deve dimostrare di essere cresciuto come, si spera, ha fatto il suo pubblico. E se posso comprendere l’incazzatura per la cortina di fumo di Netflix, non capisco tutto il resto. Davvero vi bastava la stessa storia raccontata di nuovo, come è già stato fatto col remake dei primi 2000? C'è già! Ma poi, al di là dell'artificio narrativo di dover "riscoprire" He-Man uccidendolo e facendolo risorgere non mi pare manchino gli omoni muscolosi che fanno cose.

Il mio messaggio è (credo) semplice: non sono qua per difendere il nuovo Masters, che pure mi è piaicuto e, pur essendo un racconto molto semplice, contiene un sacco di bei messaggi sulla sindrome dell’impostore, sulle sfide da affrontare, sulla forza interiore più che esteriore e su come si possono rimescolare le carte narrative.

Sto solo dicendo che in un contesto sociale normale i ribaltamenti narrativi, le battute sull’eroe e il farlo scendere un po’ dal piedistallo dovrebbero farti ridere del tuo passato, dell’ingenuità di quel periodo, della semplicità fiabesca di quelle storie. E anche se mi pare strano che a 40 anni uno voglia esattamente le stesse cose di quando ne aveva 10, è legittimo che non ti piaccia, ma non che ti trasformi in un secchio di livore, perché se non sai ridere dei tuoi giocattoli di bambino, se la tua rabbia si sfoga con questa concentrazione per un cartone animato in cui non vedi esattamente ciò che vuoi, ovvero l'ennesima fantasia di potenza che ripete sé stessa, forse abbiamo un problema.

Quel genere di problemi che non ti fanno crescere come essere umano, per quanto mi piaccia essere un “kidult”.

Ora scusate, ma il mio Castello di Greyskull originale non si spolvererà da solo.

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