STAI LEGGENDO : Gli uomini di Brooklyn Nine-Nine ce la mettono tutta per uscire dai soliti ruoli

Gli uomini di Brooklyn Nine-Nine ce la mettono tutta per uscire dai soliti ruoli

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I personaggi maschili di Brooklyn Nine-Nine mostrano lati della mascolinità meno raccontati senza perdere nulla in comicità

Il 10 gennaio arriva la sesta stagione di Brooklyn Nine-Nine e torneremo a guardare le disavventure del distretto di polizia 99 di New York in cui si muovono Jake Peralta e i suoi colleghi. Tutti personaggi variopinti, tutti interpretati da attori e caratteristi di razza, tutti accomunati da un forte legame di amicizia e rispetto. Grazie a un ensemble cast dalla rara alchimia e a personaggi scritti con un orecchio attento a diversità e sfaccettature, la serie sta mettendo in scena rappresentazioni di genere da tenere d'occhio. In particolare il lavoro sui personaggi maschili merita una piccola analisi.

Non che i personaggi femminili siano scritti male, anzi, seppur delineati nei primi episodi a partire da schemi ben noti: Amy Santiago è la nerd precisina, Rosa Diaz la tipa tosta mentre Gina Linetti la wild card da cui non sai mai cosa aspettarti, nel corso delle stagioni ciascuna di loro viene esplorata acquisendo così un passato e un vissuto e partecipando in maniera attiva alla vita del distretto, instaurando relazioni più o meno durature, risolvendo casi più o meno complicati e in generale svolgendo un ruolo importante sia come poliziotte sia come parti integranti della famiglia allargata del distretto.

Co-protagoniste anziché sidekick. Quando parlo invece di personaggi maschili si potrebbe pensare soprattutto al protagonista Jake Peralta, interpretato da Andy Samberg. Di sicuro Jake è il fulcro intorno cui ruota la maggior parte dell'azione e Samberg è la star che ha dato modo alla serie di arrivare sugli schermi, però proprio l'avere un cast di altissimo livello ha dato modo agli autori di poter lavorare su tutti i personaggi tanto che, dopo cinque stagioni, si fatica quasi a considerarli di contorno. In particolare trovo azzeccati due colleghi di Jake e il suo capo. Partiamo da Terry Jeffords.

Il Sergente Jeffords è interpretato da Terry Crews. Ora, se avete visto anche solo di sfuggita Crews sapete che è un armadio di muscoli capace di intimidire chiunque solo con l'espressione, la maschera perfetta per indossare i panni di un poliziotto tutto d'un pezzo, durissimo e pronto all'azione. Il Sergente Jeffords è tutto questo ma non solo. Crews, di cui abbiamo parlato qui, grazie al suo naturale carisma e alla sua predisposizione a recitare qualsiasi situazione gli propongano credendoci e dando tutto se stesso, riesce a rendere del tutto credibile il lato più sensibile di Jeffords. Il suo essere un padre amorevole disposto, anzi no, ben felice di disegnare per le proprie figlie oppure un marito che supporta più che sopportare sua moglie. Un poliziotto che decide di ascoltare i cittadini, che decide di collaborare con i colleghi, che decide di mostrare il suo lato aperto, sensibile e cooperativo perché sa che sono tratti distintivi della forza di carattere. Il tutto vestito con un gusto impeccabile e un occhio alla moda invidiabile. Un uomo di colore che non teme di mostrare il suo lato quasi femmineo. Un contraltare ottimo per il suo capo, Holt.

Il Capitano Raymond Holt è un uomo colto che non nasconde la sua cultura e quanto disdegno prova per ignoranza e scarsa preparazione. Sempre in pieno controllo delle sue emozioni, ha una dizione perfetta, un parlare forbito e un'organizzazione del lavoro certosina. Ha fatto carriera conquistando ogni grado con rigore, fatica e andando contro più di un muro. Perché Holt è un uomo di colore, è omosessuale dichiarato ed è sposato con suo marito da diversi anni. Quello che sulla carte potrebbe sembrare un accumulo scelto per aggiungere punti wokeness viene raccontato in realtà solo come uno degli aspetti della vita di Holt rendendolo un personaggio a tutto tondo, aiutato dall'intereptazione di Andre Braugher che riesce a donargli dignità anche quando le sue manie di controllo e precisione sfociano nel comico. Cosa che accade spesso quando si rapporta con Jake Peralta, il suo migliore agente.

Peralta, interpretato da Andy Samberg, è un detective che vorrebbe essere il Bruce Willis di Die Hard ma riesce solo a essere un gran bravo detective, un po' frustrato per non riuscire a incarnare il ruolo dell'action hero. Una testa calda che però tiene in enorme considerazione la sicurezza dei suoi colleghi, si scontra con Holt per il quale nutre un profondo rispetto e ha un rapporto quasi fraterno con Jeffords di cui invidia ogni singolo muscolo, e non sono pochi. Quello che in altre mani potrebbe essere un semplice manchild diventa, lungo il corso delle stagioni, un ragazzo che sta cercando di farsi uomo, migliorando il suo rapporto con le donne ascoltandole e facendosi dare lezioni ogni volta che è necessario. Ad adorare Peralta è invece Boyle.

Il detective Charles Boyle e Peralta sono migliori amici ma Boyle è quello un po' meno cool della coppia. Poco brillante con le donne, pieno di piccole manie, dotato di una famiglia in cui il numero di cugini supera il numero di muscoli di Jeffords, un cuoco strepitoso che ogni tanto si fa prendere dall'entusiasmo per piatti peculiari come gli zoccoli di capra. Nonostante la sua lingua irrefrenabile che lo porta a fare, involontariamente, giochi di parole a sfondo sessuale in qualsiasi situazione in maniera imbarazzante, è un bravo detective e nel corso delle stagioni diventa un bravo padre che si mette in gioco per non deludere compagna e figlio. Inoltre non ha la minima paura di mostrare l'affetto vero che prova nei confronti di Jake in particolare ma di tutti i suoi colleghi maschi per cui prenderebbe una pallottola.

Quattro uomini molto diversi tra di loro, colleghi di lavoro che diventano amici e lo fanno perché tutti loro rispettano le differenze degli altri. Pur tra battibecchi e lo sporadico litigio, rimane sempre forte l'impressione che ci si trovi di fronte a quattro persone che sono pronte a fare domande per imparare, ad ascoltare per capire e a dialogare per trovare un punto di incontro. Anche quando questo rischia di mettere in imbarazzo e porta a farsi domande su se stessi e il proprio ruolo e responsabilità nella società. Il tutto facendo ridere a un ritmo forsennato mischiando umorismo clownesco a momenti di sottile satira sociale.

Mica poco per una serie tv comico-poliziesca che poteva farci ridere anche solo mettendo in scena le solite trovate.

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