Gli aghi d’oro – vendetta e potere nella New York di fine '800
Gli aghi d'oro è una lunga faida tra due famiglie, sullo sfondo della New York violenta e ipocrita della seconda metà del 1800. I temi di Michael McDowell, tra vendetta, conflitto tra bene e male, potere e corruzione emergono tutti, in questo romanzo potente e scorrevole.
Se negli ultimi mesi, girovagando in libreria, siete stati attratti dalle sgargianti copertine della nuova serie della Neri Pozza Editore, non siete i soli: la ristampa e il conseguente restyling della saga di Blackwater è stato uno dei casi editoriali del 2023, con frotte di lettori ammaliati da questi libri – pubblicati inizialmente negli anni ’80 – grazie al formato ridotto (il classico Penguin tascabile, comodo e agile da portare in giro) e alle copertine scintillanti e in rilievo, con degli eleganti rimandi all’art noveau.
La saga in sei volumi ambientata a Balckwater è stata la testa di ponte della nuova strategia della Neri Pozza: dopo averci attirato con queste piccole meraviglie grafiche e letterarie, hanno cominciato a sfornare una serie di libri dello stesso genere.
E chi sono io per non cascare in queste adorabili trappole?
Mi sono ritrovato, quindi, a leggere Gli aghi d’oro, sempre del compianto Michael McDowell, sempre con una copertina in rilievo, stavolta con dei ghirigori dorati, rossi e neri.
Vado diretto al punto: Gli aghi d’oro è un romanzo che si divora avidamente, impossibile da abbandonare una volta iniziato. Dopo la lettura, mi sono trovato immerso in un mix di emozioni, con il sapore di tematiche potenti che si fondono con una storia avvincente.
La storia si dipana alla fine del XIX secolo, in un mondo in cui convivono due estremi: da un lato, l’opulenza e lo splendore ma anche il perbenismo e l’ipocrisia; dall’altro, la povertà estrema e il dolore di una vita di stenti che trova pace solo nell’alcol e nell’oppio (fumato nelle lunghe pipe dorate, da cui il titolo dell’opera).
Al centro di questi mondi c’è Lena Shanks, matriarca di un impero criminale tutto al femminile e regina del Triangolo Nero a New York. Qui, Lena esercita il suo dominio senza interferenze da parte della polizia o di qualunque altro potere costituito.
Tuttavia, già dalle prima pagine del libro, l’autorità di Lena verrà messa alla prova dalla pubblicazione di una serie di articoli giornalistici, apparentemente mossi da intenti puritani per ripulire il quartiere, ma che in realtà nascondono finalità politiche ben precise.
Il mandante di questa iniziativa editoriale è il giudice Stallworth, figlio dell’élite benestante della Grande Mela. Stallworth, desideroso di migliorare la propria immagine pubblica e di far ascendere la sua famiglia sulla scala sociale, organizza una serie di casi d’alto profilo per abbattere la famiglia Shanks.
La tensione tra questi due clan e tra questi due mondi è al centro del romanzo e il lettore non può che osservare il piano inclinato su cui vengono messi i personaggi fin dalle prime pagine. E ovviamente rimanerne invischiato sempre di più.
Anche in questo romanzo, i temi cari a McDowell spiccano nitidamente.
Innanzitutto, la lotta fra il bene e il male: non nel più canonico dei modi, come nelle fiabe, in cui c’è il bianco e il nero, ma piuttosto nel mondo grigio in cui il male si scontra con se stesso, e la cattiveria che ne deriva è moltiplicata.
Questo tema richiama anche la complessità delle scelte morali e la natura ambigua dei personaggi, facendo da cassa da risonanza per l’altro grande argomento, ossia la strumentalizzazione degli avvenimenti e il loro uso politico. La storia ruota proprio attorno alla strumentalizzazione di un omicidio per fini politici, diventando uno specchio in cui si riflette la corruzione e la manipolazione nel mondo reale.
Il cuore del romanzo, è il tema universale della faida familiare, la lotta di classe fra i benpensanti Stallworth e i lestofanti Shanks, che si trasforma in un’antipatia fra leviatani. Nessun personaggio prevale per bontà d’animo o spirito di compassione, creando un’escalation di violenza e vendetta sullo sfondo di un mondo in cui il degrado sociale, le tensioni etniche contribuiscono a creare un monto oscuro, complesso e stratificato.
McDowell, inoltre, pone sempre l’accento sul ruolo delle donne (se avete letto la saga di Blackwater vi sarete resi conto di come gli uomini siano quasi figure di contorno, manipolati e indirizzati abilmente dalle donne), dando loro voce, quasi a voler riscattare queste figure spesso dimenticate dalla Storia.
Nel contesto del Triangolo Nero e del romanzo collegato, le donne emergono come figure potenti e complesse, contribuendo in maniera decisiva alla trama e partecipando attivamente alle dinamiche di potere.
Ultimo ma non meno importante – anzi – è il tema della vendetta
Se nella saga di Blackwater la vendetta serpeggia tra le pagine come una biscia sul pelo dell’acqua nera da cui prende il titolo la saga, ne Gli aghi d’oro diventa IL tema che muove quasi tutta la trama.
Il clan degli Shanks si muove animato da una furia cieca nei confronti degli Stallworth a partire da una condanna che l’anziano giudice ha inflitto al patriarca della famiglia di criminali, condannandolo all’impiccagione.Il clan di donne rimasto, quindi, ordisce un piano lento e inesorabile che cresce in elaborazione e inventiva a ogni pagina.
Non ci troviamo di fronte a un novello Conte di Montecristo, ma se vi piacciono le trame complesse che pescano a piene mani nelle atmosfere dark della New York di fine ‘800 (qualcuno ha detto Gangs of New York?), con qualche spunto horror e splatter degno di uno Stephen King degli anni ’80, allora Gli aghi d’oro fa per voi.
Bonus track: su Audible c’è anche tutto l’audiolibro, letto meravigliosamente dalla voce di Antonella Civale